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Le critiche della Dna | al processo sulla trattativa

La relazione: "L'assoluzione di Mori e Obinu per la mancata cattura di Provenzano non può non destare preoccupazione in relazione all'impostazione del processo sulla trattativa". Teresi: "Osservazioni fuori dalla logica e inopportune".

ROMA – Una bacchettata ai magistrati palermitani che hanno promosso il processo sulla trattativa Stato-Mafia, un allarme sulla mancanza di carceri ‘a misura di 41 bis’, la conferma del crescente interesse della criminalità organizzata per il comparto dei giochi, la terza ‘azienda’ italiana dopo Eni e Fiat. Sono alcuni degli spunti contenuti nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia, che offre una panoramica sulle attività dei clan criminali.

PROCESSO TRATTATIVA PREOCCUPA – Alla “cosiddetta” trattativa – così viene chiamata – è dedicato un paragrafo del consigliere Maurizio de Lucia. La Direzione distrettuale antimafia di Palermo, si legge, “ha ritenuto di dover inquadrare alcune delle condotte da provare nei confronti di alcuni degli imputati nella fattispecie astratta di cui all’art. 338 c.p. (Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, ndr), ponendo in tal modo nuovi problemi di natura giuridica e fattuale al giudice che dovrà decidere sulla corretta ricostruzione dei fatti operata nell’inchiesta”. La Dna evidenzia quindi l’importanza della sentenza che ha assolto il prefetto Mario Mori ed colonnello Mauro Obinu dalle accuse per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1996. “Tale processo – si sottolinea – presenta significativi momenti di collegamento sia probatorio che sostanziale con quello in argomento ed il suo esito non può non destare oggettivi motivi di preoccupazione in relazione all’impostazione del processo c.d. trattativa”.

“Osservazioni fuori dalla logica e inopportune” quelle della Dna, secondo il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che coordina l’indagine sulla trattativa Stato-mafia, “soprattutto perché qui c’è una corte d’assise che deve esprimere un giudizio. C’è un clima che non mi piace”. “Mi chiedo – prosegue – che competenza abbia un semplice sostituto della Dna a interferire in un processo in corso di cui, peraltro, il magistrato non conosce gli atti”. Successivamente, il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, è intervenuto con una precisazione. “Nessun intento critico nei confronti della Procura di Palermo – ha sottolineato – può e deve essere letto” nella relazione, ma la Dna “ha inteso soltanto evidenziare la complessità del processo in relazione alle inedite problematiche giuridiche e fattuali che esso presenta”.

AUMENTANO 41 BIS, MA MANCANO CARCERI ADEGUATE – La Dna affronta poi il tema dei detenuti sottoposti al carcere duro, il 41 bis, che sono in aumento. Ma le strutture che li ospitano, lamenta la relazione, “sono nate spesso come strutture carcerarie femminili, nate dunque con lo scopo, ben diverso ed addirittura opposto a quello che deve realizzare il 41 bis, di promuovere la socialità tra le detenute e con le conseguenti difficoltà strutturali che tali istituti hanno nell’impedire le comunicazioni interne alle carceri, nel senso che le celle spesso si trovano sullo stesso corridoio e che tale situazione rende, appunto, molto difficile impedire comunicazioni tra i detenuti, che poi possono essere veicolate in via indiretta all’esterno (ad es. attraverso familiari di altri detenuti)”. L’appello è dunque quello di individuare nel piano carceri “nuove strutture idonee, nate esclusivamente per l’assolvimento della funzione di prevenzione prevista dall’art. 41 bis, e da destinare in via esclusiva a tale scopo”.

MANI CLAN SUI GIOCHI, 3/A ‘AZIENDA’ ITALIANA – I tentacoli dei clan, prosegue il documento della Direzione nazionale antimafia, si stringono sempre di più sul comparto dei giochi, che rappresentano il 4% del Pil nazionale e, considerato globalmente, la terza azienda del Paese dopo Eni e Fiat. I giocatori abituali sono 15 milioni, di cui 800mila patologici. Il settore, viene osservato, “è di altissimo interesse per la criminalità organizzata”.

MAFIA, ‘NDRANGHETA IN LOMBARDIA – La relazione passa quindi in rassegna lo stato di salute delle organizzazioni criminali italiane. Cosa Nostra è in “una situazione di forte fibrillazione, che riguarda sia la individuazione di una nuova leadership, sia la ricerca di nuovi schemi organizzativi e di nuove strategie operative”. Le minacce al procuratore di Palermo e ad altri magistrati indicano “l’esistenza di una strategia criminale volta a destare allarme ed assai probabilmente a tentare di condizionare lo svolgimento delle attivita’ investigative e processuali della Magistratura del distretto di Palermo”. Il ricercato numero 1 è sempre Matteo Messina Denaro, il cui arresto “non può che costituire una priorità assoluta ritenendosi che, nella situazione di difficoltà di Cosa Nostra, il venir meno anche di questo punto di riferimento, potrebbe costituire, anche in termini simbolici, così importanti in questi luoghi, un danno enorme per l’organizzazione”. La ‘ndrangheta, da parte sua, si conferma leader nel traffico internazionale di droga e particolarmente attive nelle sue proiezioni fuori Calabria: in Lombardia si contano 15 ‘locali’ (organizzazione che opera su base territoriale, composta da almeno 50 affiliati) per complessivi 500 affiliati circa.

(ANSA)


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