Province, avanti piano | Sì alle città metropolitane - Live Sicilia

Province, avanti piano | Sì alle città metropolitane

In commissione Affari istituzionali approvati gli articoli che riguardano Palermo, Catania e Messina. Crocetta insiste: "Non si può fissare un limite ai liberi consorzi". Ma Cracolici conferma: "I nuovi enti saranno nove". Polemiche sulle modalità di elezione degli organi. L'opposizione chiede che a votare siano i cittadini: "Altrimenti sarà battaglia".

PALERMO – Il presidente Crocetta ha parlato di “grandi passi avanti”. Ma in realtà, l’esame della riforma delle Province va avanti piano. Pianissimo. Oggi, in prima commissione in realtà, un risultato è stato incassato: sono passati infatti gli articoli riguardanti le città metropolitane. Gli articoli 7 e 8, per l’esattezza.

Il primo indica nelle città di Palermo, Messina e Catania, infatti, le nuove città metropolitane. “In sede di prima applicazione della presente legge – si legge nel ddl – il territorio delle Città metropolitane coincide con quello dei rispettivi comuni. Il sindaco, il consiglio comunale e la giunta comunale assumono rispettivamente la denominazione di Sindaco metropolitano, Consiglio metropolitano e Giunta metropolitana e continuano ad esercitare le funzioni loro attribuite”.

Non passa, quindi, l’emendamento del governo, che puntava ad esempio all’introduzione dello Statuto per i “nuovi” enti e la presenza, tra gli organi elettivi (comunque di secondo livello) anche della “Conferenza metropolitana”. Quest’ultima, nelle idee del governo Crocetta avrebbe dovuto eleggere il sindaco.

Il secondo articolo approvato disciplina le modalità di adesione a una città metropolitana. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, infatti, i Comuni “aventi continuità territoriale” possono scegliere, attraverso deliberazione del Consiglio comunale di lasciare il libero Consorzio di appartenenza per aderire alla città metropolitana.

Ma sugli articoli riguardanti le città metropolitane permangono i dubbi delle opposizioni: “Già l’approvazione degli art. 7 e 8, – ha dichiarato il capogruppo Ncd Nino D’Asero – hanno fatto emergere interrogativi sui criteri di aggregazione territoriale delle Città metropolitane, sull’organizzazioni delle reti di servizi, sugli organi di gestione, sulla necessità di formare una nuova burocrazia più vicina ai cittadini e su una conseguenza affiorante: l’agevolato accesso a benefici delle Città metropolitane a discapito delle aree periferiche che, invece, rimarrebbero fortemente penalizzate Alla luce dei fatti – ha aggiunto D’Asero – non c’è, ad oggi, una proposta conducente: aggiungiamo problemi a problemi. Crocetta rifletta, non possiamo permetterci una seconda clamorosa bocciatura”.

Si dice “soddisfatta di come procedono i lavori in commissione”, invece il deputato Udc e componente della prima commissione Alice Anselmo. “Nonostante dibattiti accesi – spiega – si sta raggiungendo una sintesi. Il testo base si sta mostrando, con qualche aggiustamento, ideale per fare partire il processo di riforma”.

I due articoli approvati stamattina si aggiungono ai primi due ai quali la Commissione ha dato il proprio ok qualche giorno fa. L’articolo 1 e l’articolo 2 stabiliscono infatti che i liberi consorzi si sostituiscano alle attuali Province e vengano appunto composti dai Comuni che attualmente fanno parte dell’ente da sciogliere. Un Comune può aderire a un libero consorzio purché si trovi in continuità territoriale con esso. Una impostazione che, però, non sembra piacere molto al governo. E così, nonostante l’assicurazione di qualche giorno fa del presidente Crocetta (“Abbiamo tenuto una riunione di maggioranza e abbiamo trovato l’accordo sul testo delle Province”) le distanze col testo della Commissione presieduta da Antonello Cracolici rimangono intatte.

“Non si può fissare un limite massimo – ha ribadito anche oggi Crocetta – nel numero dei Consorzi. Lo Statuto non lo prevede. E del resto, sono ‘liberi Consorzi’ proprio perché possono nascere da libere aggregazioni. Ma certamente – prosegue il governatore – questo non vuol dire che ne sorgeranno decine: non è così semplice infatti far nascere uno di questi enti”.

Così, quasi certamente il governo riproporrà in Aula un emendamento già bocciato dalla commissione: quello che, nella sostanza, fissa solo nel numero minimo di 150 mila abitanti e nella continuità territoriale i requisiti per la creazione di un nuovo, libero consorzio. E in tanti ironizzano sulla volontà del governatore di dare vita a un libero consorzio guidato dal suo Comune di origine: Gela (insieme a Vittoria).

“Al momento – spiega però il presidente della Commissione Affari istituzionali Antonello Cracolici – il disegno di legge prevede nove liberi consorzi. Se il governo vuole, ovviamente, in Aula potrà presentare una riscrittura della norma. Ma la proposta dell’esecutivo è stata bocciata dalla Commissione perché presentava dei problemi seri, anche dal punto di vista contabile, nel passaggio dal vecchio al nuovo ente”.

Si riparte da qui, quindi. Ma il traguardo non è ancora così vicino. La Commissione infatti è stata costretta ad “accantonare” gli articoli che vanno dal 3 al 6. Sono quelli che riguardano gli organi dei liberi consorzi e le modalità di elezione. In questo caso, lo scontro maggiore è con le opposizioni, che chiedono le elezioni dirette dei Consigli dei liberi Consorzi. Mentre il ddl della Commissione prevede una elezione di secondo livello. L’assemblea – composta dai sindaci dei Comuni che compongono il Consorzio – elegge infatti il presidente e la giunta (in entrambi i casi con il voto ponderato: il ‘peso’ sarà direttamente proporzionale alla popolazione rapprsentata).

Ma come detto, le opposizioni chiedono a gran voce che non si tolga, ai cittadini, questo “spazio di democrazia”. “Non è pensabile – ha dichiarato il deputato Ncd Giuseppe Milazzo – escludere completamente i cittadini dalla vita democratica e dalle scelte territoriali. I presidenti dei Liberi Consorzi che sostituiranno le Province regionali siano eletti direttamente dal popolo. Noi – ha aggiunto – siamo disponibilissimi al dialogo se il Governo apre all’elezione diretta dei Presidenti dei Liberi consorzi. In caso contrario sarà battaglia in Commissione e in Aula”.

E in Aula potrà succedere, in effetti, di tutto. “Vedremo – commenta Antonello Cracolici – intanto lavoriamo per esitare, entro la prossima settimana, il disegno di legge. A quel punto deciderà Sala d’Ercole. Certamente – conclude il presidente della prima Commissione – quello dell’abolizione delle Province non è certo un tema ‘popolare’ all’interno della classe politica. E l’eventuale ricorso al voto segreto potrebbe condurre a qualche sorpresa”.


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