Palermo, truffa al Massimo | Stangata per un ex dipendente - Live Sicilia

Palermo, truffa al Massimo | Stangata per un ex dipendente

Si tratta di Nicolò Amato, ex responsabile dell'Ufficio paghe e contributi della Fondazione, oggi in pensione. È ritenuto l'artefice della truffa che consentì ad un gruppo di dipendenti di intascare stipendi gonfiati. Dovrà risarcire 796mila euro.

CORTE DEI CONTI
di
2 min di lettura

PALERMO – La stangata è definitiva. La sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei Conti ha condannato Nicolò Amato a pagare 796 mila euro per il danno erariale provocato alla Fondazione Teatro Massimo di Palermo. Si tratta dell’ex responsabile dell’Ufficio paghe e contributi della Fondazione, oggi in pensione e già condannato a un anno e quattro mesi in sede penale. È ritenuto l’artefice della truffa che avrebbe consentito ad un gruppo di dipendenti di intascare stipendi gonfiati. Il meccanismo si basava sulla falsificazione della documentazione relativa ai nuclei familiari degli impiegati.

Il collegio presieduto da Salvatore Cilia ha respinto il ricorso. In primo grado Amato si era difeso sostenendo che “non era ancora certo il presunto danno erariale, considerato che parte delle erogazioni agli impiegati era stata riconosciuta valida dalla commissione istituita dalla Fondazione. Mentre una quota ritenuta illecita era comunque stata recuperata”. Ed ancora che si sarebbe limitato a inoltrare il riconoscimento del beneficio degli assegni familiari in base alla documentazione prodotta dai dipendenti”. Come dire, spettava a qualcun altro controllare e avallare che tutto fosse in regola. Nei motivi di appello Amato ha sostenuto la “mancanza di colpa grave e di nesso di causalità” tra il suo operato e il danno erariale. A proposito del danno, Amato ha detto pure di essere venuto a conoscenza che la Fondazione ha avviato le procedure per farsi restituire dai dipendenti del teatro i soldi percepiti indebitamente. Tutto inutile.

La sentenza contabile arriva ad un mese e mezzo da quella penale che la Cassazione ha reso definitiva. La truffa degli assegni familiari. Così era stata definita dagli investigatori. Per due soli dei quindici imputati i supremi giudici avevano annullato la condanna con rinvio. Si dovrà fare un nuovo processo di secondo grado per Antonio Giordano e Giuseppe Melodia difesi dagli avvocati Michele De Stefani, Marco Martorana e Umberto Seminara. Per tutti gli altri imputati, quindici in tutto, a cominciare da Amato, la condanna è diventata definitiva.

Davanti ai giudici contabili ha retto la tesi che “Nell’Ufficio paghe (Amato ndr) ha operato solitariamente, in completa autonomia, esercitando le prerogative tipiche del livello posseduto- Fra tali prerogative rientrava, certamente, anche la verifica dei requisiti per la fruizione degli assegni per nucleo familiare”. La Procura regionale della Corte dei Conti aveva scoperto che in alcuni casi mancava la documentazione, in altri era carente. Nel corso delle indagini sarebbe pure emerso che la concessione degli assegni familiari ai dipendenti, oltre che a fare aumentare lo stipendio, avrebbe consentito loro, una volta dimostrabile un reddito più alto, di ottenere prestiti da una società finanziaria con la quale collaborava un parente dello stesso Amato.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI