Le minacce e gli schiaffi |Le estorsioni raccontate dalle vittime - Live Sicilia

Le minacce e gli schiaffi |Le estorsioni raccontate dalle vittime

I due imprenditori taglieggiati da Salvatore De Simone (nella foto) e Antonino e Giuseppe Lombardo si sono rivolti ai carabinieri per raccontare le minacce.  Ecco i verbali che hanno portato alla retata di ieri mattina.

Nuovo Mandamento 3
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MONTELEPRE – Di fronte alle prove raccolte dagli inquirenti non hanno potuto fare altro che ammettere. La loro testimonianza si è così rivelata fondamentale per l’operazione “Nuovo Mandamento 3” dei carabinieri, che ha incastrato sette persone a Montelepre. Cinque avrebbero fatto pare della locale famiglia mafiosa. Altri due sono accusati di estorsione.

E di estorsione si sarebbe occupato anche Salvatore De Simone, 57 anni, autista dell’ex sindaco del paese in provincia di Palermo, Giacomo Tinervia, anche lui coinvolto in passato nelle indagini: De Simone, zio del boss Lombardo – sarebbe stato l’intermediario per l’estorsione all’imprenditore che si stava occupando della ristrutturazione della palestra di Montelepre.

“Mi prese sotto braccio – ha raccontato la vittima ai carabinieri – e mi ha detto che avremmo parlato meglio l’indomani”. L’imprenditore – come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Luigi Petrucci – si era infatti recato dal sindaco Giacomo Tinervia dopo avere sospeso i lavori in seguito alle prime minacce. “Mi è stato chiesto il tre per cento del valore dell’appalto, almeno 24mila euro – ha dichiarato – ma mi hanno detto che si sarebbero ‘accontentati’ di 18mila euro, perché avevo da poco subito un furto e per me era una cifra troppo alta. E così, qualche giorno dopo – ha proseguito l’imprenditore – ho messo duemila euro nel cruscotto di De Simone. Quest’ultimo, dopo un mese, mi ha chiesto altri tremila euro, ma io ne avevo solo duemila, cifra che gli consegnai per altre due volte. De Simone si trovava spesso con il sindaco e con Giuseppe Lombardo. E’ stato Lombardo, un giorno, a venire nel mio cantiere e a darmi uno schiaffo. Mi ha detto che me l’ero cavata, ma che la prossima volta non l’avrei fatta franca, perché se non avessi consegnato l’altro denaro, avrebbe dato fuoco al cantiere”.

E la percentuale del tre per cento sarebbe stata “fissa” nelle richieste degli estorsori. Anche l’imprenditore che si stava occupando della realizzazione di un parcheggio multipiano a Montelepre, infatti, ha raccontato ai carabinieri di avere ricevuto le stesse richieste.

In ordine di tempo, era stato Giuseppe Abbate, referente della famiglia mafiosa di Giardinello, a cercarlo a casa: l’uomo, residente ufficialmente nel paese, abita a Terrasini e nessuno dei boss sarebbe riuscito inizialmente a rintracciarlo. Subito dopo, sulle sue tracce hanno cercato di mettersi Antonino e Giuseppe Lombardo, rispettivamente padre e figlio.

Giuseppe: “Lo devo fare correre bene a lui”
Antonino: “Ma dove se la fa?”
Giuseppe: “Ho provato a Giardinello, ma non l’ho potuto trovare, non c’è mai là”.

Una ricerca assidua, al punto che l’imprenditore, una volta messo a conoscenza della situazione, non si recava più al cantiere per il timore di incontrarli.  “Quando mi hanno fatto la loro richiesta – ha dichiarato davanti agli inquirenti – erano riusciti a rintracciarmi a Giardinello. La mia strategia è stata quella di temporeggiare, lasciandogli intendere che entro Natale avrei pagato, in occasione del pagamento del Sal, per l’avanzamento dei lavori. Più volte – ha aggiunto l’imprenditore – padre e figlio sono tornati a casa mia a Giardinello e al cantiere, ma ho precisato loro che entrambe le zone erano videosorvegliata”.


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