Lo chiamavano il Papa |Ritratto di un boss - Live Sicilia

Lo chiamavano il Papa |Ritratto di un boss

Dal blitz che portò all'arresto dell'Architetto emerse un profilo del boss, che secondo gli investigatori mediò fra Lo Piccolo e Gianni Nicchi.

Il personaggio
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PALERMO – L’architetto Giuseppe Liga come Michele Greco negli anni ’80. Il paragone, un po’ azzardato, non è degli inquirenti, ma proviene direttamente da un uomo d’onore di una delle famiglie che avrebbe operato sotto il “cappello” dell’architetto. Manuel Pasta, di Resuttana, diventato collaboratore di giustizia, ha raccontato che Liga veniva riconosciuto con l’appellativo di “Papa”, esattamente come fu per il capomafia di Ciaculli. Perché, proprio come Greco, aveva lavorato per ristabilire la “pax mafiosa” a Palermo con la cordata avversa ai Lo Piccolo, guidata dall’allora latitante Gianni Nicchi. Così l’architetto, dirigente del Movimento cristiano dei lavoratori, assurge a “Papa” della Cosa nostra nella parte occidentale di Palermo, seppur, poco cristianamente, sovrintenderà con lo stesso Nicchi a un omicidio che non arriverà a consumazione. A dimostrazione che a Palermo erano in due a comandare.

Il racconto di Manuel Pasta sull’architetto parte dalle vicende interne alla famiglia di Resuttana. Il pentito ha rivelato che Bartolo Genova – arrestato a dicembre nell’operazione “Eos 2” e ritenuto reggente di Resuttana – era stato estromesso dalla famiglia, con Giovanni Sammarco (detto Enzo) e Gioacchino Intravaia, perché avevano combinato un appuntamento con Gianni Nicchi senza averne l’autorizzazione. “Con il loro comportamento – ha detto Pasta – hanno tradito la fiducia del capo mandamento nella persona dell’architetto Liga, facendo fare anche brutta figura ad Ino Corso (presunto capofamiglia di Santa Maria di Gesù, ndr)”. La vicenda sarebbe avvenuta nella stessa settimana in cui il giovane latitante è stato catturato dalla polizia, nei primi giorni del dicembre scorso. Gianni Nicchi, infatti, è stato un nemico giurato dei Lo Piccolo. Nell’operazione “Gotha” del 2006, era venuto fuori come il figlioccio di Rotolo, allora venticinquenne, fosse stato addestrato per bene dal capomafia di Pagliarelli per eliminare i Lo Piccolo: padre e figlio. “Spara sempre due tre colpi” raccomandava il padrino al figlioccio, “non ti avvicinare assai… non c’è bisogno di fare troppo ‘scrusciu’ (rumore, ndr) …quando cade a terra (un colpo, ndr) in testa e basta. Vedi che in testa poi ti può ‘sbrizziari’ (il sangue può schizzare, ndr), quindi subito…”. “…Subito e io me ne vado” riprendeva Nicchi, “scarpe… che non c’entrano niente con quelle mie, pantaloni in cerata che appena lo tiro si strappa tutto, quello coi bottoni e un k-way in cerata, sempre col casco messo e basta!”. Le intercettazioni sono state pubblicate dai giornali e Gianni Nicchi, sfuggito alla retata, è andato a nascondersi a Milano per sfuggire alla vendetta dei Lo Piccolo che, intanto, colpivano Nicolò Ingarao, nel giugno 2007.

