Il 19 marzo di Giovanni | Il coraggio di un padre - Live Sicilia

Il 19 marzo di Giovanni | Il coraggio di un padre

La festa del papà. Questa storia è dedicata a tutti quei padri che dietro un sorriso nascondono paure e preoccupazioni. A quei padri che non si arrendono. Che non sanno come proteggere la propria famiglia, ma che comunque ci provano.

È possibile stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato quando in ballo non c’è la ragione, ma soltanto l’amore di un padre? Dicono che non esiste una ricetta per essere un buon padre. Ed è vero. Dicono che dipende da te, e da come te la sai cavare. Giovanni, ad esempio, sapeva che per essere un buon padre avrebbe dovuto dedicare tempo e amore ai suoi figli, quello che non aveva ricevuto lui da bambino. Sapeva anche che avrebbe dovuto lavorare ed essere un esempio di forza e di sicurezza. A vent’anni incontra gli occhi di una giovane ragazza, se ne innamora e decide che è con lei che vuole diventare grande. Giovanni e Caterina. Mettono su casa. Fanno tre figli. Lui lavora. Lei bada alla casa. Stanno bene nei loro ruoli. Osservano i figli che crescono. E si sentono felici. Forse lo sono per davvero. Gli anni passano tranquilli, ma la vita non tiene il conto dei giorni e a volte decide di lasciarti in alto mare proprio quando meno te lo aspetti.

Un giorno Giovanni perde il posto di lavoro. Ha cinquantadue anni. Non dice nulla alla moglie. Forse pecca di orgoglio, o forse soltanto di pudore. Ogni mattina esce di casa, armato di sorriso e pazienza. Esce con in mano la sua valigetta. Lui, un rappresentante capace di vendere la luna ai sognatori, si ritrova chiuso nell’abitacolo dell’auto, a guardare l’orologio e aspettare telefonate di lavoro che non arrivano. Nell’attesa, le prova tutte, ma gli amici spariscono, le banche gli chiudono le porte in faccia. Rimane solo. Allora diventa donatore di sangue, accetta di raccogliere le uova nel pollaio e lavare i cessi nei locali, però i soldi non bastano. Si arretra con l’affitto della casa. Chiede aiuto ai parenti. Nessuno può aiutarlo. Hanno tutti la propria fatica da mandare avanti. Giovanni diventa nervoso. Vulnerabile. Una preda facile. Qualcuno gli presenta un amico. Di quel genere che non vorresti mai incontrare. Giovanni ha paura, ma alla fine si lascia aiutare. Con i soldi in mano, tira un respiro di sollievo e pensa che è soltanto questione di tempo. Che troverà un lavoro e che tutto si sistemerà. Per un attimo ci crede davvero.

Poi una mattina esce di casa, apre la cassetta delle lettere e trova una busta. Sfratto per morosità. Giovanni ha un solo pensiero: proteggere la moglie e i figli. Si accorda con il proprietario della casa. Lo prega di dire alla moglie che devono lasciare la casa perché serve al figlio che è prossimo alle nozze. Una bugia, di quelle bianche. Di quelle che non fanno male. Il tempo passa. Le aziende non lo assumono. Ha cinquantadue anni, troppo vecchio, e comunque c’è la crisi. Una sera Giovanni ha forti dolori al petto. Teme il peggio, ma poi i dolori passano. Forse è lo stress, pensa. Ma quelle fitte di dolore lo fanno riflettere. Non è più un ragazzino. Guarda la moglie che cucina. Poi guarda i figli. Pensa che non è degno del loro affetto. Infine guarda se stesso allo specchio. In quell’istante capisce di non essere eterno. Ed è a quel punto che prende la sua decisione.

Giovanni si fa presentare un amico, un altro. E si fa prestare soldi, ancora. La moglie intanto trova una nuova casa. È la casa dei suoi sogni. Lui la tranquillizza. Sarà nostra, le dice. Anche i figli sono entusiasti. Giovanni si presenta a chi di dovere. Sa che si sta infilando in un giro pericoloso, che i soldi da restituire sono troppi, ma deve dare un tetto alla sua famiglia. Al resto ci penserà dopo. Il giorno del trasloco, Giovanni si alza alle sei del mattino. Avverte di nuovo strani dolori al petto. Non è niente, pensa. Ora passa. Invece i dolori si fanno più acuti. Giovanni si siede. Osserva la moglie e i figli che discutono con i traslocatori.

“È tutto pronto. Possiamo andare”, dice la moglie, ma Giovanni non risponde. Non può. Chiude gli occhi. Ha paura, ma allo stesso tempo sorride. Sorride perché immagina sua moglie e i suoi figli nella nuova casa. Li immagina felici. Pensa che ci è riuscito. Pensa che ce l’ha fatta. E che riuscirà anche a restituire i soldi che deve. Poi chiude gli occhi. È stanco, Giovanni. “Sono fiero di te, papà” dice il figlio. Le ultime parole che sente. Oggi Giovanni avrebbe compiuto 53 anni. “Se mio padre ci avesse raccontato i suoi problemi, forse lo avremmo potuto aiutare – dice Matteo, il figlio – oppure ci saremmo fatti prendere dallo sconforto, non saprei… l’unica cosa certa è che lui ci ha dato una casa. E ha sorriso fino alla fine”.  Questa storia è dedicata a tutti quei padri che dietro un sorriso nascondono paure e preoccupazioni. A quei padri che non si arrendono. Che non sanno come proteggere la propria famiglia, ma che comunque ci provano.

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