Via D'Amelio, la 126 rubata | Le accuse dell'ex pentito Candura - Live Sicilia

Via D’Amelio, la 126 rubata | Le accuse dell’ex pentito Candura

L’ex collaboratore di giustizia che si è autoaccusato del furto della 126, utilizzata per la strage di via d’Amelio, ha detto di “sentirsi in pericolo”.

Borsellino Quater
di
2 min di lettura

CALTANISSETTA- I magistrati che indagarono inizialmente sulla strage di via d’Amelio, non avrebbero mai chiesto a Salvatore Candura, a colui cioè che per primo si autoaccusò del furto della 126, di individuare il luogo dove l’utilitaria fosse stata rubata. Questo quanto è emerso dalla deposizione resa in Corte d’Assise, a Caltanissetta, dall’ex collaboratore di giustizia Salvatore Candura, nell’ambito del processo “Borsellino Quater”. Il teste ha anche sostenuto che i suoi interrogatori si protraevano spesso per tantissime ore con frequenti interruzioni – di cui non c’è traccia nei verbali – perché si metteva a piangere, perché non sapeva come rispondere.

“Il magistrato che mi interrogava se ne accorgeva – ha sostenuto Candura – che io piangevo senza fermarmi. A quel punto Arnaldo La Barbera chiedeva la sospensione e durante la pausa mi appartavo, parlavo con La Barbera e quando tornavo riprendeva l’interrogatorio”. L’ex pentito autoaccusatosi del furto della 126, utilizzata per la strage di via d’Amelio, ha detto  di “sentirsi in pericolo”. Lo ha riferito durante la sua deposizione al processo “Borsellino Quater” che si celebra davanti la Corte d’Assise di Caltanissetta. Candura ha detto di temere per la sua vita perché circa un mese fa gli è stato incendiato, nei pressi della sua abitazione, uno scooter il cui rogo si è propagato ad altre tre auto. Ma per i vigili del fuoco non ci sono elementi per poter stabilire che l’incendio sia stato di origine dolosa. “Per tanto tempo non ho fatto altro che mentire perché subivo troppe pressioni. Inizialmente mi rifiutavo di ritrattare perché ero convinto che primo o poi la verità sarebbe venuta a galla”. E’ quanto ha affermato l’ex collaboratore di giustizia, in sede di controesame.

“All’epoca – ha detto il teste – mi sentivo braccato perché l’ex dirigente della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera mi diceva sempre di non preoccuparmi”. Il processo riprenderà giovedì prossimo nell’aula bunker del carcere di Caltanissetta

Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI