Ridateci l'inflazione - Live Sicilia

Ridateci l’inflazione

Verrebbe da invocare a questo punto il ritorno di una inflazione, sia pur contenuta. Malgrado anche quest’ultima provochi criticità notevoli del sistema economico.

PALERMO – Il fenomeno economico più temuto era, in Italia, fino a qualche tempo addietro, l’inflazione. L’aumento cioè diversificato dei prezzi che, in genere, determinava una diminuzione del potere d’acquisto. In particolare, per i lavoratori a reddito fisso. Nei corsi di economia si spiegava, tra lo stupore generale, che l’inflazione aveva anche aspetti positivi di cui godevano, ad esempio, i debitori, le classi di reddito più basso ( per via del loro paniere di beni il cui costo veniva dal Governo mantenuto stabile), i professionisti in grado di adeguare, con un alibi di ferro, le loro parcelle, i lavoratori con salari indicizzati. Ben poca cosa comunque rispetto agli effetti perversi dell’inflazione.

Oggi s’affaccia un altro fenomeno negativo che, per paradosso, è esattamente simmetrico all’inflazione, il suo contrario insomma. I prezzi dei beni invece di aumentare tendono a diminuire e di conseguenza il tasso di inflazione si avvicina allo zero assoluto. Qualcuno potrebbe pensare ad una sorta di economia del Gatto e la Volpe, una nuova Bengodi insomma. Purtroppo non è così, come ci insegna sempre la scienza, lugubre per eccellenza, dell’economia.

Cosa accade infatti in uno stato di deflazione? Al supermercato gioiamo perché troviamo sconti e promozioni ma al tempo stesso le aziende produttrici si ritrovano con ricavi e redditività in calo. Da cosa dipende la deflazione? Da un depauperamento complessivo che porta ad una riduzione di spesa compensabile solo dove esiste una elasticità dei prezzi. Ovvero la possibilità che una loro riduzione non scoraggi la domanda, ma, al contrario, la stimoli. Il che si traduce però, in molti casi, in un taglio della produzione (non tutte le domande sono elastiche) e dell’occupazione. E quindi dei salari. Sicché le famiglie godranno, è vero, di un maggiore potere d’acquisto ma rischiano di ritrovarsi con un reddito inferiore o addirittura senza più reddito. Conseguenza immediata: una possibile contrazione di spesa.

I beni durevoli (elettrodomestici, arredamento, auto) sono quelli che soffrono maggiormente. Se i prezzi continuano a scendere il consumatore, come viene confermato da numerose ricerche sul tema, ne rinvia l’acquisto determinando un sostanziale blocco del mercato. Al contrario dell’inflazione, che danneggiava i creditori, questa volta sono i debitori ad essere danneggiati. Anche in questo caso, c’è chi può lucrare vantaggi dalla deflazione: gli acquirenti di immobili e i pensionati, ad esempio, i proprietari di obbligazioni che in quanto creditori possono godere di rendimenti reali più elevati oltre ad apprezzamenti in conto capitale con ulteriori cali dei tassi di interesse.

In che modo gli investimenti reagiscono alla deflazione? In apparenza dovrebbero beneficiare dei tassi d’interesse favorevolissimi ma nella realtà subiscono la stagnazione dell’economia e la caduta dei profitti. Il clima complessivo non fa emergere fiducia né aspettative positive. Quali politiche economiche contro la deflazione? Le risposte convergono sull’utilizzo di politiche pubbliche espansive della domanda (sono tali gli ottanta euro promessi da Renzi ai percettori di reddito sotto soglia?) ben sapendo che non sempre la messa in atto di queste politiche spesso non si traduce in maggiori consumi. Non è il caso della “Renzieconomics” prima esemplificata ma -anche questo è un risultato di ricerche sul campo- di fronte a maggiori redditi si potrebbe essere tentati di devolvere l’aumento in risparmio a fini precauzionali. Risultato: una ulteriore contrazione dei consumi intrecciata ad un considerevole aumento del debito pubblico.

Verrebbe da invocare a questo punto il ritorno di una inflazione, sia pur contenuta. Malgrado anche quest’ultima provochi criticità notevoli del sistema economico. Soffrirà l’economia siciliana per la deflazione? Di certo, per le sue caratteristiche strutturali (prevalenza di impiego pubblico, sommerso, evasione), meno di altri territori. Ma dal terziario arrivano segnali di pericolo, viste le grandissime difficoltà, qualora questo settore entrasse in crisi, di una sua riconversione.


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