Città metropolitana di Catania |E' scattata la rivolta delle Aci - Live Sicilia

Città metropolitana di Catania |E’ scattata la rivolta delle Aci

L'annessione a Catania non "s'ha da fare". Maesano segue il sindaco di Acireale. Criticità anche dall'area etnea e pedemontana. Indeciso il primo cittadino di Aci Castello. Per il sindaco di Paternò Mauro Mangano, invece, "il percorso naturale è che la città entri a far parte di uno dei liberi consorzi che la legge istituisce".

parola ai sindaci
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Il sindaco di Aci Catena, Ascenzio Maesano

CATANIA – “Seguiremo Acireale nel comprensorio delle Aci”. Ascenzio Maesano, sindaco di Aci Catena, ha le idee chiare. L’ingresso nell’area metropolitana di Catania non s’ha da fare. “Appena uscirà la legge – spiega il primo cittadino del comune acese – convocherò subito il consiglio comunale per discuterne. Insomma – continua Maesano – la nostra è una realtà che conta ventinovemila anime. All’interno della città metropolitana, Catania la farebbe da padrona, mentre noi finiremmo inevitabilmente nel dimenticatoio”. Nella percezione del sindaco di Aci Catena, la questione di aderire o no alla città metropolitana riguarda solo in parte la gestione politico-amministrativa del territorio. In ballo c’è una partita dai contorni impalpabili, e riguarda l’identità culturale delle popolazioni acesi: “Dovrà essere la comunità a riflettere e a decidere su di un tema così importante. Voglio convocare la città tutta per discuterne, persino le parrocchie. Lo ritengo – sottolinea il sindaco e già deputato Ars – un atto doveroso”.

Nino Garozzo, sindaco di Acireale

Si allarga dunque il numero dei sindaci pronti a schierarsi contro l’ipotesi di “annessione a Catania”. Il primo della fila è Nino Garozzo, sindaco di Acireale. All’indomani della legge regionale che ha istituito le tre Città metropolitane di Palermo, Messina e Catania e i Liberi consorzi tra comuni, è stato lui  infatti a lanciare l’ipotesi di riunire i comuni dell’acese in unica all’alleanza indipendente dalla città di Agata. Lo strumento amministrativo sarebbe offerto dalla stessa legge voluta dal presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta. Ovvero, la nascita di un consorzio. È necessario però che ci si una popolazione amministrata di 150mila cittadini affinché possa essere varato.

Non è un caso dunque che a guidare la rivolta dei sindaci acesi, ci sia proprio il sindaco della città nota per i cento campanili. Rischia appunto di essere il campanilismo a farla da padrona. Insomma, che tra Acireale e Catania insisterebbe una rivalità è risaputo. E non solo calcistica, ma anche ecclesiale. Nel sito della Diocesi di Acireale, alla voce Storia, si legge infatti: “Insieme alle altre Aci e ad alcuni centri della zona pedemontana etnea, Acireale ha sempre rivendicato nei secoli diritti e peculiarità rispetto alla vicina città di Catania”. Uno spirito che secondo lo storico Giovanni Mammino avrebbe favorito la nascita nella prima metà dell’800, in tempi cioè relativamente recenti, la nascita di una cattedra vescovile indipendente da quella catanese.

Filippo Drago, sindaco di Aci Castello

A metà strada tra i due centri rivali c’è Aci Castello. Di mediazione è dunque la posizione del sindaco Filippo Drago: “La nostra specificità – dichiara a LiveSicilia – è appunto quella di essere al cavallo tra Catania e Acireale. Se verranno tutelate, quindi, tradizione e cultura di una comunità – riferisce a LiveSicilia – la Città metropolitana è per noi motivo d’interesse. Viceversa, se queste non dovranno essere mantenute, valuteremo se intraprendere un percorso con il resto delle Aci”. Drago, dunque, non nega di simpatizzare per un’opzione chiamate a difendere ragioni di campanile. Tuttavia, il centro castellese agli inizi degli anni duemila è stato attraversato dalle spinte “secessioniste” della popolazione trezzota: “Credo – dice il sindaco di Aci Castello – che le differenze con Aci Trezza siano ormai appianate da tempo. Non c’è spazio oggi per la nascita di nuovi comuni”.

Nino Di Guardo, sindaco di Misterbianco

Distinguo differenti si registrano sul versante pedemontano della futura città metropolitana Catanese. Per Nino Di Guardo, sindaco di Misterbianco, si tratta infatti di un “processo estremamente positivo. Si potranno conseguire – spiega – particolari finanziamenti dall’Europa. Non possiamo chiuderci. Certo – continua il primo cittadino e già parlamentare regionale del Pd – stiamo parlando di un progetto ancora da definire. Penso che sia necessario un nuovo intervento legislativo per individuare le modalità di gestione del nuovo ente. Quella approvata è solo una legge quadro”. Nei mesi scorsi, Nino Di Guardo aveva tuttavia espresso non poche criticità rispetto alla possibilità che il sindaco della città metropolitiana sarebbe dovuto essere il sindaco di Catania, in veste di primus inter pares. “Quell’ipotesi è ormai superata. A noi interessa che l’autonomia dei singoli comuni sia mantenuta e rispettata”.

Mauro Mangano, sindaco di Paternò

Per il sindaco di Paternò, Mauro Mangano, è già scontato che non ci sarà alcuna annessione con Catania. “Paternò non può essere inglobata – afferma – nell’area metropolitana di Catania, sia perché troppo distante geograficamente,  sia in virtù delle sue dimensioni. Il percorso naturale sarà che la nostra città entri a far parte di uno dei liberi consorzi che la legge istituisce. Questo ovviamente accadrà – continua Mangano – ma i metodi, i tempi e le caratteristiche di questa adesione saranno decisi attraverso strumenti di condivisione, sia con i cittadini che con il Consiglio Comunale, che tra l’altro deve esprimersi, per legge, in proposito”.

 

Giovanni Leonardi, sindaco di Mascalucia

Avanza delle criticità sulla riforma Crocetta anche Giovanni Leonardi, sindaco di Mascalucia: “La città metropolitana può essere per noi un momento di crescita, ma non credo molto nelle assemblee dei sindaci, litigano su tutto. Avrei preferito – continua Leonardi – che si puntasse invece a elezioni dirette, lamento una certa mancanza di democraticità. Al momento, mi pare difficile che il sindaco di Catania possa gestire contemporaneamente anche l’area”. Giovanni Leonardi, oltre a essere sindaco, ragiona da ultimo presidente del Consiglio provinciale: “Più di una questione ancora non è stata definita. I dubbi sono tanti. Uno su tutti riguarda il futuro occupazionale dei dipendenti della Provincia”.

 


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