Il sistema Lombardo |raccontato su "S" - Live Sicilia

Il sistema Lombardo |raccontato su “S”

A novembre del 2010, subito dopo l'operazione Iblis, "S" dedicò un ampio speciale all'inchiesta. In questo articolo tratto da quel numero Alfio Sciacca traccia le principali accuse rivolte a Raffaele ed Angelo Lombardo.

A novembre del 2010, subito dopo l’operazione Iblis, “S” dedicò un ampio speciale all’inchiesta. In questo articolo tratto da quel numero Alfio Sciacca traccia le principali accuse rivolte a Raffaele ed Angelo Lombardo.

PALERMO – Stando alle argomentazioni usate i magistrati sembrano credere alla trama che viene fuori dal racconto di mafiosi, picciotti e colletti bianchi. E lo si capisce già dal titolo del capitolo che riguarda la posizione del governatore: “Rapporti tra Cosa Nostra e i fratelli Raffaele e Angelo Lombardo”. Il tono usato sembra quello di una richiesta di misura cautelare che invece non c’è. Ma leggiamole nel dettaglio quelle 75 pagine di fuoco. In attacco i pm usano un’espressione che sembra già una condanna. “Gli atti di indagine eseguiti e gli elementi acquisiti nell’ambito di altri procedimenti, poi confluiti nel presente procedimento, consentono di ritenere provata, in punto di fatto, l’esistenza di risalenti rapporti – diretti e indiretti – degli esponenti di Cosa nostra della provincia di Catania con Raffaele Lombardo e con Angelo Lombardo”. E nella lunga disamina partono proprio dalle dichiarazioni di Avola concludendo però che “non sono state positivamente riscontrate”. Da qui la richiesta di archiviazione poi respinta dal gip e le nuove indagini con l’interrogatorio di altri pentiti che, comunque, non avrebbe fornito elementi di riscontro. A seguire la procura valuta invece le affermazioni, meno datate rispetto a quelle di Avola, di un personaggio di primissimo piano nell’organigramma di Cosa Nostra catanese: Rosario Di Dio, indicato come referente per la zona di Ramacca. Personaggio che la procura ritiene estremamente credibile.

