Crocetta e Pd, due giorni di fuoco | I dettagli dell'inchiesta che ha riacceso lo scontro - Live Sicilia

Crocetta e Pd, due giorni di fuoco | I dettagli dell’inchiesta che ha riacceso lo scontro

Rinviato l'incontro tra il governatore e il gruppo parlamentare. C'è la direzione regionale. Tra il presidente e il suo partito si è consumato un nuovo strappo dopo le notizie sullo scandalo dei rimborsi all'Ars. Ecco, nome per nome, cosa viene contestato ai politici democratici.

PALERMO – Era previsto per oggi l’incontro tra Crocetta e il gruppo parlamentare del Pd. Ma l’appuntamento, ha scritto questa mattina l’agenzia Ansa, è rimandato. Domani invece è in programma una direzione regionale che si preannuncia, tanto per cambiare, infuocata. Quarantott’ore anticipate da dichiarazioni di fuoco, accuse incrociate, e veleni. A dare fuoco alle polveri il presidente della Regione. Il giorno è quello del commento alla Finanziaria regionale. Occasione buona per rispondere così all’ipotesi di prevedere l’ingresso di alcuni dei deputati indagati in giunta: “Chiedete a Renzi cosa ne pensa. Io non credo sia opportuno”. Apriti cielo.

Nell’incontro di oggi al gruppo parlamentare si sarebbe dovuto parlare anche di questo. Ma il vertice è stato rimandato. Il tema del rimpasto – comunque lo si chiami – ha costellato gli ultimi mesi dei rapporti tra il governatore e il “suo” partito. Partito che anche ieri, però, attraverso la voce più autorevole nell’Isola, il segretario Giuseppe Lupo, ha ribadito: “Noi non prendiamo parte a vertici di maggioranza perché non ne facciamo parte”. Nuovo strappo, quindi. Dopo le ricuciture di qualche settimana fa. Quando i democratici misero da parte il tema del “ritocchino” all’esecutivo di fronte alla necessità di approvare una manovra complicatissima e dopo il gesto distensivo di Crocetta: quello di aderire al gruppo parlamentare del Pd, abbandonando quello del Megafono che porta anche il suo nome.

Ma la situazione, come detto, è precipitata di nuovo. E così, se le indagini che hanno coinvolto più di ottanta tra ex e attuali deputati hanno avuto un impatto deflagrante sullo scenario politico siciliano, l’effetto è doppio se si fa riferimento al solo Partito democratico. Lì, infatti, oltre alle generali reazioni, si aggiungono altri elementi. Quelli che, appunto, affondano alle settimane precedenti di scontri e polemiche, e che si proiettano, poi, al congresso regionale di metà febbraio. Senza voler citare la “questione morale”, tanto cara a quell’area politica. E così, ecco il tutti contro tutti nel Pd. Col segretario regionale che (ri)prende le distanze dal governatore. E il segretario nazionale chiamato direttamente in causa da Crocetta, per il coinvolgimento nell’inchiesta di Davide Faraone. Che – giusto per rasserenare gli animi – ha parlato di sciacallaggio. Con un chiaro riferimento al governatore.

Che dal canto suo, però, ricorda i giorni in cui “quel partito” lo ha lasciato solo e fa notare come le sue dichiarazioni di basino su un’inchiesta “seria” che coinvolge un numero enorme di democratici. Il partito maggiormente rappresentato (27 in tutto) tra gli indagati. “Credo che qualcuno – ha puntualizzato Crocetta – uscirà pulito da questa storia. Ma come faccio a saperlo adesso?”. Ma cosa c’è davvero nelle carte che riguardano il Pd?

Ci sono, di fatto, i nomi di tutta la classe dirigente. L’avviso a comparire notificato ad Antonello Cracolici è relativamente stringato, ma nelle poche pagine che lo costituiscono ci sono cifre enormi, oltre un milione di euro che secondo i magistrati sarebbero stati utilizzati a sproposito o quanto meno poco documentati. Ma non solo Cracolici (che “sconta” anche il suo ruolo di capogruppo nella scorsa legislatura). Nell’ordinanza ecco i nomi, tra gli altri, appunto di Davide Faraone, del segretario Giuseppe Lupo e dell’attuale capogruppo Baldo Gucciardi.

I loro nomi compaiono, nella più corposa fra le voci contestate, con quelli di Roberto Ammatuna, Pino Apprendi, Giovanni Barbagallo, Mario Bonomo, Roberto De Benedictis, Giacomo Di Benedetto, Giuseppe Digiacomo, Nino Di Guardo, Miguel Donegani, Massimo Ferrara, Dino Fiorenza, Michele Galvagno, Giuseppe Laccoto, Vincenzo Marinello, Bruno Marziano, Bernardo Mattarella, Camillo Oddo, Filippo Panarello, Giovanni Panepinto, Salvino Pantuso (l’ex onorevole, rimasto all’Ars per appena due mesi, ha chiarito che si tratta delle spese per un necrologio di 186 euro pagato due volte. Una di tasca propria), Giuseppe Picciolo, Concetta Raia, Franco Rinaldi, Lillo Speziale, Salvatore Termine e Gaspare Vitrano.

Cracolici, secondo l’accusa, avrebbe disposto senza ragione “l’erogazione di anticipi a valere sul contributo portaborse spettante ai deputati”. Il totale è enorme: 467.578 euro, ai quali si aggiungono i 21.951 contestati allo stesso Cracolici, che dal 2008 al 2012 avrebbe ottenuto anche “indebiti anticipi sul contributo portaborse” per 110 mila euro.

