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LiveSicilia.it / Cronaca / Concetta e la “zia Tina” Donne d’onore alle falde dell’Etna

Concetta e la “zia Tina”
Donne d’onore alle falde dell’Etna

Concetta Scalisi e Agata Balsamo

Con i boss in carcere cambiano i vertici delle cosche mafiose.

Storie di mafia
di Laura Distefano e Roberta Fuschi
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CATANIA – “Tutta d’un pezzo, che non parla mai, che non vuole sapere, che si realizza assecondando il marito mafioso in silenzio”. Così alla fine degli anni ’80 Tommaso Buscetta descriveva la perfetta donna di mafia: madre e moglie dedita all’obbedienza del padre o del marito. Passa il tempo e qualcosa cambia. La via dell’”emancipazione” colpisce la gerarchia della “cupola” che determina un’inversione di rotta: meno affiliazioni esterne all’interno delle cosche e la promozione di figure di “fiducia”.

Negli anni novanta i boss entrano nelle carceri, come nella prima metà del novecento gli uomini vanno in trincea, e le loro donne diventano quello che i magistrati definiscono “le cerniere con l’esterno”. La “matrona” all’inizio, infatti, si limita a fare da tramite tra il marito e il clan, da corriere o da prestanome, ruoli temporanei legati alla reclusione dei capi. Poi qualcosa cambia. La cronaca recente con l’operazione “Prato verde” ci regala una figura di donna al vertice del clan: Agata “Tina” Balsamo. Con il marito, il boss Orazio Privitera, detenuto al 41 bis, è lei che avrebbe assunto il comando della famiglia che spadroneggia nella Piana di Catania. Non si tratta di una semplice factotum che fa le veci del marito detenuto, ma di una vera e propria “donna d’onore”, che – secondo gli investigatori – impartisce ordini ai “picciotti” e tiene in mano le redini della cosca.

Dai nastri delle intercettazioni, che la riguardano, emergono particolari che danno riscontri importanti sul presunto ruolo di primo piano di “Tina”. La Balsamo prenderebbe le decisioni in totale autonomia e ipotizza anche scenari di vendette cruente. “Me la sbrigo io” dice, ignara di essere intercettata dalla Dia, proponendosi di farsi carico personalmente delle spese legali, “cominciamo a sterminare” commenta quando il cugino del marito, Giacomo Cosenza sceglie di collaborare con la giustizia. “Zia Tina” è una donna temuta e rispettata che si sarebbe ritagliata uno spazio decisionale autonomo: insomma, una figura di spicco.

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Per la Procura non ci sono dubbi: ci sarebbe lei al centro dei numerosi affari dei Privitera.  La “raccolta dei soldi delle estorsioni legate alla guardianie”, la gestione dei fondi agricoli e a lei spetta anche “dirimere alcune controversie legate al controllo delle attività illecite”. Antico e moderno, per così dire, si fondono: una donna al “comando” di un esempio classico di mafia rurale. E attorno a Tina gravitano soldi, missioni e affari. Il suo giudizio non può mai essere messo in discussione.  “La vera forza del Privitera – dichiara un collaboratore di giustizia –  è stata sempre la moglie Tina e la famiglia”. Il magistrato Pasquale Pacifico la definisce la donna di mafia “più importante dell’ultimo ventennio”.

Alla fine degli anni ’90 Catania ha avuto un’altra “godmother” (madrina), per usare un’espressione coniata oltre oltreoceano dall’ABC: Concetta Scalisi. Anche lei della provincia etnea e reggente della cosca di Adrano, ruolo “affidatole”  non per “meriti” ma frutto dei canali patriarcali che storicamente contraddistinguono le donne di mafia: non il matrimonio come è stato per Agata Balsamo bensì per parentela diretta. Concetta Scalisi è la figlia del boss Antonino, ucciso da un clan rivale nel 1982. Alla sua morte il figlio Salvatore prende le redini della famiglia. Ruolo che spetterà qualche anno dopo a Concetta che subentra al fratello morto e ai nipoti in carcere. E’ a questo punto che Concetta diventa la madrina più famosa di Adrano. La donna “eredita” la gestione di varie attività criminali, dallo spaccio alle estorsioni. Accusata di triplice omicidio, al momento del suo arresto la donna si ferisce le mani e l’addome con alcuni pezzi di vetro nella speranza di venire ricoverata in ospedale anziché nel carcere di massima sicurezza di Catania. Un’immagine che rende a pieno la fredda lucidità e la fermezza della donna d’onore che non si arrende alla sconfitta, come testimonia la lunga latitanza e i numerosi tentativi di arresto, andati a vuoto, dalle forze dell’ordine.

“Aveva autorevolezza, capacità decisionale e carisma”. Questo quanto si legge nell’ordinanza “Prato Verde”, un profilo criminale quello di Tina Balsamo che calza quasi a pennello a Concetta Scalisi. La donna di mafia, che forse rappresenta a Catania, quell’emancipazione “forzata” dagli arresti degli anni ’90, dopo la fase stragista. I boss in carcere e le donne ai vertici della Cupola. Prima come semplici bocche dei detenuti, oggi invece, vere “capimafia”.

Il blitz Prato Verde

Una donna a capo del Clan

Ecco chi pagava i viaggi di Tina per i colloqui in carcere 

(fonte della foto della Scalisi http://lifestyle.ie.msn.com/him/the-worlds-most-fearsome-female-gangsters-22?page=7)

Tags: carateddi · mafia · orazio privitera · prato verde

Pubblicato il 1 Marzo 2014, 06:01
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