Caro sindaco, mi ascolti| gli anni Novanta sono finiti - Live Sicilia

Caro sindaco, mi ascolti| gli anni Novanta sono finiti

La foto allegata alla lettera al sindaco mandata alla redazione da Gigi Giordano

Dopo la lettera del sindaco Orlando ai palermitani, Livesicilia ospita l'intervento di Gigi Giordano, un trentacinquenne nato e cresciuto nel capoluogo siciliano, che ha preso carta e penna per rispondere al primo cittadino. Ecco la lettera.

Dopo la lettera del sindaco Leoluca Orlando ai palermitani e ai dipendenti della Rap, Livesicilia ospita l’intervento di Gigi Giordano, un trentacinquenne nato e cresciuto nel capoluogo siciliano, che ha preso carta e penna per rispondere al primo cittadino. Ecco la lettera.

Gentile Signor Sindaco, ho analizzato attentamente i contenuti da lei esposti nella sua “lettera aperta ai cittadini”, e siccome, come si dice dalle nostre parti, ”chiedere è lecito, rispondere è cortesia”, mi sembrava giusto e doveroso da parte mia risponderle;

Intanto una piccola premessa mi pare doverosa; non sono un suo elettore. Spero possa perdonarmi per questo, ma le garantisco che le mie idee sarebbero le stesse se al suo posto ci fosse chiunque altro. Sono un trentacinquenne nato e vissuto sempre in questa città, una persona normale con problemi normali che a volte mi sembrano insormontabili ma, a mente serena, mi rendo conto che c’è davvero chi sta molto peggio di me. Sono uno di quelli che non dovrebbero lamentarsi, ma invece lo faccio continuamente. Con una piccola eccezione, e la prego di prendere per buone queste mie parole: cerco di porre rimedio alle cose; cerco sempre di poter mettere del mio nella mia vita e nei comportamenti che assumo. Sono uno di quelli che lunedì scorso erano in viale delle Scienze per partecipare alla manifestazione che, in maniera impropria e riduttiva, è stata ribattezzata dei “forconi”, quando in realtà come me c’erano semplici cittadini, madri e padri di famiglia, onesti lavoratori sia dipendenti che imprenditori che sono stufi di vedersi trattare come vacche da mungere da una città e da uno stato che non fa altro che chiedere… e che difficilmente riesce a dare.

Vivo con due principi fondamentali; cerco di agire e vivere in modo tale da essere “inattaccabile”, sia dal punto di vista comportamentale che morale, cercando di farlo sempre a modo mio, con la mia personalità, ma nella maniera più “politicamente corretta” possibile… il tutto, accompagnato dal “non aspettarmi mai che gli altri si comportino come farei io al loro posto”…questa la sto perfezionando per non ledere troppo il mio fegato…spesso il rospo è troppo grosso e difficile da ingoiare, ma tant’è….

Ciò detto, torno nel merito di questa mie considerazioni, per non annoiarla troppo. Palermo è una Città bellissima, ma lo stesso ahimè non può dirsi dei suoi abitanti. Quante volte abbiamo visto palermitani “fuori sede” o all’estero comportarsi come dei perfetti lord inglesi? Rappresentare il manifesto della civiltà per comportamenti, educazione e senso civico, quante? Beh, io veramente tante. Quindi, il palermitano, se vuole, sa essere una persona a modo e come, ma lo è fuori casa, forse per un senso di gratitudine per la Città che lo sta temporaneamente ospitando e coccolando con servizi pubblici, pulizia, decoro, trasporti, musei aperti, strade asfaltate, marciapiedi e aiuole curate, punti informazione multilingue, segnaletica turistica chiarissima e cartine geografiche che fomentano la voglia di visitare il più possibile. E ancora cestini sui pali e varie forme di intrattenimento, ludico e culturale a lui sconosciute. Beh, il palermitano pensa che sia giusto ricambiare questa qualità con qualità di comportamento mista a sana e reale gratitudine. Il problema grave è che poi il palermitano torna a casa, dove forse pensa di essere maltrattato, di essere snobbato, di non valere nulla e di non avere voce in capitolo se non in prossimità di qualche tornata elettorale, dove si sente “punito” e sente di non ricevere quello che merita, reagendo spesso come un bimbo deluso da genitori che non ne comprendono le esigenze e che per ripicca butta per terra la carta della caramella appena scartata. Poco male se questa carta diventa un frigorifero, una lavatrice o una palma sradicata dal giardino.