“Si è mangiato sette sigarette”
In particolare viene citato “il contenuto dell’intercettazione ambientale del 26.05.2009, ore 15.48.19, effettuata presso l’ufficio del distributore ‘Agip’ – sito sulla strada statale Catania–Gela, contrada ‘Cuticchi’, agro di Ramacca – gestito da Di Dio Rosario (‘Saro’), relativa ad una conversazione svoltasi tra Di Dio medesimo e tale Salvatore Antonio Politino (‘Salvo’), nel corso della quale il primo riferiva al Politino di essere stato contattato da un suo amico, tale Angelo, il quale lo informava che l’indomani sera sarebbe venuto a Palagonia ‘Bartolo Pellegrino, assessore all’Agricoltura alla Provincia’ – persona che esso Di Dio affermava peraltro di non conoscere e che ‘Angelo’ chiariva essere ‘uomo di Raffaele Lombardo’ – il quale desiderava incontrarlo (qui c’è un errore dei pm in quanto l’assessore alla provincia si chiama Orazio Pellegrino, ndr). Di Dio Rosario, intuendo che l’assessore Pellegrino intendeva incontrarlo per chiedergli un appoggio elettorale in favore di Lombardo Raffaele, riferiva al Politino di avere così risposto ad ‘Angelo’ : ‘Angelo, tu lo sai, è inutile che viene per cercare voti, perché voti non ce n’è per Raffaele… bello chiaro…, là lascia che io ero nel Mpa, voto a lui non gliene davo perché il comportamento che ha, è per me un uomo indefinibile… quello che ho fatto io quando lui è salito la prima volta lì, neanche se viene il Padreterno troverà più queste persone e siccome io ho rischiato la vita e la galera per lui e le cazzate che ha fatto lui non mi… vuol dire che tu sei immondizia… da me all’una e mezza di notte è venuto, ed è stato due ore e mezza, qua da me, dall’una e mezza alle quattro di mattina… si è mangiato sette sigarette’. Nel corso della medesima conversazione intercettata, Di Dio aggiungeva che Raffaele Lombardo gli aveva fatto pervenire, attraverso il suo ‘massaro’ (‘…tre settimane che mi manda il massaro’), ‘tre buste piene di fac-simile’, invitandolo a impegnarsi (a fare propaganda elettorale per lui) in occasione di una competizione elettorale. Allo scopo di porre fine a tali richieste, Di Dio riferiva al Politino di avere inviato a Raffaele Lombardo un biglietto nel quale, dopo aver ribadito la propria intenzione di non voler fare campagna elettorale per lui (‘Caro Raffaele, è inutile che mi mandi le buste…’), esortava l’uomo politico a retribuire il ‘massaro’ latore dei fac-simile (‘…pensa a dargli lo stipendio a questo povero sventurato, che ha due anni che non glielo dai…’), spiegando altresì al Politino che si trattava di una persona che, pur essendo da due anni alle dipendenze del Lombardo (‘…è da due anni che ci lavora là…e non prende lo stipendio…’), accettava di lavorare senza percepire retribuzione alcuna in quanto l’uomo politico gli aveva promesso che avrebbe trovato una sistemazione per il figlio (‘…gli deve sistemare il figlio…’), così come in precedenza aveva promesso di sistemare un altro figlio del ‘massaro’, che – secondo quanto affermato sempre dal Di Dio – Lombardo aveva fatto assumere per tre mesi all’aeroporto, per poi farlo licenziare (‘gli ha fatto assumere l’altro figlio per tre mesi all’aeroporto, e poi glielo ha fatto licenziare’), comportamento, questo, che veniva dal Politino icasticamente qualificato come abilmente profittatorio (‘…e lui fa così! Sei mesi… tre mesi… li tiene sotto scopa!’) e dal Di Dio vieppiù arricchito di ulteriori condotte profittatrici asseritamente poste in essere da Lombardo Raffaele e di espressioni di disistima assoluta nei confronti di quest’ultimo (‘Presidente della gran coppola di minchia! Che sei presidente? Non si nuddu ammiscatu cu nenti’)”.
Quindi la conclusione dei magistrati. “Sulla scorta dei dati appena indicati e delle considerazioni che precedono, deve ritenersi che l’incontro in esame non può che essere avvenuto alla vigilia della consultazione elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo tenutasi nei giorni 12 e 13 giugno 2004, in esito alla quale Lombardo Raffaele è stato riconfermato nella carica di europarlamentare per il partito dell’Udc. In conseguenza degli accordi presi durante l’incontro notturno, Di Dio ha dispiegato l’intervento richiestogli da Lombardo Raffaele, mettendosi al lavoro la mattina successiva come già in precedenza detto… Gli atti assunti non consentono di stabilire l’entità dell’apporto, in termini di voti, dato dal Di Dio Rosario all’elezione di Lombardo Raffaele. Tuttavia, appare verosimile ritenere che la richiesta dell’uomo politico sia stata preordinata non già, e non tanto, al conseguimento di uno sparuto numero di voti da ricercare tra i soggetti appartenenti alla ristretta cerchia familiare del Di Dio, bensì alla acquisizione di una messe di voti assai più ampia, in quanto Lombardo Raffaele sapeva che l’amico e ‘uomo d’onore’ al quale si stava rivolgendo era in grado di esplicare la propria influenza di capo-cosca in un’area territoriale assai ampia e presso soggetti ‘sensibili’ e dunque pronti ad osservare le sue indicazioni di voto. Lombardo Raffaele, infatti, risulta essere da tempo in rapporti di amicizia e di reciproci interessi con Di Dio Rosario, come si desume chiaramente dalle affermazioni dello Astuti in precedenza riportate. La circostanza che l’incontro si sia svolto dall’una e mezza alle quattro di notte, dunque, può spiegarsi soltanto con la consapevolezza che i fratelli Lombardo avevano di recarsi a casa di un mafioso, amico sì, ma pur sempre mafioso. Essi hanno scelto di incontrare Di Dio nel cuore della notte per non correre il rischio di essere visti nell’atto di entrare a casa di un personaggio di indiscussa e notoria caratura mafiosa, e nel corso di quell’incontro Lombardo Raffaele, a quel tempo europarlamentare uscente e presidente in carica della Provincia Regionale di Catania, ha chiesto ed ottenuto l’appoggio elettorale del mafioso Di Dio Rosario, ‘uomo d’onore’ e referente per l’area di Palagonia della famiglia catanese di Cosa nostra”.

Giovanni Barbagallo, l’uomo di cerniera
Ma l’uomo chiave di tutta l’inchiesta è Giovanni Barbagallo, un insospettabile geologo che nel tempo sarebbe diventato l’uomo di cerniera tra Cosa nostra e i fratelli Raffaele ed Angelo Lombardo. Secondo i pm era da un lato in costante contatto con Vincenzo Aiello, attualmente reggente della famiglia catanese di Cosa Nostra che fa capo al boss Nitto Santapaola, e dall’altro col governatore e soprattutto il fratello Angelo e l’ex assessore regionale Rosanna Interlandi. Scrivono i pm: “Il collaudato e solido rapporto esistente tra Barbagallo Giovanni e Lombardo Raffaele è dimostrato, tra l’altro, anche dall’appoggio che quest’ultimo sollecitava al primo per la candidatura di Rosanna Interlandi così come è dimostrato dalla conversazione intercettata il 28.04.2007 – intercorsa tra Barbagallo Giovanni e tale Salvatore (‘Turi’) Cavaleri collaboratore dell’assessore regionale Rosanna Interlandi: il Cavaleri, infatti, ad un certo punto passava il telefono alla Interlandi, alla quale Barbagallo riferiva di essersi incontrato due giorni prima con ‘Raffaele’ (Lombardo), il quale gli aveva chiesto di appoggiare la Interlandi, candidata alla carica di sindaco per il partito Mpa nelle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Niscemi. Nel corso del colloquio, Barbagallo riferiva alla donna di avere assicurato al Lombardo che si sarebbe adoperato in tal senso”. E ancora: “La perfetta coerenza ed efficienza del sistema oggetto di indagine si mostrava in tutta evidenza sia allorché la Interlandi indirizzava a Barbagallo i dirigenti della Safab che intendevano trovare una paternità politica e mafiosa, sia allorché Barbagallo individuava la Interlandi – unitamente ad Angelo Lombardo – come idonea messaggera di indicazioni e richieste da indirizzare all’ormai prudentissimo Raffaele Lombardo”. I magistrati mettono assieme diverse intercettazioni sempre a carico di Barbagallo che dimostrerebbero la mobilitazione delle cosche anche in occasione delle elezioni a Mirabella Imbaccari in cui si fronteggiarono due diversi gruppi della criminalità organizzata. In una “conversazione del 9.06.2007 tra Barbagallo e Aiello, si aveva modo di apprendere che, proprio in occasione della elezione del sindaco di Mirabella Imbaccari, si erano fronteggiate due fazioni della medesima organizzazione criminale: una guidata da Aiello e da Barbagallo, che si era prodigata, seppur in ritardo, per fare eleggere Filippo Rasà; l’altra, rappresentata da Salvatore (‘Turi’) Seminara e da Pino Rindone, che aveva sostenuto, invece, il candidato Enzo Marchingiglio, esponente locale di An, di poi risultato eletto. Aiello, infatti, attribuiva la mancata elezione del Rasà anche al fatto che altri componenti della stessa organizzazione criminale da lui guidata (‘amici nostri’), pur avendo dichiarato di sostenere il Rasà (‘gli hanno detto di sì a lui personalmente’), avevano in realtà appoggiato il suo diretto avversario (‘…e poi gli hanno fatto la campagna al contrario’), e aggiungeva che a sostenere il Marchingiglio erano stati Giuseppe Rindone (‘Pino Rindone’) e Salvatore (‘Turi’) Seminara (‘…quello… il vecchio… quello.. Seminara… portava all’altro…’)”.
Durissimo il commento dei magistrati. “La conversazione appena esaminata oltre a ribadire il significativo rapporto esistente tra Lombardo Raffaele e (soggetti di sicura caratura criminale come lo) Aiello e Barbagallo – rapporto non occasionale né marginale ma cospicuo, diretto e continuativo, almeno con Barbagallo, ed anche attraverso Lombardo Angelo, e comunque anche con Aiello almeno per il tramite di Barbagallo – grazie al quale l’uomo politico poteva avvalersi del costante e consistente appoggio elettorale della criminalità organizzata di stampo mafioso a lui vicina, costituisce, al tempo stesso, uno spaccato della desolante permeabilità di certe comunità locali al potere di assoggettamento che le associazioni mafiose radicate in quei territori esercitano in ogni direzione ritenuta di interesse. Le intercettazioni in atti dimostrano, infatti, in modo inoppugnabile, che l’organizzazione criminale in esame ha pesantemente condizionato non soltanto il libero dispiegarsi nel territorio delle attività economiche, ma anche l’esercizio dei diritti politici e, primo tra tutti, quello della libertà di voto, che costituisce l’essenza stessa della democrazia parlamentare rappresentativa – indirizzando i risultati (in termini elettorali) di tale condizionamento verso l’uomo politico di volta in volta individuato. Barbagallo ha continuato ad adoperarsi attivamente per supportare con impegno e dedizione assoluti i candidati indicati da Raffaele Lombardo – tutti appartenenti alla formazione politica da quest’ultimo fondata e guidata – sui quali ha riversato di volta in volta i voti rastrellati, unitamente a Aiello e ad altri componenti della medesima organizzazione criminale, nei vari Comuni impegnati nelle elezioni per il rinnovo delle amministrazioni locali”. Alle vicende della Safab e di Barbagallo e alla posizione di Rossana Interlandi sono dedicati altri due articoli in questo numero.

