Amici di Natale - Live Sicilia

Amici di Natale

Sigarette accese sui gradini di una chiesa. Un teatro a pochi passi. Il ricordo degli anni dell’università che si fa strada. Gli amici di sempre ci sono tutti. Anche questo Natale.

Le luci natalizie accendono la notte del centro storico. Una stella cometa troneggia sopra i cumuli di rifiuti della giornata, proprio di fronte a un rudere di nobiltà decaduta da decenni. Sigarette accese sui gradini di una chiesa. Un teatro a pochi passi. Il ricordo degli anni dell’università che si fa strada. Gli amici di sempre ci sono tutti. Anche questo Natale.

C’è Mario che è appena arrivato da Vienna. Sente caldo, anche se Giulia ha appena finito di dire che a Palermo finalmente è arrivato il freddo: 20 gradi. Mario si è trasferito in Austria senza sapere una parola di tedesco. L’università di Vienna si è interessata alla sua tesi prima ancora che la scrivesse e gli ha proposto un dottorato prima ancora della laurea. Da sette anni vive “in quella città per pensionati melomani” come la definisce lui, o meglio, dentro un laboratorio, dove osserva per almeno 18 ore al giorno le alterazioni di una particella. Ora, finito il dottorato, si trasferirà a Barcellona. Perché gli ricorda Palermo.

Valeria, invece, ha seguito il suo sogno come se fosse una stalker. E’ un’etologa, specializzata in primati. Vive tra Parma, gli Stati Uniti e il Madagascar. Anche se osservando l’omino dietro il fumo e le stigghiole ha un’idea sempre più chiara di quello che Darwin definirebbe “l’anello di congiunzione tra l’uomo e la scimmia”. Accanto a lei c’è Laura, amica di sempre, geologa specializzata in vulcanologia. Vive a Catania, dove c’è il Vulcano, quello con la V maiuscola? No, in Inghilterra, dove i vulcani li studiano, appunto. “Questa città è bellissima, potreste vivere di turismo!” esclama entusiasta Antonio, fidanzato di Valeria, milanese doc. Il gruppo lo guarda con biasimo, come dire: “Uhm… originale! Pare che non ci avevamo pensato!”

Claudio si è appena versato addosso una birra. Ha cambiato, in dieci anni, dieci città. L’unica costante è il suo lavoro: precario da sempre. Probabilmente sarà precario per sempre. E poi, lui, almeno, un lavoro temporaneo ce l’ha: sottopagato, sfruttato, ma in Italia, di questi tempi, è già tanto. Un lavoro sotto ricatto. Sei in bilico se i contratti scadono, si sa. Ovunque. Al nord come a Palermo. Simona si è laureata in Legge. Anche lei ha realizzato il suo sogno: lavora 20 ore al giorno, gira per le cancellerie polverose del tribunale di Palermo e si veste senza colori. Sostiene che è fortunata: l’avvocato da cui fa pratica a lei qualcosa almeno la dà… non come l’altra, Sonia, che fa solo fotocopie…

Enrica è una ragazza di Addiopizzo. Ce l’ha scritto pure sulla felpa. La stessa, da anni. E’ rimasta a Palermo per combattere la mafia. Il 23 maggio del 1992 non l’ha dimenticato. Per lei non è mai passato. La scorsa settimana al Teatro Biondo, però, quando ha visto entrare i ragazzi della scorta del magistrato prima e dell’attore poi, e ha sentito il silenzio che è sceso in sala, ha avuto paura. Per un attimo ha pensato che davvero quel 23 maggio non è passato mai. Non è cambiato nulla.

Mara ha un lavoro, anzi due, o forse tre… Il primo è a tempo indeterminato e in fondo ben pagato, gli altri sono i lavori della sua vita che non le permettono, però, da soli, di pagarsi il mutuo a fine mese. Certo, la sua azienda, che ha una sede anche a Milano, dove lavora Domenico come ingegnere tra la nebbia e il nulla, forse farà armi e bagagli e lascerà Palermo per Bucarest. Certo, per aver riconosciuta la propria professionalità ha quasi fatto un’azione legale per mobbing. Bloccata in mezzo al traffico di viale Regione Siciliana o nell’attesa biblica di un autobus che non passerà mai, Mara non si lamenta. Dicono che del gruppo sia la più fortunata. “Ma vuoi mettere? Lavorare a Palermo! Dove non piove mai!”

Giusy è una veterinaria. E’ stata per anni in Inghilterra, dove per i cani malati ci sono la chemio e la fisioterapia. Ora è tornata a Palermo, e ancora non è chiaro perché. In questi ultimi anni Giusy è cambiata molto. Dice che non riesce più a piangere. E che è diventata cinica. Oggi hanno portato da lei, in ambulatorio, un cane randagio preso a sprangate. Perché dava fastidio. Giusy ha ancora lo sguardo spaventato di quell’animale stampato negli occhi. Un ragazzo passa in scooter, chiede: “Hai da accendere?” Giusy gli passa veloce il suo accendino. Lui la ringrazia e le dice: “Buon Natale”. Dopo, scompare tra i vicoli. Giusy resta in silenzio. Si domanda perché non riesca più a piangere. E nemmeno ad augurare più buon Natale.

 

 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI