App-assionatamente... | Ma attenti a Woody Allen - Live Sicilia

App-assionatamente… | Ma attenti a Woody Allen

Ecco il nuovo mondo che avanza, conquista e cerca il successo. Certo, poi, c'è la legge di Woody...

Quando, nel 2008, aprì l’AppStore di Apple, ogni iniziativa di marketing, anche a basso costo, finiva con il premiare lo sviluppatore. Oggi la situazione è radicalmente mutata. Gli operatori del settore, principalmente giovanissimi, sanno che quotidianamente viene pubblicato un gran numero di applicazioni sui diversi store, e pertanto, dopo aver sviluppato una buona idea, occorre pubblicizzarla, altrimenti si rischia che divenga rapidamente obsoleta. Il mercato delle apps si può sommariamente dividere in tre grandi categorie: anzitutto quella dei giochi, alla quale appartengono enormi successi commerciali come Candy Crush Saga, ma anche i flop di migliaia di giochi che non raggiungono il numero di dieci copie vendute.

Seconda categoria è quella delle inutility, richieste da una fascia di utenza che si diverte nel “farsi invidiare” un giochetto divertente; sono toy virtuali dei quali si può benissimo fare a meno, tuttavia hanno un loro mercato: riscuotono grande successo, ma solo per un periodo limitato di tempo. Le utility, infine, se raramente fanno grandi numeri, sono le apps che hanno vita più lunga sugli store. Se si decide di sviluppare un’utility e di manutenerla in modo costante, si troverà sempre qualcuno disposto a comprarla, o a scaricarla gratis, e, inoltre, quasi sempre gli aggiornamenti corrispondono al numero di applicazioni scaricate come prima istanza.

Ma cos’è questa app? App è l’abbreviazione di applicazione, o meglio, application, un programma creato per migliorare le funzioni esistenti di un dispositivo, oppure per dotarlo di nuove funzionalità; è divenuto uno dei termini più comuni per chiunque sia in possesso di uno smartphone o di un tablet, sebbene si riferisca anche alle applicazioni per i computer da tavolo (desktop), e portatili (laptop): i giochi per la Playstation sono delle app. Comunque, il termine app è talmente popolare che la American Dialect Society l’ha definito “Word of the Year nel 2010”.

Per avere un’idea del fenomeno, basti pensare che nel 2012 si sono scaricate 45,6 miliardi di apps mobili, di cui l’89 % gratis. La società di ricerca Gartner ha realizzato uno studio che prevede che entro il 2016 ne verranno scaricate annualmente 310 miliardi, delle quali il 93% sarà gratuito. Nel 2013, le apps gratuite sono state il 91 % del totale dei downloads; tuttavia la Apple ha reso noto che i consumatori hanno speso lo scorso anno oltre 10 miliardi di dollari in applicazioni per dispositivi mobili. Complessivamente, gli sviluppatori hanno guadagnato circa 15 miliardi di dollari su App Store. Con un’app gratuita si guadagna grazie alla pubblicità. L’advertising nel mondo mobile può assumere numerose forme, ma sono pochi i criteri fondamentali che regolano l’acquisto e la vendita di spazi pubblicitari sulle apps. Per chi vuole promuovere la propria app, gli annunci su altre apps non sono soltanto un canale per la promozione in sé, ma possono trasformarsi in download e dunque direttamente in guadagni.

I due criteri più importanti (gli stessi di internet, d’altronde) sono le visualizzazioni e i clic: si paga, o si è pagati, in base al numero di volte in cui un banner è visto o cliccato. Negli ultimi anni si è affermato, poi, esclusivamente per il mobile, un terzo criterio, quello dell’acquisto di installazioni: chi acquista l’ads decide di pagare solo per quegli utenti che, una volta cliccato sul banner, installano effettivamente l’applicazione sponsorizzata. Vediamo più nello specifico come funziona questo mondo. Chi decide di pubblicizzare la propria app ha tre modi per farlo: pagando per numero di visualizzazioni (in genere si stabilisce un prezzo ogni 1.000 visualizzazioni), per clic, o per installazioni. E’ importante sottolineare che, indipendentemente dalla scelta che si fa, è sempre l’acquirente a stabilire il prezzo che è disposto a pagare per lo spazio pubblicitario. Il prezzo determinerà il livello di visibilità dell’annuncio e quindi di efficacia della campagna di advertising.

Se il prezzo offerto è alto, il messaggio pubblicitario verrà “passato” spesso e a intervalli brevi; se invece è basso, e inferiore all’offerta media del mercato, si corre il rischio che l’annuncio venga visualizzato con una bassa frequenza. I fattori che determinano un profitto per le apps gratuite che hanno come modello di business l’advertising sono, dunque, il numero di clic; il prezzo di vendita degli annunci; la continuità con cui essi appaiono. L’entità del guadagno non è prevedibile. I dati raccolti attraverso ricerche in rete indicano che mediamente un singolo banner all’interno di un’app, se consegue 10.000 visualizzazioni al giorno, produce quotidianamente un profitto tra i 25 e i 32 dollari, traducendosi in un guadagno mensile stimato tra i 750 e i 1000 dollari.

Per guadagnare con le apps vi sono dunque diverse modalità: pubblicare un’applicazione a pagamento; pubblicarla con InApp Purchase; pubblicare l’app gratuitamente, ma con banner pubblicitario; pubblicare un’applicazione commissionata da terzi con i propri credits all’interno.   Ormai l’età media di sviluppatori e programmatori si abbassa sempre di più: quest’anno la Apple per la prima volta ha permesso la partecipazione di ragazzi dai 13 ai 17 anni alla Worldwide Developers Conference, il raduno annuale degli sviluppatori che l’azienda tiene a San Francisco.

Tuttavia, se per creare applicazioni di successo non occorre essere geni dell’informatica, l’idea, quella sì, dev’essere geniale, perché, sebbene si possa ricorrere all’aiuto di un bravo programmatore per realizzare il progetto, occorre inventare un’app semplice da usare, che utilizzi il valore aggiunto della connessione mobile e le caratteristiche tecniche di smartphone e tablet, e, soprattutto, che abbia un suo appeal. L’applicazione, una volta sviluppata, viene diffusa generalmente attraverso le piattaforme di Apple e Google,  può essere scaricata a pagamento (su ogni vendita trattengono il 30% dell’incasso) o gratuitamente. Poiché in questa seconda ipotesi tutto il guadagno deriva dalla pubblicità, è necessario che si consegua un alto tasso di utenza.

Il meccanismo sembra semplice, ma la concorrenza è spietata: sia lo store Google per Android che quello Apple per iOS contano al loro interno più di un milione di app ciascuno. Un mercato, dunque, molto affollato, all’interno del quale, se le apps a pagamento faticano a prevalere sulle miriadi di equivalenti gratuite, gli sviluppatori di queste ultime devono spesso, per far conoscere la propria creazione, rivolgersi proprio al settore advertising dal quale sperano, successivamente, di ricavare futuri guadagni. “Realizzare una buona app non basta per generare buone vendite”, recita un sito specializzato nella promozione delle apps; occorre pubblicizzarla capillarmente per farla conoscere a possibili acquirenti. La lista di blog e siti ai quali proporre la recensione della propria app, sia italiani che stranieri, è lunga; ma la maggior parte delle migliaia di applicazioni che vengono caricate ogni giorno è destinata a rimanere invisibile.

Il mercato rimane comunque in crescita; e anche se di Zuckerberg ce n’è uno, tuttavia il settore è meritocratico e, di conseguenza, ideale per i giovani. Quanti sono però i casi di successo rispetto alla miriade di insuccessi? Pochi, e sempre più spesso rivelano essere il risultato di un’attenta strategia di investimenti e marketing più che di una vera e propria qualità nello sviluppo. Questo non chiude le porte al successo, ma attesta piuttosto che le persone in grado di raggiungerlo da sole sono sempre di meno: la competitività è esasperata al massimo e occorre attenzione a tutte le fasi della costruzione e promozione del prodotto. Poi, vi sono altre variabili. In quello che appare un gioco di proporzioni immense, per dirla con Woody Allen, talvolta conta più la fortuna che il talento.

 

 

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