A braccetto con Basilotta
Altra frequentazione equivoca per il governatore sarebbe quella con l’imprenditore di Castel di Judica Vincenzo Basilotta, arrestato nell’ambito dell’operazione “Dionisio” è già condannato in primo grado a tre anni. Scrivono i pm: “Basilotta Vincenzo aveva instaurato solidi rapporti con la politica e segnatamente con l’Mpa di Raffaele Lombardo; il genero del Basilotta aveva condotto in modo incisivo campagna elettorale in favore di Oliva Vincenzo, poi eletto senatore della Repubblica nella lista del Mpa, e si accreditava sulla ‘piazza’ di Castel di Judica come interlocutore privilegiato di Raffaele Lombardo, grazie anche al rapporto di grande familiarità che il suocero, appunto Basilotta Vincenzo, aveva con Lombardo Raffaele. Ma tale situazione non piaceva affatto a Barbagallo, il quale, invece, rivendicava per sé il ruolo di referente di Lombardo a Castel di Judica”. E viene ricostruito un episodio particolarmente eloquente. “Proprio Barbagallo il 1° giugno 2008, di ritorno da Castel di Judica, dove aveva partecipato ad un incontro cui prendeva parte l’onorevole Raffaele Lombardo, nella nuova veste di presidente della giunta regionale siciliana, informava Aiello dell’esito dell’incontro avuto con Basilotta Vincenzo poche ore prima a Castel di Judica. Barbagallo riferiva di avere comunicato all’imprenditore che Aiello intendeva incontrarlo, ma che tale richiesta non era stata accolta, in quanto Basilotta sosteneva di non essere nelle condizioni migliori per incontrare l’Aiello, e alla domanda del Barbagallo mirante a sapere se tale rifiuto era dovuto al fatto di essere ancora ‘sotto indagine’ (‘gli ho detto: ma… ma che sei sotto ancora?’) Basilotta aveva riposto affermativamente (‘Dice: ancora… sì!’). Barbagallo chiudeva il suo racconto informando Aiello che Basilotta ‘era con il vestito, a braccetto di Raffaele’”. Fotografando quello che i pm defininiscono “un connubio assolutamente inusuale, quanto biasimevole, tra l’uomo istituzionalmente più rappresentativo della Sicilia ed il facoltoso – ma penalmente censurato – imprenditore edile vestito a festa, l’uno e l’altro spinti da ragioni diverse a sfilare in pubblico, ma uniti dal comune intento di far conoscere, a chi non ne fosse ancora a conoscenza, il rapporto di affettuosa amicizia tra loro esistente”.

Il festino con i mafiosi
E poi c’è la storia della “mangiata” per festeggiare la doppia elezione di Angelo Lombardo alla Camera dei Deputati e alla Regione. “Il 29 aprile 2008 Lombardo Angelo veniva proclamato deputato al Parlamento nazionale avendo optato per tale ufficio anziché per quello di deputato alla Regione siciliana”. Una settimana dopo i carabinieri dei Ros documentano le fasi organizzative e poi quel che avviene nella casa di campagna di Barbagallo in contrada Margherito a Ramacca. Una festicciola in onore di Angelo Lombardo alla quale partecipano colletti bianchi e mafiosi. Ecco quel che scrivono nel loro rapporto i carabinieri del Ros. “Il servizio di video sorveglianza consentiva di appurare alle 12,20 all’ingresso della casa di campagna del Barbagallo – che alle ore 12,34, precedute dall’auto del Barbagallo medesimo che fungeva da battistrada, giungevano tre autovetture, la prima delle quali era una Audi Q7 di color grigio metallizzato, targata DB322DH, risultata intestata a ‘Mpa-Presidente pro-tempore Di Mauro Giovanni’, e, a far tempo dal 27/05/2008, a ‘Lombardo Angelo, nato a Grammichele il 27/06/1960, residente in Catania’ che veniva fotografata in uscita alle successive ore 16,20”. A quel banchetto a base di quaglie e vino rosè partecipano tra gli altri anche Alfio Stiro, “personaggio in passato condannato per aver fatto parte della famiglia catanese di Cosa nostra, e di recente indicato dal collaboratore di giustizia Barbagallo Ignazio, come soggetto appartenente al clan Santapaola, inserito fino a poco tempo prima dell’ottobre 2009 nel gruppo di Piero Puglisi”. Pesantissimo il commento dei pm: “Malgrado non sia stato possibile, nella attuale fase delle investigazioni, acquisire ulteriori elementi relativi alla identificazione di tutti i soggetti che hanno preso parte all’incontro conviviale in esame, può ragionevolmente concludersi che il 4 maggio 2008 si è tenuta a casa del Barbagallo una riunione che certo non può essere paragonata a quella, ormai celebre, svoltasi ad Appalachin con la partecipazione del gotha della mafia nordamericana del tempo, ma che appare ugualmente significativa della compenetrazione tra esponenti del crimine organizzato, amministratori della cosa pubblica, politici e imprenditori”.

Il pizzo per la campagna elettorale
Ma stando alle conversazioni degli uomini del clan Santapaola la mafia si sarebbe mobilitata in favore del governatore anche dirottando i proventi delle estorsioni per pagare alcune spese elettorali di Raffaele Lombardo. In buona sostanza ad una impresa impegnata nei lavori del centro commerciale di Pigno, oggi noto come “Le Porte di Catania”, sarebbe stato chiesto di girare i soldi della “messa a posto” con la mafia per pagare spese elettorali del governatore. Questo il contenuto di una conversazioni tra Barbagallo e il boss Vincenzo Aiello. “Non solo… non vi scuddati, ci resi i soddi nostri! Del Pigno… ci resi a iddu ppa campagna elettorale… parole incomprensibili… i soddi ca l’impresa…”. In lingua italiana: “Non solo… non scordatevelo, gli ho dato i soldi nostri! (quelli) del Pigno… glieli ho dati a lui per la campagna elettorale… parole incomprensibili… i soldi che l’impresa…”.
Spiegano i pm: “Il significato di questa frase è assolutamente inequivocabile. Aiello, infatti, invita Barbagallo a non dimenticare che egli aveva dato al Lombardo Raffaele i soldi dell’organizzazione (‘soldi nostri’), per finanziare la sua campagna elettorale, vale a dire i soldi versati all’organizzazione criminale ‘Santapaola’ dalla impresa che aveva in corso la realizzazione di una opera nel quartiere ‘Pigno’ di Catania! Ed è parimenti significativa la circostanza che Aiello rammenti a Barbagallo tale vicenda allo scopo di evidenziare che l’associazione mafiosa da lui guidata disponeva di argomenti tali da indurre in qualunque momento Lombardo Raffaele ad intervenire per assicurare la buona riuscita degli affari e dei progetti coltivati da quella organizzazione criminale che aveva supportato, anche economicamente, la sua elezione. Si tratta, a ben vedere, di una tra le più gravi – se non addirittura la più grave in assoluto – acquisizioni investigative scaturite dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali effettuate nel presente procedimento. Essa descrive – senza lasciare spazio alcuno a possibili dubbi semantici o inesistenti difficoltà interpretative – il dato nudo e crudo della avvenuta consegna a Lombardo Raffaele di una somma di denaro destinata al finanziamento della sua campagna elettorale. E chiarisce, al tempo stesso, che tale finanziamento è stato disposto dal rappresentante provinciale (dunque dal capo) della più forte e ramificata organizzazione mafiosa operante nella provincia di Catania, in favore di un uomo politico al tempo impegnato in campagna elettorale”.

“Lombardo è un pezzo di merda”
I pm fotografano anche l’atteggiamento delle cosche dopo l’elezione di Raffaele Lombardo alla presidenza della Regione. Momento in cui si consuma quello che viene considerato un tradimento. “All’indomani di tale risultato, frutto di un vasto consenso che sanciva il successo personale dell’uomo politico e, al tempo stesso, della coalizione che lo sosteneva, Lombardo Raffaele chiudeva – o almeno cosi appariva all’esterno – la linea di dialogo formale fino ad allora esistente con Barbagallo e, per il tramite di costui, con l’organizzazione mafiosa guidata da Aiello Vincenzo”. E lo si capisce dai giudizi che esprimono il reggente della mafia catanese e l’uomo di cerniera. Il 20 aprile 2008 Giovanni Barbagallo (BG), Carmelo Finocchiaro (FC), Antonino Sorbera (SA) parlano, intercettati, alla presenza di Enzo Aiello.
BG: Con Raffaele ora non si può parlare più… Enzo…
SA: Intantu acchianau! (in lingua italiana ‘intanto è stato eletto!’). Questo più pezzo di merda di Berlusconi…
BG: Non si ci può parlare! Con Angelo macari e macari… (in italiano: ‘Con Angelo ancora ancora’, nel senso che con Angelo c’è la possibilità di parlare)… ma con Raffaele…
FC: Intanto siede al tavolo di Berlusconi, l’altro giorno…
SA: L’Mpa…
SA: Ma li ha voluti… i voti li ha voluti… Giovanni… e qualche cosa anche… a livello…
BG: Noooo…
SA: Non è che stiamo domandando cose…
BG: Con Angelo si può parlare…
SA: Li deve ringraziare questi che gli hanno dato i voti, prende e ci vanno….
BG: Quello che non si ci può…non si ci può parlare più sai chi è? Raffaele! Ormai a quello non si ci può parlare più!
SA: Ma quando cercava i voti però, si metteva…

Dopo l’elezione a governatore le cosche cercano comunque di mantenere saldo il rapporto con Angelo Lombardo che resta più avvicinabile rispetto al fratello. Ma, osservano i magistrati, “in buona sostanza, dopo l’elezione di Raffaele Lombardo i rapporti in essere con Barbagallo e con l’organizzazione criminale guidata da Aiello – nella quale, peraltro, militava Barbagallo medesimo – continuavano a far capo ancora a Lombardo Raffaele, per il tramite operativo del fratello Angelo, protagonista di una irresistibile ascesa politica che ne aveva determinato contemporaneamente l’elezione al parlamento della Regione siciliana e al Parlamento della Repubblica in entrambi i casi nella lista del Mpa, ossia della formazione politica fondata e guidata dal fratello Raffaele. Lombardo Angelo, infatti, si incaricava di trattare personalmente gli ‘affari’ di nuovo conio, e svolgeva tale compito anche in relazione a problematiche che in nessun caso avrebbero potuto essere risolte senza il decisivo intervento del fratello Raffaele. Il ruolo del Lombardo Angelo era, dunque, simile a quello di un ‘institore’ (‘chi è preposto con procura all’esercizio di un’impresa commerciale dal titolare della stessa’), incaricato della gestione di affari che interessavano in vario modo il gruppo criminale guidato da Aiello e che chiamavano in causa e postulavano l’esercizio dei poteri decisionali spettanti al fratello Raffaele. E tale attività svolgeva Lombardo Angelo senza giovarsi per nulla della carica di parlamentare nazionale e neppure di consigliere regionale – peraltro rivestita per un brevissimo periodo – ma unicamente nella veste di ‘fratello del Presidente’. A parte l’evidenza dei rapporti diretti di questi personaggi – segnatamente di Barbagallo e, per suo tramite, di Aiello e degli altri – con Lombardo Raffaele, va detto che Lombardo Angelo non ha nessuna rilevanza e caratura autonoma, cioè a prescindere dal fratello. E non appare in alcun modo che sia Angelo a gestire i rapporti e rivolgersi al fratello, ma, appunto, piuttosto, a (man)tenere i rapporti in nome e per conto del fratello. Conclusivamente può dirsi che, a partire dalla elezione di Lombardo Raffaele alla presidenza della giunta regionale, il terminale o, se si vuole, il referente politico della organizzazione criminale ‘Santapaola’ diviene formalmente Lombardo Angelo”. E i pm lo chiariscono ricordando la vicenda della Safab. “La vicenda che rivela in modo più diretto e tangibile il nuovo ruolo assunto da Lombardo Angelo nel contesto politico-criminale in esame scaturisce dalle intercettazioni telefoniche e ambientali relative all’attività imprenditoriale della Safab SpA, una società romana interessata alla realizzazione di numerosi e importanti appalti in Sicilia. Nel corso della intercettazione ambientale del 25.05.2008 in località Margherito, Barbagallo Giovanni, dopo aver ribadito ad Aiello che Raffaele Lombardo era ormai inavvicinabile ma che lui poteva comunque parlare con suo fratello Angelo, raccontava che Rossana Interlandi – fino a qualche tempo prima assessore regionale al Territorio e Ambiente della Regione Siciliana – non era riuscita a risolvere le difficoltà che una grossa impresa romana, la Safab, aveva incontrato con il Genio civile di Catania e con l’assessorato al Territorio per la realizzazione di un ‘villaggio per gli americani sul territorio di Paternò’, sicchè aveva comunicato all’’amministratore’ di questa società che l’unica persona che poteva ‘risolvere questa storia… una persona che è vicina a Raffaele’, era Giovanni Barbagallo“.

I magistrati per “pararsi il culo”
E i mafiosi catanesi commentano anche la scelta di Lombardo di nominare due magistrati assessori regionali. E nel riportare queste dichiarazioni, i pm partono con un commento tranciante. “Le acquisizioni investigative operate nel corso della presente indagine dimostrano che la decisione del assessori regionali Raffaele era, in effetti, frutto di una strategia che mirava a disegnare la figura del nuovo Presidente della Regione come di un politico che non solo non intratteneva rapporti (di contiguità) con ambienti del malaffare politico-mafioso (come pure accaduto, in passato, a personaggi di rilievo della vita politica siciliana) ma che, anzi, combatteva con forza il tentacolare mondo del crimine organizzato fino al punto da inserire nella giunta regionale, per la prima volta nella storia del Parlamento siciliano, due magistrati – Massimo Russo e Giovanni Ilarda, entrambi sostituti procuratori in servizio presso la Procura della Repubblica di Palermo e componenti della locale Direzione Distrettuale Antimafia – e da affidare loro incarichi di assoluto rilievo, tali essendo l’assessorato alla Sanità e l’assessorato alla Presidenza, allo scopo di asseverare, con tale decisione, la scelta programmatica di contrastare il malaffare di qualunque natura ed in qualunque modo operante negli organismi politico-amministrativi della Sicilia e, al contempo, di presentarsi all’opinione pubblica come soggetto politico che, godendo della fiducia di due autorevoli e noti magistrati siciliani i quali avevano accettato di far parte della sua giunta di governo, non era per ciò stesso sospettabile di contiguità alcuna con soggetti o settori del crimine organizzato… Tale decisione era, ovviamente, fortemente criticata da Aiello, il quale si chiedeva con espressione assai colorita come mai Lombardo Raffaele si era determinato ad operare un inserimento in giunta di due magistrati della Dda (“Ma che spacchio gli ha messo a due della Dda nella giunta regionale?”). Si trattava di una decisione che, ad avviso dell’Aiello, era inopportuna, se non addirittura pericolosa, e di ciò aveva avuto immediata conferma quando i due magistrati neo-assessori, qualche giorno dopo la nomina, secondo quanto appreso dall’Aiello, avevano fatto arrestare o comunque denunciato il ‘braccio destro’ di Lombardo ( “…e già gli hanno fatto…gli hanno fatto arrestare a uno, il suo braccio destro, l’hanno denunciato…”). A fronte di tali stizziti rilievi, Barbagallo spiegava all’amico capomafia che Lombardo Raffaele aveva inserito quei due magistrati per avere la copertura della magistratura, quantomeno a livello di immagine (‘sta cercando di fare le coperture’) e che non poteva fare diversamente, perché seguiva in tutto e per tutto i suggerimenti di Antonio Fiumefreddo, avvocato penalista catanese nominato da Lombardo alla Presidenza del Teatro Massimo ‘Bellini’ di Catania (‘Sotto ricatto siamo, l’hai capito? Si è messo nelle mani di quel pezzo di merda di Antonio Fiumefreddo…’). La conferma che – ad avviso di Aiello Vincenzo – quella perseguita da Lombardo Raffaele con la nomina di due magistrati era una scelta di facciata che non gli sarebbe stata di alcun giovamento, si trae dal contenuto di due ulteriori intercettazioni ambientali del primo giugno 2008. Nella prima, lo stesso Aiello – dialogando con Tomasello Giuseppe e Oliva Pasquale – dissertava sulla inaffidabilità di soggetti da lui conosciuti come tale Alampo, che hanno un armadio pieno di scheletri (‘E quando hanno troppi scheletri… non sono affidabili’) e, per ribadire ulteriormente questo concetto, affermava testualmente: ‘Non è l’ultima quella di Raffaele Lombardo… che nella giunta di governo gli ha messo due della Dda di Palermo… al governo regionale, per pararsi il culo…’. Aiello ritornava ancora su tale argomento nel corso della conversazione ambientale intercettata in località ‘Margherito’, allorchè, conversando con Oliva Pasquale e Bergamo Antonino – tutti in attesa dell’arrivo di Barbagallo Giovanni, il quale da altra coeva intercettazione si apprendeva essere andato ad un appuntamento proprio con Raffaele Lombardo – ad un tratto esclamava, riferendosi proprio al Lombardo Raffaele: ‘Questo è un cornuto che non ce n’è! Minchia, come gli ha messo due della Dda nella giunta regionale?! E la prima cosa già gli ha fatto l’avviso di garanzia al suo… come si chiama… lì… Raffaele con Occhipinti…’, e spiegava che la magistratura era intervenuta nei confronti di detto Occhipinti perché Lombardo Raffaele gli aveva ‘assegnato una cosa ad una ditta riconducibile a lui, un milione e mezzo di euro…’, per poi concludere lapidariamente con un proverbio siciliano che, a suo avviso, si adattava perfettamente alla scelta operata da Raffaele Lombardo: ‘Si ti savvi a vipera ‘nta sacchetta, prima o dopu ti muzzica!’ (in lingua italiana: ‘Se ti conservi la vipera nella tasca, prima o poi ti morde!’) Ancora è da due giorni che lui li ha fatti e già gli hanno fatto il primo avviso di garanzia…”.

I due Raffaele
Nelle carte è confluito anche uno stralcio inviato dalla procura di Caltanissetta di un’altra indagine a carico del capomafia di Enna, l’avvocato Raffaele Bevilacqua, e relativo alle diatribe politiche sorte in occasione di una competizione elettorale del 2003. “Si tratta in particolare degli esiti delle (operazioni di) intercettazioni telefoniche e ambientali delle conversazioni tra Bevilacqua Raffaele, Mazzone, Bonfirraro, Milano, tutti ritenuti appartenere alla medesima associazione criminale di tipo mafioso guidata dal Bevilacqua, e alcuni esponenti politici siciliani, tra i quali appunto Lombardo Raffaele… Si tratta complessivamente di n. 10 telefonate – effettuate nel periodo compreso tra il 24/04/2003 e il 20/05/2003 – alle quali vanno aggiunte alcune annotazioni contenute nell’agenda sequestrata a Bevilacqua Raffaele, le une e le altre riguardanti Lombardo Raffaele”. In uno di questi colloqui intercettati “Lombardo Raffaele con toni aspri e talora sprezzanti contestava al Bonfirraro di non avere rispettato l’impegno assunto di far votare il candidato Bonincontro (‘ti eri impegnato con me di votare Bonincontro’) e di avere fatto, invece, la campagna elettorale a favore dell’avvocato Palermo; il Bonfirraro accampava delle scuse, attribuendo quanto accaduto a non meglio precisati interventi di altri soggetti, ma Lombardo tornava ad incalzarlo : ‘Ma che cazzo ti hanno fatto e fatto, ti hanno chiesto di votare Palermo e stai votando Palermo…’. Il Bonfirraro continuava a giustificarsi senza peraltro riuscire a convincere Raffaele Lombardo, il quale, ad un certo punto, provava a formulare una possibile spiegazione di quanto accaduto: ‘Diciamo che Raffaelluccio, Raffaelluccio si è schierato con Palermo su input di Silviuccio Cuffaro e quindi tu stai eseguendo questa cosa’. E poiché il Bonfirraro continuava a respingere le contestazioni mossegli, Raffaele Lombardo confermava appieno gli apprezzamenti negativi espressi sul conto del suo interlocutore, aggiungendo che avrebbe potuto financo comprendere e giustificare la sua decisione di non votare Bonincontro, ma giammai il fatto di essersi schierato con il Palermo e di avere in tal modo disorientato i pochi ‘amici’ che egli aveva in quel collegio elettorale (‘non volevi votare Bonincontro e lo posso capire… ma no che vai a finire con Palermo per sfasciarmi quei quattro amici che ho, gioia mia, non è possibile questo’)”. Chiosano i pm: “A prescindere dalla fondatezza o meno dell’interpretazione data dal Lombardo al voltafaccia di Bonfirraro, che sia stato o meno il risultato di una strategia ordita da Bevilacqua Raffaele (“Raffaelluccio”) e da Salvatore Cuffaro, va osservato che l’intercettazione in esame – in uno alle risultanze tutte in precedenza esaminate – consente di delineare un desolante quadro d’insieme nel quale peculiare rilievo assumono i rapporti che Lombardo Raffaele ha intrattenuto con soggetto, come il Bevilacqua, inserito nel gotha della mafia nissena; ancor più, ove si consideri che nell’arco temporale in cui le intercettazioni in esame sono state effettuate, vale a dire nella primavera dell’anno 2003, l’appartenenza a pieno titolo del Bevilacqua alla mafia nissena era ormai divenuta di dominio pubblico e tale evenienza Raffaele Lombardo non poteva in ogni caso permettersi di ignorare, ed effettivamente non ignorava. Depone in tal senso la circostanza che gli incontri con il Bevilacqua – quello avvenuto il 28 aprile e quello (disdetto) del 2 maggio – erano fissati di buon mattino, a dimostrazione della estrema prudenza che caratterizza l’operato del Lombardo tutte le volte in cui sa di incontrare soggetti ‘impresentabili’, come si è già visto a proposito dell’incontro – quella volta avvenuto, invece, in piena notte – con Di Dio Rosario. La consapevolezza del Lombardo Raffaele di intrattenere rapporti con un soggetto, come il Bevilacqua, ormai divenuto impresentabile, sembra, peraltro, ulteriormente confermata dalla telefonata tra il Bonfirraro ed il Bevilacqua intercettata il 17 maggio 2003, nel corso della quale Lombardo si rifiuta di parlare al telefono con il Bevilacqua se non per il tramite del Bonfirraro”.

