Agente accusato di favoreggiamento | Cassazione annulla la scarcerazione - Live Sicilia

Agente accusato di favoreggiamento | Cassazione annulla la scarcerazione

Secondo i supremi giudici, i pubblici ministeri hanno avuto ragione a chiedere gli arresti domiciliari per Guido Ferrante, agente del Reparto mobile di Palermo, poi scarcerato dal Riesame. Avrebbe suggerito ad un commerciante di corso Calatafimi di "mettersi a posto" con Michele Armanno e Giuseppe Zizo, poi arrestati. Erano loro a gestire le estorsioni nella zona.

la decisione della corte suprema
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PALERMO – La Cassazione annulla la scarcerazione del poliziotto indagato per favoreggiamento e rimanda la decisione ad un nuovo Tribunale del Riesame. Secondo i supremi giudici, i pubblici ministeri hanno avuto ragione a chiedere gli arresti domiciliari per Guido Ferrante, agente del Reparto mobile sotto inchiesta dallo scorso giugno e rimesso in libertà dopo due settimane di detenzione a casa. Il Riesame, dopo avere inquadrato la sua condotta nell’ipotesi dell’omessa denuncia, e non del favoreggiamento, aveva deciso di rimetterlo in libertà.

Il nome di Ferrante era saltato fuori nella vicenda della richiesta estorsiva ai danni di Salvo Albicocco, titolare di una pasticceria in corso Calatafimi. Il commerciante, dopo avere ricevuto nel 2010 la visita degli uomini del racket, incontrò per strada Ferrante, che, secondo l’accusa, dimostrava di conoscere bene le dinamiche criminali della zona. “Tu strada non te ne sei fatta? Penso di sì – diceva Ferrante al pasticciere – è uscito fuori binario. Non si sta salvando nemmeno Gesù Cristo in questa zona…”. Ferrante avrebbe messo in guardia Albicocco dalla figura di Giuseppe Zizo, che alcuni mesi dopo sarebbe stato arrestato: “Salvì… io dico ma… vedi con chi devi parlare, perché io… purtroppo sai quale sono le cose della vita Salvì? Con questa gente attualmente uno ha solo da perdere; hai capito? Io te lo dico, te lo dico – proseguiva – perché ti rispetto come un fratello… uno a solo da perdere con questa gente qua. Fatti la strada… vedi che minchia vuole…”.

I pm Amelia Luise, Francesco Del Bene e Gianluca De Leo contestarono così al poliziotto, mai impegnato in inchieste antimafia, di non avere denunciato che Zizo, o chi per lui, stesse chiedendo il pizzo ad Albicocco. Ferrante si era giustificato sostenendo che, qualora lo avesse fatto, avrebbe sconfinato il suo ruolo che non prevede compiti di polizia giudiziaria. Nel corso dell’interrogatorio disse di essersi limitato a dare un consiglio disinteressato ad un amico che conosceva da tempo e dal quale sarebbe stato frainteso.

Una tesi, ribadita dal legale della difesa, l’avvocato Luca Benedetto Inzerillo, che aveva convinto il Riesame. I pubblici ministeri, però, hanno contestato la scarcerazione e la Cassazione ha dato loro ragione perché “gli appartenenti a ruoli dell’amministrazione della pubblica sicurezza sono comunque tenuti, anche fuori dal servizio, ad osservare i dovere inerenti alla loro funzione”.

Altro passaggio che i pm contestavano a Ferrante riguardava i rapporti con Michele Armanno, arrestato con l’accusa di essere il reggente del mandamento di Pagliarelli. I due, assieme a Maurizio Lareddola, considerato il braccio destro di Armanno, condividerebbero affari nella compravendita di macchine usate. I tre sono stati intercettati. Ferrante si rivolgeva ad Armano chiamandolo “zio Michele”, lo salutava con il bacio, e gli avrebbe riconosciuto l’autorità di autorizzare l’apertura di nuove attività commerciali in zona.

 

 


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