Probabilmente il palermitano non ha a cuore la sua città perché non la sente sua. Perché non sente sua una piazza, una via, una strada; perché le piazze, le vie, le strade sono da troppo tempo ritenute di proprietà della malavita, perché in quella via o in quella piazza non si sente protetto, non si sente a casa ma esposto. Da questo punto di vista invidio tantissimo il senso di appartenenza e il patriottismo degli Stati Uniti. I cittadini americani sentono di essere l’America. Loro sono l’America. In ogni casa campeggiano slogan, bandiere, stendardi che ti fanno capire cosa sia la loro nazione per loro, quanto si sentano a casa e quanto si sentano protetti dentro casa loro. Ah, se avessimo la metà del loro attaccamento alla bandiera…

Tornando alla sua lettera, gentile Signor Sindaco, accetti un consiglio da un ragazzino sprovveduto. Non guardi ancora indietro, non faccia ulteriori (dopo quelli della campagna elettorale) riferimenti agli anni ’90; dalla storia si impara a non commettere gli stessi errori e dalla storia si deve ripartire per guardare avanti ed andare oltre, non si può paragonare la Palermo degli anni ’90 a quella di oggi, non si può paragonare il mondo degli anni ’90 a quello di oggi. A quei tempi, se lei assumeva duemila precari neanche i giornali ne parlavano. Oggi, con i nuovi mezzi di comunicazione, con internet e con gli smartphone appena le scappano tre starnuti di fila sul web tutti sanno che ha un raffreddore. A proposito di smartphone, avevo già deciso di scriverle quando, tornando a casa, mi sono fermato dietro un mezzo dell’Amia, o della Rap che dir si voglia, e ho atteso che i due lavoratori terminassero di ritirare la spazzatura di un supermercato. Beh, le allego la foto di come è stata lasciata la strada dopo la raccolta, anche per porre le doverose premesse per l’argomento Tares.

Signor Sindaco, in merito alla questione igiene ambientale, spazzatura, Tares e compagnia cantante, ormai sulla bocca di tutti al punto che quasi stanno sostituendo l’argomento “calcio” nelle conversazioni da bar o da barbiere, avrei voglia di farle una domanda specifica: se la raccolta della spazzatura fosse affidata ad una azienda privata e questa azienda per le sue prestazioni emettesse fatture al suo Comune, Lei, queste fatture, le farebbe mai pagare? Se questa azienda privata fosse fallita e, la stessa, sotto un’altra ragione sociale risorgesse dalla ceneri della prima con un altro nome attraverso operazioni non troppo snelle e tutti questi costi fossero a Lei (cliente) addebitati, queste fatture, Lei, le farebbe mai pagare? Penso proprio di no. E allora – concludo – riproponendo un passaggio della sua lettera, mentre lei fa un appello forte a tutti i palermitani perché siano vigili e responsabili e affinché cessino i comportamenti incivili, lo stesso, sono certo che, qualora ne avessero facoltà, farebbero i cittadini civili, onesti e responsabili; un appello forte e deciso alle istituzioni e a agli uomini che le rappresentano. Dateci modo di pensare che i nostri soldi, i nostri sacrifici, le tasse che noi paghiamo siano spesi bene e con raziocinio, per il nostro bene e per il bene delle nostre città. Perché se andiamo a ritroso, non riesco a ricordare quali siano gli ultimi danari pubblici spesi per cause nobili e produttive da cambiare la qualità delle nostre vite. A dire il vero, devo tornare con la memoria sino al 1992, all’ultimo stipendio di Paolo Borsellino. Ecco, quelle sono le spese pubbliche che non avremmo mai voluto smettere di pagare.

Fateci essere orgogliosi e fieri della nostra Città e della nostra Nazione, fate l’impossibile per farci sentire rappresentati, protetti e tutelati dalle persone che a vario titolo la governano; dateci, e lo diciamo noi forte e a gran voce, motivo di dire a tutto il mondo venite, venite a trovarci, venite a vedere con i vostri occhi. Palermo e la Sicilia non sono più quelle degli anni ’90.


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