Il pestaggio di Angelo Lombardo
I magistrati ricostruiscono poi la vicenda del violento pestaggio subito da Angelo Lombardo probabilmente per delle promesse non mantenute dal parlamentare o dal fratello governatore. Una vicenda emblematica perché Angelo Lombardo non ha mai denunciato quel pestaggio e quando la storia finì sui giornali smentì categoricamente di aver subito aggressioni. L’episodio è stato invece confermato da alcuni pentiti e riscontrato dai magistrati secondo i quali Angelo Lombardo avrebbe cercato anche di recente di occultare le prove. Ecco cosa scrivono. “Il dato veramente singolare di tale vicenda è rappresentato dall’esito sorprendente delle prime verifiche effettuate dal Ros, le quali hanno permesso di appurare che Angelo Lombardo nel periodo indicato dallo Sturiale (uno dei pentiti che ha raccontato la storia risalente al 2008 ndr) è stato effettivamente ricoverato presso il reparto di terapia intensiva respiratoria dell’ospedale ‘Cannizzaro’ di Catania per tre giorni (dal 26/05/08 al 28/05/08). Inoltre si è accertato che, in occasione di precedente suo ricovero avvenuto il 23/02/2007 presso il medesimo nosocomio è stata formulata diagnosi di ingresso di ‘sospetta Osas in paziente iperteso’ e diagnosi di dimissione di ‘insufficienza respiratoria, Osas di grado severo e ipertensione arteriosa’ con prescrizione di terapia farmacologica congruente, mentre in occasione del ricovero del 26/05/2008, pur essendo stata formulata diagnosi di ingresso di ‘crisi ipertensiva in Bpco riacutizzata’ e diagnosi di dimissione di ‘ipertensione arteriosa in Bpco riacutizzata’, oltre agli accertamenti di routine è stato prescritto un accertamento (esame radiografico alla spalla destra) che non ha alcuna attinenza con la patologia ipertensiva di cui egli risulta affetto e che è stata prescritta verosimilmente allo scopo di accertare radiologicamente le eventuali conseguenze della bastonatura ricevuta”. Non solo: “Ulteriore indizio della gestione domestica della vicenda sembra doversi ravvisare nella assenza di qualsivoglia traccia del suddetto esame tra gli atti in copia acquisiti presso il predetto nosocomio. Inoltre l’esame delle cartelle cliniche consente di rilevare che entrambi i ricoveri del Lombardo sono stati curati dal medesimo sanitario responsabile della U. O. di Terapia Intensiva Respiratoria, ma mentre quello del 23/02/2007 risulta effettuato in regime ordinario, quello del 26/05/2008 è stato effettuato in regime cosiddetto ‘intra moenia’ che assicura al paziente condizioni di maggiore riservatezza, sicuramente più confacenti alla decisione del Lombardo di non denunciare l’aggressione subìta e di conferire a quella bastonatura un tasso di visibilità il più basso possibile. Ulteriore singolarità della vicenda in esame va certamente ravvisata in ciò, che Lombardo Angelo risulta avere sottoscritto la richiesta di rilascio di copia delle cartelle cliniche relative ai suoi ricoveri in data 2/04/2010, vale a dire dopo soli tre giorni (domenica compresa) dalla pubblicazione su un quotidiano a diffusione nazionale di indiscrezioni relative alla esistenza presso questa Procura della Repubblica di procedimento penale nei suoi confronti (e del fratello Raffaele e di altri personaggi politici) per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa”.

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