Le belve della Noce, il pestaggio e la paura | Quelle martellate colpiscono tutti noi - Live Sicilia

Le belve della Noce, il pestaggio e la paura | Quelle martellate colpiscono tutti noi

Un'immagine del pestaggio nel rione Noce di Palermo

di RICCARDO LO VERSO E ALESSANDRO ALBANESE Il corpo di un piccolo commerciante martoriato da una furia bestiale. Quei colpi dovrebbero scuotere il torpore delle coscienze. Perché la mafia non è roba da fiction televisive. E il presidente di Confindustria Palermo Alessandro Albanese lancia l'allarme: “Le nostre denunce non sono più sufficienti. Serve una presenza massiccia dello Stato”.

 

PALERMO – Quattordici colpi di martello. Uno dietro l’altro. Una raffica impressionante. Venti secondi di terrore. Il corpo di un uomo, un piccolo commerciante, martoriato da una furia bestiale. Quei colpi dovrebbero scuotere il torpore delle coscienze. Il torpore di chi ha creduto, anche per un solo istante, che la mafia fosse ormai faccenda da relegare in prima serata nelle fiction televisive o in noiose trasmissioni per addetti ai lavori.

La mafia è quella delle bombe che hanno dilaniato i servitori dello Stato, quella dei brandelli di corpi lasciati per le strade delle nostre città e da, ieri, anche, e forse soprattutto, la mafia è quella delle martellate sferrata nel rione Noce di Palermo. In pieno giorno. Il video reso pubblico dalla Squadra Mobile segna un punto di non ritorno nella iconografia di Cosa nostra, nella rappresentazione che noi tutti diamo del fenomeno mafioso. Prima c’erano Libero Grassi, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Ninni Cassarà, Mario Francese e tutti gli altri che fanno parte di un triste e lunghissimo elenco listato a lutto. Qualcuno in questi anni ha commesso l’errore, forse noi per primi, di pensarli come eroi dell’antimafia. E gli eroi finiscono per trovare posto nell’Olimpo e cioè anni luce lontano dalle strade dove si muore e si viene presi a martellate. Per anni abbiamo registrato, noi cronisti, la voce di parenti e familiari delle vittime invocare la normalità dei gesti dei loro cari.

Oggi sgraniamo gli occhi e comprendiamo il loro appello. Le martellate della Noce oggi quella “normalità” ce la sbattono in faccia. Normalità intesa come quotidianità, perché in ciò che è accaduto alla Noce nulla c’è di normale. E la quotidianità è fatta di uomini e donne. La quotidianità è il commerciante che è stato massacrato da un gruppo di belve. Ha commesso probabilmente l’errore di avere “discusso” con i mafiosi, di non averli denunciati subito. Ci sono commercianti e imprenditori che non denunciano per connivenza e convenienza. Ce ne sono migliaia di altri, però, che non lo fanno, semplicemente, per paura. Ed è soprattutto per questo che negli anni, nonostante i tanti sforzi – generoso e ammirevole quello delle associazioni antiracket Addiopizzo e Libero Futuro – le denunce restano esigue nei numeri.

Perché lontano dai riflettori mediatici, lontano da salotti della città dove se ti bruciano il negozio trovi qualcuno che ti esprime solidarietà, girato l’angolo c’è il buio dei quartieri popolari. Come la Noce, dove possono ammazzarti a bastonate senza che nessuno veda e senta. E lì c’è la paura. Una umana e fottutissima paura. Che diventa terrore nelle immagini di una belva che colpisce una, due, tre… quattordici volte un piccolo negoziante vivo per miracolo. I miracoli, però, appartengono ai santi. Non agli uomini.

Quanti parenti o amici, quanti dei nostri cari si alzano al mattino presto per alzare una saracinesca. Tanti, tantissimi. Bene, quello che è successo alla Noce poteva capitare a ciascuno di loro. Di noi. Da dove ripartire. Anzi, da dove partire? Certamente, dalla risposta immediata ed encomiabile delle forze dell’ordine capaci di risolvere il caso in poco tempo. Quanta gente, però, in questi giorni di Natale e, soprattutto di raccolta del pizzo, sta ancora pagando? Tanta, e non ci vuole la sfera di cristallo per immaginarlo. Una situazione che va ad aggiungersi a tutte le criticità che una crisi economica senza fine si porta dietro.

Non ci resta che sperare. Sperare che la belva non si presenti davanti ai nostri occhi. Sperare che, se ciò accadrà, almeno non venga armato di martello. Tutto questo ha un senso? Allora forse, al netto della paura, ci resta una sola vera grande speranza. Che la pena per le belve della Noce sia esemplare. Che chi ha infierito una due, quattordici volte sul quel corpo abbia tanto, tantissimo tempo per riflettere su ciò che ha fatto. Lontano da noi. Lontano dalla nostra quotidiana normalità. Lontano dalla nostra paura. In Italia la chiamiamo certezza della pena.


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