Mafia e Droga, asse Catania - Napoli |Si pente Domenico Querulo - Live Sicilia

Mafia e Droga, asse Catania – Napoli |Si pente Domenico Querulo

Il nuovo collaboratore di giustizia Domenico Querulo

ESCLUSIVA - Aveva sostituito insieme al fratello Santo, Gaetano D'Aquino e Antonino Aurichella, finiti dietro le sbarre, nella gestione dei canali di rifornimento della droga per conto dei Carateddi tra il 2009 e il 2010. Ora Domenico Querulo, in manette nell'operazione Bisonte 2, ha deciso di collaborare con la magistratura.

Nuovo collaboratore di giustizia
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CATANIA – Ha deciso di vuotare il sacco. Di essere, quello che nel gergo dei clan mafiosi, è definito “sbirro”. Domenico Querulo, da qualche mese, è diventato collaboratore di giustizia. Le sue prime dichiarazioni sono inserite negli atti dell’operazione Bisonte 2, dopo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari che i pm della Dda hanno notificato a indagati e difensori. L’inchiesta, lo scorso maggio, ha svelato una partnership collaudata tra vertici del Clan Cappello – Caratteddi e corrieri napoletani per l’approvvigionamento della cocaina direttamente dalla Spagna. Nel blitz della squadra mobile, insieme ad altre 18 persone tra catanesi e napoletani, finì proprio Domenico Querulo insieme al fratello Santo. Secondo gli inquirenti i due avevano preso il posto di Antonio Aurichella, prima e di Gaetano D’Aquino, dopo, per gestire i canali della “fornitura” di droga.

La struttura organizzativa per il traffico di cocaina ricostruita nell'inchiesta Bisonte II

“Un ruolo apicale” quello di Domenico Querulo, 44 anni, all’interno dell’organizzazione del traffico di droga. L’inchiesta Bisonte 2 fotografa una struttura composta da “elementi organici alla cosca dei Cappello ed inseriti – si evidenzia nell’ordinanza – ad essa stabilmente” e inoltre “tra gli indagati” ci sarebbe una “affectio societatis” che determina la contestazione dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga con l’aggravante del metodo mafioso. L’indagine, svolta con i tradizionali meccanismi dei pedinamenti e delle intercettazioni video e audio, è un corollario di conversazioni, sms e immagini che hanno svelato la partnership tra criminalità organizzata catanese e trafficanti di droga partenopei, quest’ultimi legati a stretto giro con il Carateddi, da cui erano quasi dipendenti a “livello” finanziario. Il costante uso degli sms aveva lo scopo di ostacolare l’identificazione della polizia, che poteva riconoscerli attraverso la voce intercettata in una telefonata.

Mimmo Querulo, così è chiamato dai suoi parenti e i suoi “picciotti” nel corso delle telefonate e delle conversazioni captate dalle cimici della Squadra Mobile, è un personaggio dal profilo controverso. Passione per le armi, in una intercettazione si evince la vanità nel dimostrare la sua bravura nell’utilizzo di fucili e pistole. Capacità superiore rispetto al fratello. “..Santo., neanche la bottiglia prendeva … io prendevo il paletto .. lui ha detto che non era buona ma una truffa (si riferisce all’efficacia della pistola)[…] io gli ho detto di darmela a me che gli facevo vedere se era una truffa …”. Una conversazione che il collaboratore di giustizia fa davanti al figlio minore che ingenuamente gli chiede: “Perchè avevi il fucile? Ed il padre rispondeva: “… anche”. Un aspetto quello della presenza del figlio che viene più volte sottolineato dagli inquirenti. Ad esempio davanti alla casa dei Querulo, base logistica dell’organizzazione, il trafficante dava direttive sulla gestione della vendita e controllava “la merce” arrivata. “Particolare inquietante ma degno di rilievo – si legge nell’ordinanza – era il fatto che tutte queste operazioni avvenivano alla presenza del figlio minore”.

Giuseppe Bosco

Giuseppe Bosco

A finanziare le partite di cocaina acquistate dai fratelli Querulo dai corrieri campani sarebbe stato Giuseppe Bosco. Il nome dell’imprenditore finito nel ciclone anche della maxi inchiesta Fiori Bianchi 3 è citato diverse volte nelle intercettazioni trascritte dagli inquirenti. Bosco viene contattato dopo l’arresto di Giuseppe Soriato e il sequestro di alcuni chili di cocaina, fatti che avevano provocato una frattura con i napoletani. I soldi dei Bosco potevano risolvere la temporanea crisi dovuta soprattutto alla mancanza di liquidità. Mimmo Querulo nel corso di una conversazione sottolinea l’importanza del suo coinvolgimento vista la grande forza finanziaria della famiglia. “I Bosco – affermava – sono miliardari hanno l’ippodromo di Siracusa e cavalli da 2 milioni di euro … hanno supermercati..” Giuseppe Bosco, insieme ai Querulo, parteciperà ad una trasferta a Giugliano in Campania “per trovare un accordo e avviare una nuova trattativa per l’acquisto di sostanze stupefacenti.”

E se Domenico Querulo, tra il 2009 e il 2010, aveva assunto un ruolo di rilievo nel panorama del traffico di droga questa posizione l’avrebbe conservata anche negli anni successivi. Il trafficante sarebbe riuscito a creare grazie ai suoi contatti campani un canale della droga Catania – Napoli che non serviva solo a rifornire i Carateddi di cocaina, ma anche altre famiglie catanesi. Gli Arena (leader insieme ai Nizza dello spaccio a Librino) si sarebbero rivolti a Querulo per l’acquisto di marijuana con rifornimenti di Orange Skunk e, la nuova arrivata in fatto di droghe, White Window. La sua collocazione di “broker” all’interno del mondo criminale catanese lo ha portato ad intrattenere rapporti anche con esponenti della cosca mafiosa degli Sciuto Tigna, tra questi anche Sebastiano Fichera, ucciso nel 2009. E chissà se su questo fronte si possano aprire interessanti scenari investigativi.

Querulo a questo punto potrebbe tracciare e delineare importanti spunti per la magistratura etnea per fermare gli ingenti traffici di droga, decapitare il cuore finanziario di diverse organizzazioni criminali e riuscire a far scattare le manette ai nuovi vertici della mafia catanese, che si sta riorganizzando dopo i grandi blitz che hanno portato dietro le sbarre i più importanti e pericolosi boss. Un piccolo passo per scoperchiare gli affari illeciti della criminalità organizzata e distruggere quella “immensa zona grigia” di connivenza e corruzione presente nel tessuto sociale, politico e imprenditoriale all’ombra dell’elefante.

 


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