Fenomenologia del Crocettismo - Live Sicilia

Fenomenologia del Crocettismo

Si inizia ad elaborare un codice di potere: la Confindustria è il Signore Dio tuo; occorre denunziare e moralizzare a prescindere; se c’è un problema prima lo si criminalizza, poi si tenta di risolverlo; la massima incompetenza è sinonimo di massima onestà.

Il “cuffarismo” è stato definito come una pratica di gestione del potere che non si identificava né con un partito né con una singola persona. Il suo obiettivo era una riproduzione allargata del consenso massimizzando la pervasività della politica nella vita quotidiana di ogni siciliano: dalla culla alla bara. Un’analisi del “lombardismo” attende ancora lo scioglimento di nodi fondamentali, il riscontro della validità di alcune intuizioni, la sedimentazione di diverse valutazioni in corso. In ogni caso, non può essere condotta dagli autori di questo commento, uno dei quali, seppur per un periodo limitato, è stato soggetto attivo del “lombardismo”.

E’ utile, invece, che si inizi a delineare il sistema di governo della cosa pubblica creato dal Presidente Crocetta, il “crocettismo” insomma. La sua natura, come nei casi precedenti, risente del carattere, della personalità, dell’ umoralità, del percorso di vita attribuibili a chi lo ha creato e lo gestisce.

Proviamo per sommi capi a scolpirne i punti fondamentali. Intanto, il “crocettismo” nasce con un fulmineo processo di epurazione e di riabilitazione di soggetti marchiati con la Trinacria del “lombardismo”. Una sorta di giudizio universale con metodi da Torquemada. Insomma, un tribunale di Norimberga in salsa siciliana nel quale, per sentenza istantanea, i “lombardisti” vengono giudicati mafiosi, affaristi. In una sola parola: impresentabili. Una corte segreta sentenzia, ad esempio, a favore di Cardinale e Lumia, mentre condanna senza appello Massimo Russo. Lo stesso avviene per l’alta dirigenza. Sembra di rivivere, ma il paragone è forzato, i tempi della caduta del fascismo.

A questo punto, si lanciano le parole d’ordine: “manciugghia”, “sono un morto che cammina”, “la mafia mi ha condannato”, “porto le carte in procura”, “non posso guadagnare come un commesso”. Questa è la intelaiatura comunicazionale costruita con sapienti passaggi in trasmissioni televisive ad alta popolarità. Con un tentativo di acquisire un’immagine nazionale (fallito) e internazionale (in parte, riuscito).

Si inizia ad elaborare un codice di potere: la Confindustria è il Signore Dio tuo; occorre denunziare e moralizzare a prescindere; se c’è un problema prima lo si criminalizza, poi si tenta di risolverlo; la massima incompetenza è sinonimo di massima onestà; di qualunque tema si parli è sempre opportuna una vernice di antimafia. Ancora, occorre blandire la stampa che conta ( la quale ricambia con insolito affetto); esaltare sempre e dovunque simboli dell’antimafia con un’azione di reclutamento che intanto lancia uomini e poi magari li lascia nel dimenticatoio.

Tutto questo con due mosse da Risiko: la creazione di un cerchio magico così da ampliare l’offerta di coinvolgimento alla gestione del potere; la creazione di simil-partiti “usa e getta” che depotenziano le formazioni tradizionali. Intendiamoci bene: la nostra è una analisi appena abbozzata che guarda a quello che oggettivamente emerge, il modello di gestione del potere costruito da Crocetta. Non ci sono giudizi di valore o riferimenti a singoli interventi, decisioni, leggi. Né ci interessano le caratteristiche del personaggio che del resto Buttafuoco ed altri hanno sapidamente descritto. Certo sono dinanzi agli occhi di tutti alcune contraddizioni: accuse talvolta infondate, invocazione delle sacre tavole della legge poi a bella posta ignorate, l’idea non tanto celata che la menzogna sia una forma di talento mentre il rispetto della verità vada di pari passo con la grossolanità e la pesantezza (F. Cioran). Con l’attenuante di eredità difficili da amministrare, emergenze continue, mancanza di risorse, scarso aiuto dalla società civile e dai movimenti politici.

Comunque, giorno per giorno, il “crocettismo” si consolida all’insegna dell’ ”ammuina” e del “chiagne e fotte”. Con una facciata da Santa Inquisizione ma con le braccia aperte nei confronti dei “pentiti”. Un’ultima annotazione: il “cuffarismo” era trasversale a classi, ceti professionali, lobby di interesse, istituzioni religiose. Il “crocettismo” sembra volare più raso terra autolegittimandosi all’insegna dell’antimafia e del moralismo. Insegne di bottega luccicanti, senza alcun dubbio. Ma che talvolta sembrano accendersi e spegnersi a comando. Cediamo ad un anglo-esibizionismo: in Sicilia siamo sudditi di un “crocettismo” switch-on / switch-off. “Adduma e stuta”, per dirla con la nostra lingua.

 


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