Difficile tenere il conto. Quello dei padri separati è un numero che cresce continuamente. Instabile, come la figura del genitore che, di colpo, deve reinventarsi un’identità e un ruolo. Francesco, ad esempio, ha 45 anni, una figlia di cinque, e una moglie infelice.
Lui è un libero professionista, lavora tutto il giorno. Si muove in auto, sempre in giro, lungo le strade. Vuole sfidare la crisi. Guadagnare soldi. Ogni sera torna a casa con un giocattolo nuovo per la figlia e un fiore per la moglie. È l’unico modo che conosce per dire ti amo alle due donne della sua vita. Lui è un padre di famiglia innamorato, un lavoratore serio, ma anche un uomo assente per colpa del lavoro che svolge. Una sera torna a casa. L’atmosfera è tesa. Veronica, sua moglie, dice che è stanca di sentirsi sola. Prende il fiore e lo cestina. Francesco non capisce. Le chiede di avere pazienza. Sta cercando di guadagnare il più possibile e mettere soldi da parte. “Lo sto facendo per voi”, dice. Lei lo ascolta, ma ha già fatto la sua scelta: è infelice, non lo ama più.
È la fine di una storia e l’inizio di una discesa negli abissi.
Separazione. Una parola che non è prevista nel rito del Matrimonio. Eppure accade. Senza preavviso. Francesco e Veronica decidono di non mettere nero su bianco. Francesco non può permettersi le spese del divorzio e, in fondo, ha paura degli avvocati, del tribunale, degli accordi siglati. Ha visto come funziona, cosa succede. Ha conosciuto uomini a cui la legge ha negato la possibilità di stare insieme ai figli. Una giustizia incapace di tutelare i diritti dei padri. No, lui non vuole arrivare a questo.
Stabilisce con la moglie quando potrà stare con la bambina. Promette che penserà agli alimenti e che non farà mancare nulla. Per farlo, deve tagliare il superfluo. Vivere dell’essenziale. È motivato. Pensa che andrà tutto bene. Prende in affitto un monolocale. Lavora senza sosta. Si sente forte. Ma una mattina, davanti la porta di casa, la bambina si rifiuta di andare con lui. Dice che vuole restare con la mamma. Che con lei si diverte di più. In quel momento, Francesco realizza ciò che aveva sempre negato a se stesso. Il dolore per la mancanza della figlia accanto. Si accorge che è cresciuta di qualche centimetro. Che pronuncia parole nuove. Che si pettina i capelli come la sua cantante preferita. “Quel giorno ho capito che mi stavo perdendo i momenti migliori della sua crescita e che non la stavo amando come avrei dovuto”, racconta.
Segue un confronto con la madre. Ristabiliscono l’accordo. Ogni minuto libero della sua giornata lo dedica alla figlia. Ma i soldi non bastano. Tira avanti grazie ai prestiti che la banca gli concede. È come vivere con la marea che sale in continuazione: ansia e nervosismo si accumulano. Francesco ha un collasso. Lo portano in ospedale per i controlli di routine. Il medico lo congeda. È soltanto stress. Ogni giorno si imbottisce di tranquillanti e sedativi. Il suo sguardo si incupisce. Le sue labbra smettono di sorridere.
A Francesco manca sua figlia. “Ho sempre lavorato per loro – dice – per farle stare bene. Dove ho sbagliato?”.
Ciò che Francesco teme è l’idea di diventare invisibile. “Arriverà il giorno in cui mia moglie deciderà di andare da un avvocato per mettere nero su bianco. Quel giorno, io smetterò di essere un padre”. Francesco ha paura della legge. Ha paura della giustizia. Sa di vivere in un paese dove i padri separati diventano numeri e statistiche. Nessun dolore o sentimento. Soltanto dati. Sa che prima o poi dovrà farne i conti, con questa giustizia. Prepararsi ad affrontare il peggio. E sa già che perderà la sua battaglia più importante.
“La legge ci dividerà – dice – ci trasformerà in nemici. Ho paura di quello che accadrà dentro l’aula di un tribunale. Quando in una coppia l’amore finisce, la colpa non è di nessuno e i figli non c’entrano nulla. Voglio è mantenere un rapporto civile con mia moglie. Lei non mi ama più. Me ne sono fatto una ragione, ed io le auguro ogni bene. Ma allo stesso tempo, so che mia figlia ha bisogno di un clima sereno. Ha bisogno di una madre e di un padre. Ed io sono pronto ad essere un buon padre”.
Le sue labbra si incurvano, serrate in una morsa di dolore. “La notte sogno il volto sorridente di mia figlia, sa? La vedo crescere, diventare una donna forte e sicura. Ed io sono al suo fianco. Sì, nel sogno io sono sempre al suo fianco. Vorrà dire qualcosa questo sogno?”
Vogliamo trovare una logica dove logica non c’è è la natura che ha il sopravvento i figli li partorisce la madre i dolori li subisce la madre i padri si divertono concepire per i padri non è doloroso la natura poi ripaga voler trovare attraverso la legge le soluzioni e quantomeno utopistico padri rassegnatevi contro la natura non la si fa l’unico rimedio e aspettare e ragionare sulla persona che si è scelto specialmodo sulla sua famiglia e sui valori che queste figure rappresentano certo non c’è certezza ma sicuramente un pizzico di possibilità in più esiste
Ogni “separazione”, conosce regole e dinamiche, che sfuggono alle ragioni del cuore, i sentimenti che legano in maniera indissolubile un padre dai figli, non si annullano con atti giudiziari, guarda negli occhi Tua figlia con orgoglio, non lasciarti prendere dalle emotivita’, nel tempo vedrai….che le nuvole lascieranno il passo al sole.
Signor Follone mi ha pietrificato. Non riesco a trovare la logica a cui si riferisce nel suo commento.
Non é affatto semplice, non é affatto immediato, ma é possibile. Sono separato da 2 anni, ho 2 figli di 9 e 4 anni, vivo la mancanza della quotidianità con loro con grande disagio, arrivo a pagare l’assegno mensile con grande difficoltà, ma non mi arrendo, non mollo, non desisto. Trascorro non loro 2 pomeriggi/notti alla settimana, 2 week end al mese, e 30gg esclusivi in estate. Eppure mi sveglio in piena notte, vado nella loro camera, a volte vuota, e resto ore sul divano ad aspettare che sorga il sole. Il matrimonio é andato così, ma io non rinuncio a loro, non lo so fare, non intendo farlo. Aristide
La causa di tutto questo disagio dei padri al 90% è colpa dei magistrati e delle loro sentenze assurde.
Un padre separato, un figlio negato e una giustizia incapace a tutelare quel diritto. Il diritto di un padre di poter incontrare il proprio bambino. Il diritto di un bambino di vedere suo padre.
Sono decine di miglia in Italia i padri e i figli che vivono questa incredibile ingiustizia. I coniugi si separano. Il giudice affida il bambino alla madre e riconosce al padre il diritto di incontrarlo periodicamente. Ma accade che la madre non rispetti questa disposizione del giudice. E di fatto impedisce al padre di incontrare suo figlio. Inutili saranno le istanze di quel padre al giudice civile. Altrettanto inutili saranno le denunce di quel padre al giudice penale. Nel nostro ordinamento non esiste uno strumento giuridico idoneo a costringere una madre a far vedere il figlio al padre. Non esiste un strumento giuridico per tutelare quel diritto. Restano solo le storie a testimoniare l’ingiustizia. Drammatiche vicende di padri e di figli separati. L’Europa bacchetta ancora una volta l’Italia, questa volta per aver leso i diritti di un padre separato.La sentenza, depositata il 29 gennaio 2013, ha stabilito che gli Stati devono mettere in atto tutte le misure necessarie a consentire un’attuazione effettiva del diritto alla vita familiare, tenendo conto innanzitutto dell’interesse superiore del minore, che va necessariamente salvaguardato anche sulla base della Convenzione di New York del 1989 in tema di diritti del fanciullo. Ne consegue che la mancata attuazione dei provvedimenti giurisdizionali funzionali a tutelare l’unione tra genitore e figli rappresenta una doppia violazione, non rispetta sia la Convenzione dei diritti dell’uomo che quella di New York appena citata.
