Processo al clan mafioso della Noce | Rischio scarcerazione di massa - Live Sicilia

Processo al clan mafioso della Noce | Rischio scarcerazione di massa

Cosimo Michele Sciarrabba e Gaetano Maranzano

Alla sbarra ci sono 41 imputati fra presunti boss e gregari di uno dei mandamenti mafiosi di Palermo. I legali sollevano una questione di incompatibilità per il giudice che li sta processando in abbreviato. E che potrebbe essere costretta ad astenersi. Risultato: processo da rifare e liberi tutti.

PALERMO – Sul processo incombe il rischio scarcerazioni. Una pioggia di scarcerazioni, anche per alcuni detenuti al 41 bis. Quando il dibattimento sui presunti mafiosi della Noce è alle battute finali arriva il colpo di scena. I legali di due imputati sollevano una questione di incompatibilità e chiedono al giudice per l’udienza preliminare di astenersi. Il Gup, Angela Gelardi, infatti, si era già occupata dell’inchiesta nella fase preliminare, concedendo una proroga per alcune intercettazioni nell’estate del 2012. Dunque, secondo gli avvocati Marco Giunta e Tommaso De Lisi (difensori di Vincenzo Tumminia e Fabio Chiovaro), avrebbe di fatto anticipato un giudizio di merito sulle accuse, riscontrando i gravi indizi di colpevolezza necessari per autorizzare l’ascolto delle conversazioni delle persone indagate.

Ecco perché gli avvocati Giunta e De Lisi – a cui si sono associate le altre difese – chiedono adesso la sua astensione. Da subito sono pronte le istanze di ricusazione da parte dei legali, secondo cui “la dovuta astensione del giudice di fatto annulla l’intera fase dibattimentale”. Se così fosse, e il rischio è concreto, i termini di custodia cautelare – un anno dagli arresti avvenuti ad ottobre 2012 – sarebbero già scaduti. Di diverso avviso in Procura, dove sono convinti che i termini scadranno in aprile. Di certo si profila una corsa contro il tempo con un calendario serrato di udienze.

Il blitz della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra mobile azzerò le famiglie della Noce, di Cruillas e di Altarello. Il mandamento sarebbe stato retto da Fabio Chiovaro che si sarebbe occupato del lavoro sporco, e Franco Picone che avrebbe vestito i panni del capo carismatico. Chiovaro, finito in carcere nell’ottobre del 2010, era stato costretto a farsi da parte fino a maggio del 2011. Una volta tornato in libertà si era ripreso lo scettro del comando. La prima faccenda da affrontare fu il conflitto con gli scissionisti. Un gruppo di ribelli, approfittando della sua assenza, aveva provato a scalzarlo. E si erano meritati l’appellativo di stiddari. Salvatore Seidita sarebbe stato alla guida del gruppetto dei ribelli, poi rientrati nei ranghi, composto da Giuseppe Sammaritano, Umberto Maltese e Antonino Bonura. La mappa del potere degli investigatori piazzava Gaetano Maranzano alla guida della famiglia di Cruillas, coadiuvato da Domenico Spica. Ad Altarello, invece, avrebbe comandato Vincenzo Tumminia.

I reati contestati nel processo sono quelli tipici del repertorio di Cosa nostra: associazione mafiosa, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, interposizione fittizia, possesso ed uso illegale di armi da fuoco. Cambiava la mappa del potere, ma l’imposizione del pizzo restava una costante per vecchi e nuovi boss. Tanti, troppi commercianti e imprenditori continuavano a pagare. Alcuni, però, trovarono la forza di denunciare. Ad esempio, i vertici della Magnolia fiction. Perché i boss erano andati a imporre la messa a posto persino sul set dello sceneggiato I Segreti dell’acqua con Riccardo Scamarcio.

Questi gli imputati e le pene chieste al termine della requisitoria dai pubblici ministeri Gianluca De Leo, Amelia Luise e Francesco Del Bene:  20 anni per Fabio Chiovaro, 18 anni per Tommaso e Felisiano Tognetti, 14 anni per Francesco Picone, 16 anni ciascuno per Salvatore Seidita, Vincenzo Tumminia e Gaetano Maranzano. Dieci anni per Cosimo Michele Sciarabba, 16 anni per Girolamo Seidita, 12 anni per Domenico Spica, 8 anni per Giovanni Seidita, 14 anni per Giuseppe Sammaritano, 12 anni Santino Chiovaro, 12 anni per Luca Crini, 6 anni per Santo Pitarresi, 12 anni per Girolamo Albanese, 12 anni per Nicolò Giacomo Sciarratta, 10 anni per Giovanni Guddo, 12 anni e 8 mesi per Carlo Castagna, 10 anni per Tomasso Castagna, 12 anni e 8 mesi per Gaetano Castagna, 9 anni per Antonio Giuseppe Enea, Cosimo Grasso, Giorgio Perrone, Giuseppe Di Benedetto e Saverio D’Amico, 12 anni per Umberto Maltese, 10 anni per Antonino Bonura, 12 anni per Gaspare Bonura, 14 anni per Giovanni Mattina, 14 anni per Renzo Lo Nigro, 12 anni per Marcello Argento, 14 anni per Giuseppe Bonura, 2 anni e 4 mesi per Giuseppe Mirabella, 2 anni per Umberto Sammaritano, 2 anni per Vincenzo Acone, Vincenzo Toscano, Giacomo Abbate, Alessandro Guddo, Salvatore D’Amico, Dario Giunta, 2 anni e 4 mesi Vincenzo Landolina.

La richiesta di condanna, però, potrebbe essere dichiarata presto nulla. Come il resto del processo. Si potrebbe ripartire da zero? E il rischio scarcerazioni si farebbe concreto.


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