Agnello, la rivolta dei condomini: | "Quella lettera è ignobile" - Live Sicilia

Agnello, la rivolta dei condomini: | “Quella lettera è ignobile”

I condomini di via Galilei sono dalla parte del pm Maurizio Agnello, dopo la lettera anonima che lo invitava a 'sloggiare'. Ecco le loro parole.

La polemica sulla zona rimozione
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PALERMO– La zona rimozione della discordia è larga all’incirca come due porte di calcio, nello stradone di via Galileo Galilei, davanti a un palazzo della medio-alta e bene informata borghesia cittadina, che legge i giornali, è impegnata e sa come vanno le cose del mondo. Qui, un anonimo ha infilato una lettera nella buca del sostituto procuratore Maurizio Agnello, inquilino dello stabile, lamentandosi per il disco col logo del carro attrezzi che toglie ristoro e parcheggio alle macchine soffocate dal ‘ciaffico’. E’ stato Calogero, il portiere, ad accorgersi con occhio allenato che qualcosa non andava, quando il magistrato ha estratto dalla sua cassetta il foglio dattiloscritto. Il pm è diventato pallido, come chi è abituato a ricevere intimidazioni, ma non al colpo al cuore che ne consegue. Poi il viso si è imporporato di rabbia.

La lettera diceva in sintesi: “Perché noi condomini dobbiamo avere limitazioni di posteggio proprio di fronte il portone e subire ogni giorno l’assalto dei vigili? Perché non compra una casa altrove, magari nello stesso palazzo di qualche suo collega così da evitare un doppio disagio per tanta gente per bene?”. Si leggeva in calce: “I condomini di via Galilei”, col numero civico. Il dottor Agnello ha subito risposto con una bruciante contro-missiva affissa in portineria, mettendoci dentro il dispiacere e l’ansia. La domanda è: cosa pensano davvero i coinquilini chiamati in causa dall’anonimo? Stanno col magistrato e con le sue esigenze di sicurezza, o sono dalla parte del difensore civico della comunità, angustiata dai tentacoli del ‘ciaffico’?

“E’ una vergogna – sbotta Giovanni Perino, l’amministratore -. Conosco bene tutte le persone che vivono qua. Mi pare difficile che sia stato uno di noi”. Anche Perino ha affisso qualcosa in bacheca, per il pm e per tutti, a futura memoria: “ Avendo preso visione della sconcertante missiva a Lei indirizzata, scritta dalla mano di chi, nascondendosi dietro un intollerabile anonimato, ha financo voluto coinvolgere nella sua inqualificabile iniziativa la totalità delle persone perbene che abitano questo edificio e che io stesso, essendo qui nato, mi pregio di conoscere da tutta la vita, desidero esprimerLe, a titolo personale e nella qualità di Amministratore dello stabile, certo di interpretare il pensiero dei condomini,la mia più sincera e sentita solidarietà sul piano umano e con il doveroso riguardo al Suo ruolo istituzionale. Spero che fatti così deprecabili non abbiano a ripetersi e che colui che, animato da tale miopia civica, si sia reso artefice di un gesto tanto meschino, abbia il coraggio di assumersi le sue responsabilità. Le invio quindi i miei più cordiali saluti augurandoLe buon lavoro e buona permanenza nel condominio”.

Concetto sviluppato e ulteriormente aggiornato in diretta: “Guardi, io ho un amico che vive sotto tutela. Le posso assicurare che non si tratta di uno status symbol. E’ una croce da portare, se necessario. Ribadisco che non può essere stato uno di noi, siamo tutte persone civili. Le faccio un esempio, la zona rimozione ha tolto il posto riservato a una ragazza disabile. La famiglia si è limitata a inviare una lettera al Comune. Però, a margine,  mi chiedo: ci voleva tanto a garantire il diritto di una persona con disabilità unitamente alla urgente salvaguardia di un uomo che rischia ogni giorno?”.

La bacheca della portineria è uno specchio che riflette messaggi e passioni. Guido Tomasino, inquilino dell’ultimo piano, ha appeso una bellissima lettera, in omaggio alla memoria. Ricorda che nel palazzo abitavano Sebastiano Bosio e Michele Pantaleone, due siciliani di valore. Il primo era un medico “non a disposizione di Cosa nostra”, il secondo era un siciliano d’altura, non di scoglio, che illuminò le ombre della mafia con la sua saggistica. “Vede – dice il signor Tomasino – che accoglie il cronista con garbo nella sua abitazione –, ero vicino di casa del dottore Bosio. Questa era casa sua, io stavo nell’appartamento accanto. Era un signore di un unico pezzo che non scendeva a compromessi. La sua barbara esecuzione mi ha fatto tanto male. E ci fa tanto male questa letteraccia vigliacca. Siamo in una zona nobile di Palermo. A due passi, in via Cilea, c’era Paolo Borsellino. Falcone in via Notarbartolo… L’ho scritto nel mio messaggio: qui c’è gente meravigliosa. Ci sono volontari della Croce Rossa che si dividono in quattro per salvare il prossimo più sventurato. Non possiamo accettare di essere scambiati con un anonimo che ha avuto l’ardire di parlare, chiamandoci in causa. Io non gli avrei dato spazio, così si è discusso anche troppo di questa brutta storia”.

Qualche piano più in giù, Fara Misuraca vibra di sdegno, mentre accarezza i suoi gatti e le parole sono un fiume in piena: “Il dottor Agnello non l’ho praticamente mai visto. Una persona discreta di cui si dice un gran bene Quello che è accaduto fa semplicemente schifo. Ma forse è colpa di una martellante e trentennale campagna di discredito, creata ad arte contro i magistrati”.
Claudio Fiorentino, al citofono, alla domanda: lei con chi sta?, quasi si sente male: “Come con chi sto? Sto col giudice che svolge una funzione delicatissima e ha bisogno del sostegno e dell’incoraggiamento di tante persone. Stiamo con il dottor Agnello e non ci riconosciamo nelle proposizioni dell’anonimo”.

Non ci sono crepe o dubbi, nelle voci che si espongono, nei sussurri che le circondano. I condomini di via Galilei hanno davvero scelto con chi stare, con nome e cognome. Qui abitavano Sebastiano Bosio e Michele Pantaleone. Mentre narra del suo amico dottore, Guido Tomasino non riesce a impedire la lenta caduta delle lacrime. Ci sono uomini dritti e uomini storti, a Palermo. Da queste parti c’era Paolo Borsellino che, negli ultimi giorni, sapendo di essere il prossimo bersaglio, ci metteva quaranta minuti per andare e tornare a piedi dal giornalaio, magari sperando che l’ammazzassero senza la scorta. Ogni tanto, il giudice assassinato in via D’Amelio, scappava dal barbiere. Paolino, il premuroso figaro, col nome uguale a quello del celebre cliente, gli diceva: “Dottore, la faccio passare avanti, così si sbriga”. Ma il dottore Borsellino non aveva fretta. Gustava a sorsi il tempo della libertà, il tempo rimasto nella clessidra, il tempo affettuoso delle piccole cose umane. Rispondeva: “No, lasciami stare qui. Ora sono felice”.

 


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