I Giudici, inoltre, hanno sottolineato che “i tribunali non sono stati all’altezza di quello che ci si poteva ragionevolmente attendere da loro poiché hanno delegato la gestione degli incontri tra padre e figlia ai servizi sociali”. Secondo il ragionamento seguito dalla Corte, la procedura seguita dai tribunali è stata basata su una serie di misure “automatiche e stereotipate” che hanno determinato la rottura del legame tra padre e figlia. In situazioni del genere, i giudici di Strasburgo hanno evidenziato la necessità di adottare provvedimenti rapidi e misure efficaci, più dirette, specifiche per ristabilire i contatti fra genitore e figlia in considerazione del fatto che il trascorrere del tempo può causare conseguenze irrimediabili alla relazione tra il bambino e il genitore che non vive con lui.
In altre parole, sono mancati quegli interventi necessari che avrebbero consentito di indirizzare i due genitori presso una struttura specializzata che consentisse di avviare una terapia familiare volta ad aprire un canale di dialogo tra le parti in conflitto. Né i servizi sociali hanno svolto questa funzione di raccordo. La condanna dell’Italia è stata inevitabile.
In Italia, si sa, debbono trascorrere tempi biblici per veder riconosciuto giudizialmente un diritto e poi, una volta ottenuta una sentenza che attribuisce quel diritto, è tutt’altro che agevole ottenerne l’effettivo espletamento.
Non è così infrequente, ad esempio, che un padre separato, nonostante abbia il suo diritto di visita dei figli, formalmente e minuziosamente sancito dal tribunale, si trovi poi effettivamente a non poter incontrare i figli medesimi e a dover così presentare nuovi ricorsi ad altri tribunali, istanze a nuovi giudici e a buon bisogno querele penali, senza riuscire ugualmente a cavare un ragno dal buco.
Non basta la semplice enunciazione del principio e neppure è sufficiente una regolamentazione specifica dei giorni di visita: il diritto alla vita familiare va assicurato nella sua pienezza in sede esecutiva.
In molti casi, purtroppo, non è così e il genitore non affidatario si sente solo, abbandonato dallo Stato, in completa balìa degli eventi. Vede crescere i figli lontano da sé, magari con estranei.Allora mi chiedo, possibile che noi italiani abbiamo bisogno di un organismo esterno al nostro ordinamento che ci dica che lo Stato deve mettere a disposizione del cittadino tutti i mezzi giudiziari che consentano l’attuazione dei propri diritti ed il rispetto dei provvedimenti giudiziari che riguardano tali diritti, anche prevedendo misure specifiche che si rendano opportune nel caso concreto?
E’ possibile che non si comprenda ancora che in assenza di elementi che provino la inidoneità genitoriale di un padre, il fatto che la madre “conceda” allo stesso il diritto di visita a piccole dosi costituisce violazione dei diritti del bambino ad intrattenere con entrambi i genitori rapporti qualitativamente e quantitativamente ispirati al principio di bigenitorialità?
Se c’è un vuoto legislativo, perché non colmarlo? Se l’Italia è la patria del diritto, perché per veder riconosciuti i nostri diritti dobbiamo uscire dalla nostra patria?
È terribile.
la cosa piu vergonosa ed illogica è che in qualunque divorzio danno sempre ragione alle mogli, anche quando queste hanno torto marcio. andassero a lavorare e si mantenessero da sole alcune di queste mantenute…!
Follone , sei da rinchiudere in una grotta a pane ed acqua per tutta la vita
Per inseguire il sogno di un “benessere” dovuto all’accumulo di beni e denaro bisogna pensare anche che non si può dimenticare che noi stessi e le persone a noi care abbiamo bisogno di piccole gioie quotidiane che sono legate esclusivamente alla presenza e alla vicinanza. Ci sono milioni di coppie nel mondo che vivono di poco ma si divertono e realizzano il loro stare insieme. Pensano che un cinema o una pizza in compagnia o semplicementi un gelato in un qulasiasi pomeriggio della settimana valgano di più di 100 euro malguadagnati (per l’impegno troppo profuso nel raggiungerli). Nella vita involontariamente si sceglie. Se scegli di essere assente perchè vuoi essere più “ricco e sicuro” domani, ma non condividi questa tua scelta con la persona che dici di amare, il rischio è che alla fine perdi tutto. I figli non sono tuoi finchè non realizzano di essere stati Veramente figli tuoi da punto di vista affettivo. Non te li toglie la legge. Semplicemente si perdono per la propria assenza.
Offenderti per le demenze che scrivi sarebbe come dare del “ciuccio” a un asino.
Nemmeno un trapianto sarebbe utile, hai quozienti infinitamente piccoli.
Talmente piccoli che diventano non classificabili.