Ma il corso inaugurato dall’architetto ha cambiato la storia. “Questa guerra con Nicchi alla fine non porta a niente anzi facciamo una cortesia agli inquirenti, facciamo più casino che altro. E così ci fu l’incontro” racconta Manuel Pasta agli inquirenti, spiegando che Nicchi “stava sull’altra sponda, ma l’architetto Liga lo incontrò per fare la pace, una pax mafiosa che serviva a tutti”. Ecco il nuovo “Papa” in azione. “Gianni Nicchi e Liga si sono incontrati una volta – dichiara Pasta – in questo incontro era presente Pippo Provenzano. Ci fu proprio un punto d’accordo, che il passato era passato e ora si doveva pensare a quello di oggi”. Dunque una sorta di “sanatoria” per Nicchi in nome di Cosa nostra e, soprattutto, a causa delle enormi difficoltà dell’organizzazione che era stata letteralmente messa in ginocchio dall’operazione “Perseo” del dicembre 2009 con un centinaio di persone arrestate – fra presunti capi e gregari – grazie alle indagini della procura e dei carabinieri di Palermo. “Ognuno non doveva avere rancori nei confronti dell’altro, quella era storia passata e si doveva andare avanti. Poi, dico, se erano patti di comodo… ma conveniva in quel momento fare così, la guerra non porta a niente” conclude Pasta. Così l’architetto aveva firmato la “pax mafiosa” e in questa maniera avrebbe accresciuto ulteriormente il suo potere. Gli investigatori, già nel giugno del 2009, aveva notato come le due parti, avverse, che dividevano la città in due zone di influenza andassero “a braccetto”, l’una con l’altra. L’origine della separazione era dovuta, come si è visto, alla contrapposizione fra Nino Rotolo e i Lo Piccolo. Schieramenti che si erano mantenuti anche oltre e almeno fino al dicembre 2009. Nel progetto di rifondazione della commissione provinciale di Palermo, infatti, chi si era messo di traverso era proprio Gianni Nicchi, derivazione diretta di Rotolo, e Gaetano Lo Presti. Da loro nasce la cordata avversa ai Capizzi di Santa Maria di Gesù, candidati al vertice della cupola. Dopo che il piano è stato svelato ed è scattata la retata del dicembre 2009, Cosa nostra non poteva permettersi di rimanere così spaccata e parcellizzata, a rischio di “camorrizzazione”, con una struttura che da verticistico-piramidale si apprestava diventare orizzontale, con clan autonomi, quartiere per quartiere. E allora c’ha pensato l’architetto a rimettere le cose a posto.

Dopo la pace sancita da Liga e Nicchi, “hanno preso sempre più forza Santa Maria di Gesù, Resuttana, l’architetto Liga. Diventano ancora più forti perché sicuramente il braccio armato era Santa Maria di Gesù, unitamente a qualcuno di Resuttana” racconta Manuel Pasta. In quel modo l’architetto, forte del patto con Nicchi e dei legami con la famiglia di Santa Maria di Gesù, aveva messo, in un certo senso, le mani sulla città. Perché se sotto il suo comando ci sarebbero state le famiglie di Tommaso Natale, San Lorenzo e Resuttana, sotto l’egida del giovane Nicchi si erano radunate le famiglia di Pagliarelli, Porta Nuova, Noce e Corso dei Mille. Con Brancaccio e Santa Maria di Gesù il puzzle è completo. Tutto perché “c’era un forte legame tra Liga, Pippo Provenzano ed Ino Corso, al punto che Corso era autorizzato a muoversi nel nostro territorio” dice Pasta. Gioacchino Corso, detto Ino, sarebbe il capofamiglia di Santa Maria di Gesù, arrestato nell’operazione “Paesan Blues” del 10 marzo scorso. “Ci sono state persone di Santa Maria di Gesù che hanno fatto omicidi per i Lo Piccolo – aggiunge il pentito – da sempre gli uomini di Santa Maria di Gesù sono tra quelli più spietati, Andrea Quatrosi, i Lo Piccolo, hanno sempre avuto rapporti con loro”. E siccome “Liga era stato messo lì da Lo Piccolo quando erano ancora liberi”, avrebbe ereditato i contatti. “Se fosse successo qualcosa, l’architetto era la persona incaricata…” spiega Manuel Pasta.

“L’architetto è il capo mandamento, ci sono tante parrocchie e poi c’è… il ‘Papa’. Ogni parrocchia ha un parroco e poi c’è il ‘Papa ‘che gestisce tutte le parrocchie” dice Pasta lasciando agli investigatori l’immagine di un “Papa” capace, però, di punire. “Omicidi non se ne possono fare senza l’autorizzazione del capo mandamento – spiega – e in ogni famiglia possiamo fare tutto tranne omicidi e cose eclatanti. È stato interpellato l’architetto Liga che l’ha fatto sapere pure a Gianni Nicchi e mi hanno dato il benestare per fare l’omicidio”. La vittima predestinata, però, aveva un bambino in braccio e le due persone incaricate di fare fuoco hanno fatto marcia indietro.

(tratto dall’edizione straordinaria che “S” dedicò all’arresto di Liga nell’aprile 2010)

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