PALERMO – Gli affari nel centro scommesse andavano a gonfie vele. Fin quando il giocattolo non esplose nelle mani di Gaetano Minniti. Oggi è stato condannato a quattro anni e mezzo per intestazione fittizia di beni con l’aggravante dall’articolo 7, prevista quando si favorisce Cosa nostra.
L’accusa lo considera un prestanome di Giuseppe Biondino – nipote di Salvatore, l’autista di Totò Riina – legato al clan mafioso di San Lorenzo. Per conto di Biondino Minniti avrebbe gestito il centro “Gold Bet” di via Savagnone.
Il giudice ha accolto in pieno la ricostruzione del pubblico ministero Dario Scaletta. Agli atti dell’inchiesta era finita un’intercettazione in cui Minniti discuteva dei suoi affari. Parlava di “soldi, soldi, soldi” fatti grazie al centro scommesse. Un lavoro tanto “rischioso” quanto remunerativo che gli avrebbe consentito di comprare una macchina, seppure una Fiat Panda, “in un solo mese e in contanti”.