Parco Cassarà ancora chiuso| ma non per i dipendenti - Live Sicilia

Parco Cassarà ancora chiuso| ma non per i dipendenti

L'area verde è stata interdetta al pubblico per il rischio amianto, ma i dipendenti del Coime continuano a recarsi al lavoro a villa Forni. Teriaca: "Non c'è alcun pericolo". E intanto il manto erboso rischia di marcire, con un possibile danno di centomila euro.

IN PERICOLO ANCHE IL PRATO
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PALERMO – Parco chiuso, ma non per i dipendenti. A tre settimane dal sequestro di uno dei più grandi spazi verdi della città, che adesso rischia anche di veder morire il suo prato per l’impossibilità di tagliarlo, scoppia il caso di una trentina di dipendenti del Coime che, nonostante i sigilli, si recano tutti i giorni al lavoro. Il Cassarà è infatti sede del Coime, i cui uffici sono presso villa Forni, vicina all’ingresso di corso Pisani.

E in questi 24 giorni i dipendenti si sono regolarmente recati al proprio posto di lavoro (come da tre anni e mezzo a questa parte) nonostante la sospetta presenza di amianto in alcune parti del prato. “Noi respiriamo la stessa aria che respirerebbero tutti gli altri – dice uno dei dipendenti a taccuini chiusi – e allora perché gli altri non possono entrare e noi invece dobbiamo farlo per forza?”. Una situazione che ha cominciato a creare non poco nervosismo tra i dipendenti, che hanno visto apporre i sigilli, spostare gli operai Gesip ma lasciare tutto invariato per il resto.

“La presenza di lastre di amianto è stata riscontrata solo in zone particolari – spiega l’avvocato Francesco Fiorino, nominato custode giudiziario della struttura – all’interno del parco si può camminare. E comunque gli impiegati non sono a contatto con il prato”. Tesi che, evidentemente, deve aver convinto poco i lavoratori che in questi giorni hanno cominciato ad alzare la voce. “Non c’è amianto in superficie – dice Francesco Teriaca, dirigente del Coime – a parte alcune zone in cui verranno fatti gli accertamenti, per verificare la presenza di amianto, nei pressi della villa dove tutti lavoriamo non c’è pericolo. Per questo abbiamo avuto l’autorizzazione del giudice a restare”.

Ma i problemi del Cassarà non finiscono certo qui. L’altro rischio è infatti che il prato vada irrimediabilmente perso, con un danno presunto di oltre centomila euro. Il magistrato, che ieri ha compiuto un sopralluogo, ha autorizzato ad innaffiare il prato ma ancora non a tagliarlo: il pericolo è che innaffiandolo l’erba cresca troppo fino a marcire. Nel frattempo un consulente del tribunale, supportato dall’Arpa, continuerà con gli accertamenti. E’ possibile che la prossima settimana si proceda a un dissequestro parziale dell’area. “Noi abbiamo predisposto l’analisi documentale – continua Fiorino – ma la Procura non ci ha autorizzato ad andare oltre”. Insomma, la bonifica annunciata è ancora al palo, così come le analisi che il Comune avrebbe voluto condurre in prima persona. Tutto rimane nelle mani del tribunale.

 


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