Torna lo spettro del voto segreto | Il governo spera nei grillini - Live Sicilia

Torna lo spettro del voto segreto | Il governo spera nei grillini

Maggioranza critica e divisa sul disegno di legge che istituisce i Liberi consorzi. E che verrà discusso oggi a Sala d'Ercole. Ma l'affossamento della riforma potrebbe avere ripercussioni politiche vastissime. Mentre il Movimento cinque stelle attende il voto dei militanti sul web per decidere cosa fare.

PALERMOIl futuro della maggioranza è anche nelle mani, anzi, nei mouse dei militanti del Movimento cinque stelle. Il destino dell’Ars e del governo, insomma, è un destino 2.0. In mattinata, infatti, si conoscerà l’esito della consultazione online indetta dai deputati grillini con la quale è stato chiesto agli elettori pentastellati un’indicazione sul comportamento da tenere in Aula in occasione del voto sulle Province. “Faremo quello che ci chiederanno i nostri militanti” confermava ieri il neocapogruppo Francesco Cappello. “La consultazione è ancora in corso. Vedremo domattina”. Un responso che alla fine potrebbe essere decisivo. I 14 “sì” a cinque stelle, infatti, potrebbero blindare un disegno di legge che – pare ormai evidente – non potrà contare su una maggioranza coesa. Nonostante un recente vertice romano che avrebbe sancito l’intesa. Ma l’intesa non c’è. E per dimostrare le fibrillazioni dell’Aula basterebbe un numero. Alle otto di sera, termine inizialmente fissato – e poi posticipato – per la presentazione degli emendamenti, questi erano più di 300. E di certo non erano tutti dell’opposizione. Anzi. Opposizione alla quale nel pomeriggio si aggrappava anche qualche big democratico: “Confidiamo nel loro senso di responsabilità”. Ma il centrodestra, nella seduta di ieri, ha fatto di tutto per affossare il disegno di legge, prima presentando una pregiudiziale di incostituzionalità, quindi chiedendo una sospensiva, poi “disinnescata” da una repentina conferenza dei capigruppo. Che non ha fatto che spostare le tensioni alla giornata di oggi. Quando si passerà all’esame dell’articolato. E quando le sorprese potrebbero giungere da tutti gli scranni.

Già. Perché è quasi certo che il centrodestra farà ancora opposizione pura. Vuole che le elezioni degli organi dei liberi consorzi siano affidate alla volontà popolare. Per poter affermare – con non pochi argomenti, a quel punto – che la “epocale” riforma delle Province si sia ridotta a una semplice “mano di vernice” che ha solo mutato la facciata dell’ente intermedio. Se questa richiesta – come appare probabile – non verrà approvata dall’Assemblea, è certa la richiesta del voto segreto. Lo stesso procedimento che, a fine 2013, mandò il governo “gambe all’aria” sulla richiesta di proroga proprio dei commissari delle Province.

Un fatto troppo vicino nel tempo per non suonare come un monito. Un avvertimento del resto reso ancora più vivo dai fatti recenti. E dalle questioni politiche e personali che potrebbero rendere davvero imprevedibile il voto di oggi.

Non c’è pezzo di maggioranza infatti che non sia percorso da dubbi e “mal di pancia”. Alcuni anche palesati, senza troppi problemi, dai deputati. Molti di questi sono del Pd. Se ad esempio già giorni fa il deputato agrigentino Giovanni Panepinto aveva sottolineato l’importanza del coinvolgimento popolare, anche tramite un referendum, oggi critiche fortissime al testo giunto in Aula sono arrivate da diversi deputati del Pd. Dai renziani Vullo e Laccoto al messinese Rinaldi e al catanese Barbagallo. Nel suo intervento, ad esempio, il deputato questore ha massacrato il ddl: “Un anno fa – ha detto Rinaldi – si parlò di riforma epocale, ma non abbiamo fatto altro che rimandare la trattazione della vera riforma. E adesso ci troviamo a correre per approvare un testo che presenta contraddizioni e lacune”. Tra queste, sottolinea Rinaldi, il fatto di prevedere “le città metropolitane, enti che – ha spiegato – a differenza dei liberi consorzi, non sono previsti dallo Statuto. E ancora, il ddl non prevede uno strumento per sfiduciare il presidente del Consorzio. Questo ddl – ha aggiunto Rinaldi – si presta a essere pesantemente impugnato. E non possiamo davvero permetterci un’altra figuraccia”. E sulle città metropolitane è intervenuto anche Barbagallo: “In Italia sono otto, e nessuna Regione ne ha più di una. In Sicilia, invece, vogliamo creare la bellezza di tre città metropolitane”. E uno dei temi che sta molto dividendo l’Aula, sottolineato dallo stesso Barbagallo, riguarda l’obbligo dei Comuni di cedere parte delle proprie funzioni. Con la previsione dell’intervento di un Commissario ad acta in caso di ritardi. “In questo modo – ha attaccato Barbagallo – vengono lese le prerogative dei Comuni”. Insomma, le tensioni stanno certamente attraversando il Pd. Senza contare i deputati vicini al segretario Giuseppe Lupo, in “rotta” con Crocetta e in piena lotta da “soli contro tutti” nella campagna per la segreteria. Il capogruppo Gucciardi però ha ammonito: “Se l’Ars non approvasse questa riforma finirebbe per essere del tutto delegittimata”. Ma in tanti, anche tra i suoi compagni di partito, non sembrano curarsi molto dell’avvertimento.

Ma al di là del Pd, le spaccature sembrano presenti davvero in tutti i partiti di Sala d’Ercole. Anche altri deputati di maggioranza come Venturino (che ha sottolineato alcuni presunti vizi di incostituzionalità) Tamajo (Drs) e Micciché (Udc) sembrano assai critici sul testo. L’Udc, in particolare, sulle Province potrebbe giocare una partita assai più grande. L’abolizione dell’ente era uno dei punti sui quali si era stretto un patto politico non solo con Crocetta, ma anche col Pd di Bersani e Zoggia. Ma adesso, tra i democratici tutto è cambiato. E anche i centristi hanno visto mutare, negli ultimi giorni, il proprio orizzonte politico. Nuovamente rivolto verso il centrodestra. Il fallimento della riforma delle Province, insomma, nella peggiore delle ipotesi può tornare utile come motivazione concreta per abbandonare un progetto nel quale l’Udc potrebbe uscire fortemente ridimensionato. Il prossimo rimpasto, infatti, aprirà agli altri partiti della maggioranza finora fuori. E potrebbe portare a una presenza assai meno rappresentativa dei centristi. Senza contare l’aut aut lanciato da Crocetta agli assessori Udc: sarebbe un grosso problema se qualche assessore decidesse di candidarsi alle elezioni Europee. Ma Cartabellotta e Valenti, in questo senso, sembrano ormai lanciatissimi. Si vedrà. Già questo pomeriggio. Il fallimento delle Province sarebbe senza dubbio un fallimento del governo Crocetta, la manifestazione di una anarchia dei partiti, un vero e proprio spartiacque di questa legislatura. Da oggi, il destino di governo, gruppi e capigruppo potrebbe cambiare. Sempre che la riforma non venga “ripescata” dalla rete. Dal voto dei grillini sul web. Che consentirebbe, per la prima volta, al presidente Crocetta di sorridere a chi gli farà notare che la sua riforma delle Province è solo “virtuale”.


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