Secondo l’accusa Cracolici, che è stato il primo a fare scoppiare il caso dicendo di aver ricevuto un avviso a comparire durante il dibattito all’Ars sulla Finanziaria, avrebbe anche autorizzato il rimborso di spese, secondo i magistrati “indebitamente sostenute”, per attività politiche dei deputati. E anche qui l’elenco interminabile si ripete: Ammatuna (5.810 euro), Apprendi (480), Barbagallo (11.569), Bonomo (4.918), De Benedictis (4.653), Di Benedetto (27.425), Digiacomo (6.727), Donegani (10.000), Faraone (3.380), Fiorenza (4.327), Galvagno (5.681, dei quali 1.248 incassati per iniziative svolte con Termine), Gucciardi (1.365), Laccoto (3.492), Lupo (39.337), Marinello (3.900), Marziano (12.813), Mattarella (6.224), Oddo (2.500), Panarello (16.026), Panepinto (2.600) e Rinaldi (45.300). Totale, in questo caso, 218 mila euro, da sommare ai 6.784 che riguardano Cracolici stesso.

Per le spese effettuate da singoli deputati o membri di commissione, sul territorio,poi, sono stati spesi 10.124 euro, mentre per due convegni voluti a Gela da Lillo Speziale ne sono stati investiti 11.979 e per un’altra iniziativa nella stessa città voluta da Donegani ne sono stati usati quattromila. Alla vigilia delle tornate elettorali, inoltre, sarebbero stati spesi 95.637 euro: 28.150 per sondaggi e indagini elettorali, 8.690 per non meglio precisate “finalità politiche legate ai referendum” e 58.797 oer “contributi al Partito democratico e sue organizzazioni territoriali”.

Ma tra le spese ecco quelle riferite a “anticipazioni e prestiti” per gli ex deputati regionali Mirello Crisafulli (1.181), Giovanni Parisi (268), Pippo Cipriani (2.500) ed Enzo Napoli, componente della segreteria del partito (per lui mille euro). A questi soldi si sommano anche i contributi per l’attività politica dell’ex capogruppo della Margherita nella legislatura precedente, Giovanni Barbagallo: per lui nel 2009 sono stati usati 17 mila euro, ma secondo i pm manca la documentazione delle spese sostenute. Un ultimo obolo, da 3.390 euro, sarebbe stato inoltre versato ai circoli territoriali del Pd.

Con i soldi del gruppo, poi, si pagava di tutto. I regali di Natale, i biglietti, i panettoni, i cesti e tutto il resto? Pagava l’Ars: 49.931 euro. I regali di nozze? Sempre l’Ars, 5.990 euro. La misteriosa voce “omaggi e regalie”? Uguale sorte, per 17.763 euro. E poi ci sono le spese per le consumazioni dei deputati e dei dipendenti (73.037 euro), le spese legali da 50 mila euro per difendere singoli deputati contro il ricorso di Rita Borsellino (divise equamente fra Natale Bonfiglio, Daniela Ferrara, Stefano Polizzotto e Giovanni Pitruzzella), i contributi alle associazioni (6.720 euro), una cena a Villa Alliata (4.700 euro), i necrologi (13.675 euro), gli sms (20.816) e qualche concerto in giro per la Sicilia (5 mila euro in due occasioni alla Grandi Servizi e 1.500 alla Mg Music Promotion di Cefalù). E poi persino le cialde del caffé e l’acqua, che sono costate rispettivamente 8.076 e 2.129 euro, e che sono state pagate con i soldi dei cittadini.

C’è infine un ampio capitolo dedicato ai dipendenti. Ai quali, in concorso con il consulente Vincenzo Barbaro, sarebbero state riconosciute retribuzioni che i magistrati giudicano “non spettanti”. Anche in questo caso l’elenco di nomi è molto lungo: Giovanna Anello (5.417 euro), Luciano Bellavia (17.176), Francesca Berté (17.176), Giuseppe Cacciatore (4.434), Gaetano Censuales (22.072), Alfredo Citrano (5.437), Fabio Teresi (17.034), Giovanni Tinervia (43.297), Margherita Uzzo (4.849), Grazia D’Acquisto Scardilli (31.050), Ida Fazzese (4.849), Ivana Gagliano (17.051), Giuseppe Girgenti (5.487), Biagio Gugliotta (5.566), Francesco Lo Cicero (4.799), Maria Carmela Marchese (5.437), Alessandro Pantano (10.953), Giovanni Piazza (39.669), Maria Sanseverino (22.672), Roberto Tagliavia (29.926), Marzia Tarantolo (4.060) e Antonio Bellavia (42.157). A queste cifre, poi, vanno aggiunti i soldi usati allo stesso modo per l’addetto stampa del gruppo Antonello Ravetto Antinoro (42.107), cui sono stati pagati anche 7.756 euro per le spese telefoniche, e le quindicesime mensilità versate a Nicola Cirincione e Daniela Collarà (costate rispettivamente 52.409 e 21.236 euro) e addirittura compensi “in nero” che sarebbero stati versati a Giovanni Basile (6.600 euro) e Aldo Miceli (19.883).

“E’ inopportuno che politici coinvolti in questa inchiesta entrino in giunta”, ha ribadito così Crocetta, sulla scia di queste notizie. E in quel modo ha tagliato fuori un’intera classe dirigente dall’ingresso nel governo. E ha acceso la miccia delle nuove liti interne al Partito democratico.


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