"Ero disperato e ho pregato| Trentamila siciliani sono salvi" - Live Sicilia

“Ero disperato e ho pregato| Trentamila siciliani sono salvi”

Intervista al presidente della Regione Rosario Crocetta: "Ringrazio tutti quelli che hanno compreso la drammaticità del momento. Io responsabile? Non credo, ma avrei comunque provato un enorme senso di colpa". Poi uno sguardo al futuro: "Le Province vanno abolite, senza andare per le lunghe. I ritardi sulla nomina dei manager? Non credo crolli la Sanità siciliana...".

PALERMO – “Ho pregato davvero, anche se in tanti mi hanno preso in giro. Avrei provato un insopportabile senso di colpa. Anche se non mi sono mai sentito del tutto responsabile”. Da Roma arriva lo spiraglio. La soluzione tecnica che dovrebbe consentire al governo regionale di mettere un po’ di cerotti sulle ferite vaste e sanguinose causate dall’impugnativa del Commissario dello Stato alla Finanziaria. Il presidente Rosario Crocetta attende l’ufficialità da Palazzo Chigi. E’ appena atterrato a Palermo. Ma adesso vede uno spiraglio. “I nostri conti erano in ordine. Ringrazio tutti”.

Presidente, dalla Capitale finalmente buone notizie. Per il suo governo in questi giorni invece erano arrivate solo “mazzate”.
“La soluzione individuata da Palazzo Chigi era stata già avanzata l’anno scorso dal mio governo. Adesso sono un po’ più sereno. Ma voglio anche ringraziare i siciliani per la fiducia che hanno avuto nei nostri confronti in queste ore. Non ho assistito a grandi manifestazioni. E chi ha manifestato lo ha fatto in maniera civile e pacifica”.

In maniera “gandhiana”, ha detto lei ieri. E si è anche affidato alla preghiera. Ma al di là di questo, non si ritiene responsabile di questa situazione drammatica?
“Io ho pregato davvero e qualcuno ci ha scherzato su. Pazienza. Ma mandare a casa, far perdere il lavoro a 30, 40 mila persone avrebbe lasciato un segno dentro, indelebile”.

Le ripeto: non si ritene, lei, il maggiore responsabile di una Finanziaria così pesantemente bocciata?
“Io le posso dire che, pur non considerandomi del tutto responsabile, avrei provato un senso di colpa enorme, insopportabile”.

Perché dice di “non considerarsi responsabile” di quanto è successo?
“Perché a Roma la nostra Finanziaria è stata giudicata tra le migliori delle Regioni italiane”.

Ma anche tra le più “incostituzionali”, pare.
“Diciamo la verità: sono state tagliate somme per i ciechi, per i teatri, per le imprese. Dopo l’impugnativa è stata mesa in discussione la coesione sociale. A noi sarebbe solo rimasto il ruolo di gestire conflitti e sofferenze”.

Adesso, però, come detto, lo spiraglio. Riuscirete a garantire tutte le categorie che si sono viste “estromesse” dal bilancio della Regione? Cioè tutti i siciliani che vedono il loro stipendio in serio pericolo?
“Se le somme che riusciremo a sbloccare saranno inferiori a quelle inizialmente necessarie, vedremo come intervenire. Potremmo spalmare la lieve riduzione su tutte le poste, così da garantire comunque tutti i settori. Oppure cercheremo tra le pieghe del bilancio altre possibilità di risparmio”.

Questa “soluzione romana” ha ricordato un po’ la vicenda-precari. Con tanto di coinvolgimento bi-partisan della politica siciliana.
“Voglio precisare innanzitutto che noi non abbiamo chiesto un euro a Roma. Ma devo ringraziare tante persone. Dal sottosegretario alla presidenza Patroni Griffi, ai ministri Delrio e D’Alia. Dal mio partito, il Pd, nella persona di Davide Faraone, al presidente Schifani fino al vicepremier Alfano”.

Con Alfano lei ha da tempo una certa sintonia. Sbaglio?
“Questa vicenda non va interpretata con le logiche del ‘politichese’. Alfano è anche ministro dell’Interno e ha illustrato i rischi di ordine sociale che sarebbero scaturiti da quella impugnativa”.

Però lei, anche in passato, ha più volte detto di non disdegnare le “aperture” ad altre forze politiche, purché responsabili. Uno schema che potrebbe rivedersi anche a Palermo?
“Intanto, più che di aperture, io parlerei di ‘dialogo’. E le ripeto, non buttiamola in politichese. Il mio ruolo e lo spirito col quale lo interpreto è sempre stato lo stesso: dialogo, dialogo con tutti. Questa deve essere la nuova stagione del dialogo”.

A dire il vero, in tanti le rimproverano proprio questo. Lei va per conto suo, non parla, non si confronta. I sindacati, ad esempio, la bacchettano. E i rapporti col Commissario dello Stato un po’ lo dimostrano.
“Non mi faccia polemizzare con nessuno. Certamente, non si può pensare di trattare a vita. Le emergenze sono tante e bisogna far presto, in molti casi. Riguardo al Commissario io auspico che si possa davvero riprendere un dialogo sereno, e spero che tutti possiamo dimenticare presto questi giorni terribili”.

Ce li descriva. Come si è sentito in questi giorni in cui la Sicilia è sembrata in fiamme?
“Ero disperato. E la mia disperazione era la stessa dei siciliani. Io non sono un ‘freddo’. E partecipo sempre con grande tensione ai fatti della società e della storia. In questi giorni mi hanno telefonato tantissimi cittadini, giustamente preoccupati, terrorizzati. Alcuni di loro non avevano nemmeno la forza di raccontare. Erano rassegnati”.

Adesso però l’aspettano giorni di lavoro intensissimi. Oltre alla manovra, bisognerà pensare a tante altre cose. A cominciare, ad esempio, dalla riforma delle Province. La scadenza del 15 febbraio è vicina.
“Spero che i deputati capiscano l’importanza anche di questa questione e non decidano di andare per le lunghe. Le Province vanno tagliate. O rischiamo di apparire come gli ultimi conservatori d’Italia. I politici siciliani scelgano, insomma, se vogliono essere i rappresentanti di una Regione moderna o se invece vogliono continuare, come in passato, a garantire il foraggiamento di una classe politica e del sottogoverno”.

E nel frattempo dovrebbe scegliere, finalmente, i manager della Sanità. Anche il presidente della commissione Sanità all’Ars e suo compagno di partito Digiacomo le ha detto: “Bisogna far presto”.
“Guardi, al momento a me interessa sistemare le emergenze e le urgenze più scottanti. Certo, ne parlerò con Lucia Borsellino nei prossimi giorni. Ma le priorità sono altre. Non credo che crolli la Sanità siciliana se ritardiamo le nomine di un altro mese…”.

Tra un mese il suo partito avrà cambiato leader. E lei, magari di conseguenza, avrà mutato l’identikit della sua giunta. Questo rimpasto, presidente, si farà?
“Non credo proprio sia una cosa imminente. Non penso, infatti, che il Pd possa chiedermi il rimpasto durante la campagna congressuale. E io sono convinto che non vadano mischiate le questioni del governo con le dinamiche interne del partito. Comunque, ne parlerò col nuovo segretario”.

Potrebbe essere anche il vecchio…
“Se verrà rieletto sarà comunque nuovo”.


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