Isola, sparò al rivale in amore | Vetrano condannato a sei anni - Live Sicilia

Isola, sparò al rivale in amore | Vetrano condannato a sei anni

Salvatore Vetrano, 41 anni, (nella foto) sparò un colpo di pistola a Giuseppe Toia, 39 anni, titolare di "Isolauto", ad Isola delle Femmine: accecato dalla gelosia per una ragazza che frequestava il 39enne, fece fuoco. Toia si salvò per miracolo, dopo un delicato intervento chirurgico. Lo scorso ottobre Vetrano ha risarcito con 200 mila euro la vittima.

PALERMO – I guai giudiziari non finiscono per Salvatore Vetrano, 41 anni, titolare della Veragel di Carini che dovrà scontare sei anni di carcere per tentato omicidio aggravato dalla premeditazione. Vetrano, imprenditore molto noto in città e titolare di un impero di 25 milioni di euro finito sotto sequestro a maggio e adesso in amministrazione giudiziaria, sparò un colpo di pistola al suo rivale in amore, Giuseppe Toia. 39 anni, proprietario della concesisonaria Isolauto di Isola delle Femmine.

Il proiettile della sua pistola calibro 9 raggiunse Toia all’addome: rimase vivo per miracolo. I carabinieri imboccarono presto la pista passionale: il titolare di Isolauto frequentava una ragazza che aveva attirato anche l’interesse di Vetrano, adesso condannato con rito abbreviato dal Gup Fernando Sestito.

Il 18 maggio 2012 Toia e la ragazza erano usciti con una coppia di amici. Arrivati al ristorante vi trovarono Vetrano. Volarono parole grosse e per poco non scattò la rissa. Poi, Vetrano si piazzò sotto casa della ragazza e quando Toia l’accompagnò al portone si avvicinò e fece fuoco. Fortuna per Toia che sul posto si trovava Antonino Billeci, titolare del ristorante Charmant. Trasportato all’ospedale Cervello, Toia venne sottoposto a un delicato intervento chirurgico e i medici riuscirono a strapparlo alla morte.

Ad incidere sulla sentenza in positivo per l’imputato è stato il risarcimento di Vetrano in favore di Toia: l’imprenditore accecato dalla gelosia ha, infatti, sborsato, a fine ottobre, duecento mila euro, incassati dalla vittima che ha rinunciato alla costituzione di parte civile al processo. Dopo questo gesto, la richiesta di condanna si era già abbassata da sedici anni a cinque e il pubblico ministero Geri Ferrara aveva chiesto di riconoscere all’imputato le attenuanti generiche, escludendo la premeditazione.

La richiesta di condanna era comunque di un anno superiore alla pena che Vetrano, difeso dagli avvocati Enrico Sanseverino e Gianfranco Viola, aveva cercato di patteggiare incassando il no del pubblico ministero: i suoi difensori avevano sempre sostenuto la versione delle lesioni colpose, basandosi sul fatto che Vetrano avrebbe soltanto voluto spaventare Toia e non ucciderlo.

Di Vetrano e del padre si parlò per la prima volta nel 1999 quando furono arrestati con l’accusa di avere nascosto nelle celle frigorifere della loro ditta di Carini un carico di pesce rubato dagli uomini della famiglia mafiosa di corso Calatafimi. Nel 2002 poi tornò in cella perché ritenuto responsabile di avere rapinato una carico di pesce congelato.

Della banda avrebbero fatto parte soggetti organici a Cosa Nostra. Nel 2005, il suo nome venne a galla nell’ambito dell’inchiesta che portò in cella i boss di Brancaccio Benedetto Graviano e Cesare Lupo. Vetrano veniva indicato come “vicino” all’organizzazione mafiosa, fino alle indagini della Dia che fecero emergere il suo ruolo nell’acquisizione del patrimonio immobiliare grazie a fondi comunitari, non dichiarando ingenti ricavi al Fisco. Da qui, il sequestro disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo ed eseguito a maggio scorso.


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