Il pizzino e i pentiti | che parlano dei Niceta - Live Sicilia

Il pizzino e i pentiti | che parlano dei Niceta

Il pizzino di Matteo Messina Denaro a Salvatore Lo Piccolo

Dalla corrispondenza fra Matteo Messina Denaro e Salvatore Lo Piccolo ai racconti di Angelo Siino e Massimo Ciancimino. Vi mostriamo in esclusiva le carte che inguaierebbero gli imprenditori palermitani.

IL FRONTE PALERMITANO
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PALERMO – C’è un pizzino che inguaierebbe, in particolare, Massimo Niceta. La comunicazione coinvolge due pezzi da novanta della mafia. Matteo Messina Denaro scrive a Salvatore Lo Piccolo. Lo ringrazia per avere mediato in una vicenda che riguarda il “mio amico Massimo n.”. A cui, a sua volta, il boss di San Lorenzo, cosi scrive il latitante di Castelvetrano, ha chiesto due favori.

Secondo gli investigatori, “Massino n” sarebbe Massimo Niceta. Il pizzino viene collocato sul finire dell’estate del 2007 proprio sulla base dell’identificazione del commerciante. Che i primi giorni di settembre di quell’anno è in ferie alle Eolie.

Nel 2009 arriva il racconto del pentito Angelo Siino a complicare le cose. In realtà l’ex ministro dei Lavori pubblici di Cosa nostra ribadisce quanto già detto nel 1998 e cioè che “Mario Niceta era prestanome di Giuseppe Abbate, capo della famiglia mafiosa di Roccella, a quel tempo detenuto e che svolgeva tali compiti di interposizione fittizia in ragione della ingenti disponibilità patrimoniali”. Il rapporto fra i due sarebbe nato quando l’imprenditore, allora impegnato nel settore del calcestruzzo, era andato a chiedergli protezione per non pagare il pizzo.

Nello stesso anno, anche Massimo Ciancimino tira in ballo il vecchio Niceta. Il figlio di don Vito racconta addirittura di averlo visto tra i presenti a una riunione organizzata nei primi anni Ottanta in una villa di fronte l’Hotel Zagarella. C’erano Vito Ciancimino, Bernardo Provenzano, Pino Lipari Tommaso Cannella e pure Mario Niceta. “Un amico”, lo avrebbe definito l’ex sindaco di Palermo. In quell’incontro si sarebbe discusso delle paure dell’ingegnere Pierluigi Matta preoccupato per la sua vita dopo l’omicidio del socio, l’ingegnere Roberto Parisi, ex presidente del Palermo calcio e titolare della Icem, la società che si occupava degli impianti di illuminazione pubblica a Palermo.

Nel 2009 quando vengono fuori le carte del blitz Golem, Massimo e Piero Niceta ricevono un avviso di garanzia per intestazione fittizia di beni. Gli investigatori, all’indomani della notifica, segnalano un accesso sospetto di Massimo Niceta in una cassetta di sicurezza.

Dei Niceta parla anche Giuseppe Guttadauro capomafia di Brancaccio e fratello di Filippo, il cognato di Matteo Messina Denaro. L’ex medico con il figlio, durante un colloquio in carcere, affrontava la questione del pizzo che qualcuno era andato a chiedere ai commercianti per il negozio di corso Finocchiaro Aprile. “È venuto tuo figlioccio… Niceta”, diceva il figlio al padre. E il boss aggiungeva: “Ah, Massimo”. Infine, il consiglio del capomafia: ”Gli dici, per ora chiuditelo come vuoi, poi quando esce lui se ne parla”. >


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