Guess, in un anno subiti 12 colpi | "Chiuso per eccesso di rapine" - Live Sicilia

Guess, in un anno subiti 12 colpi | “Chiuso per eccesso di rapine”

La paura e l'amarezza si uniscono in via Roma, dove Guess chiude per una raffica di rapine. Il titolare: "Se devono avvelenarmi la vita in questo modo io non ci sto più. Sono stanco di subire, volevo solo lavorare tranquillamente, ma ci rinuncio". L'ultimo colpo giovedì scorso.

PALERMO - IL CASO
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PALERMO – Era quasi mezzogiorno quando hanno fatto irruzione nel negozio. Hanno minacciato l’impiegata che si trovava alla cassa e si sono fatti consegnare i soldi. Poi hanno afferrato le chiavi delle vetrine interne e si sono impossessati di tutti gli accessori esposti: portafogli, portachiavi, cinture, borse. Quello di giovedì scorso però, è stato soltanto l’ultimo colpo messo a segno dai malviventi nel negozio “Guess” di via Roma, in pieno centro città. Una raffica di assalti quella che l’attività commerciale ha subito negli ultimi mesi, e il titolare ha deciso di chiudere. A parlare chiaro è un biglietto affisso sulla porta d’ingresso. “Chiuso per eccesso di rapine”, dice.

Almeno dodici quelle messe a segno tra lo scorso anno e i primi di aprile. “Sì, praticamente una al mese – dice con estrema amarezza Maurizio Giordano, il titolare che ha un altro punto vendita all’interno del centro commerciale Forum a Brancaccio -. Non ce la faccio più, io chiudo. La situazione è diventata insostenibile, ho fatto di tutto per resistere, ma questo vuol dire avvelenarsi la vita e vedere ogni giorno la paura stampata sul volto di mia figlia, che stava in negozio”. Almeno quattro le rapine a cui la ragazza avrebbe assistito: “Come posso stare tranquillo se penso che da un momento all’altro potrebbe succederle qualcosa? Non è possibile. La nostra impiegata l’ultima volta è finita in ospedale. Era sotto choc. per la terza volta è stata minacciata alla cassa, è stata presa dal panico. Non è un clima nel quale si può lavorare bene e d’altronde, la via Roma, è ormai diventata zona di nessuno. Mia figlia non vuole più metterci piede”.

I malviventi entrati in azione avevano la testa coperta dal cappuccio di una felpa, erano disarmati. “Giusto per evitare di essere ripresi dalle telecamere – prosegue Giordano – hanno tentato di celare il volto, ma in generale agiscono sempre con una paradossale tranquillità, come se non avessereo nulla da temere. In via Roma eravamo aperti dal 2006, ma negli ultimi tempi continuavano a prenderci di mira, come se fossimo il loro bancomat. Colpi sempre molto veloci. Soltanto giovedì scorso hanno perso più tempo. Circa quattro minuti, che per una rapina sono un’infinità, a dimostrazione che non avevano nemmeno la fretta di scappare o la paura di essere presi da un momento all’altro”.

In un’occasione gli autori di uno dei colpi sono stati arrestati: “Purtroppo solo in quel caso – dice Giordano -. Si trattava di due minorenni”. E così l’ansia e la paura hanno inevitabilmente scoraggiato il commerciante, nel settore da quarantacinque anni. “Non mi era mai successo – continua – stiamo attraversando un periodo davvero buio, ma io non posso vivere nel terrore, non posso mettere a repentaglio la vita di mia figlia, una ragazza che ha studiato e fatto diversi sacrifici prima di mettere piede nel mondo del lavoro. Mondo del lavoro che fino ad adesso ci ha riservato episodi che sarebbe stato meglio evitare. Per questo lancio un appello a tutti coloro che hanno un’attività commerciale: chiedo loro di unirsi, specie nella zona del centro storico, quella finita nel dimenticatoio. Stiamo consegnando la nostra città ai grossi gruppi stranieri che contano sul ricambio continuo del personale, che non offrono reali posti di lavoro, ma soltanto illusioni. L’unione fa la forza e visto che il singolo commerciante resta inascoltato dall’amministrazione locale, è bene che ci si unisca”. Maurizio Giordano ha un tono di rammarico, scoraggiato. Quasi rassegnato. E conclude il suo sfogo: “Basta, mi tengo il mio negozio di calzature e quello al Forum. Dopo dodici rapine posso dire di essere davvero stanco di subire”.


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