"Asse della droga Sicilia-Spagna" | Condanne annullate in Cassazione - Live Sicilia

“Asse della droga Sicilia-Spagna” | Condanne annullate in Cassazione

L'avvocato Antonio Turrisi

Processo da rifare per un gruppo di presunti trafficanti di droga attivi a Palermo e provincia. Si torna in appello con il macigno dell'inutilizzabilità delle intercettazioni che rischia di pesare sul nuovo dibattimento.

PALERMO – Processo da rifare. La Cassazione annulla le condanne per un gruppo di presunti trafficanti di droga attivi a Palermo e provincia. Si torna in appello con il macigno dell’inutilizzabilità delle intercettazioni che rischia di pesare sul nuovo dibattimento.

La Suprema Corte ha azzerato le condanne di Placido Citarelli, Pietro Tumminia, Gianfranco Cacioppo, Gaetano Baglione, Agostino Discdrede, Gregorio e Paolo Sancilles, Antonino Mannino, Vincenzo Militello e Antonino Polizzotto. Erano assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Antonio Turrisi, Giovanni Rizzuti, Giuseppe Scozzola e Mauro Torti. All’elenco degli imputati per i quali si dovrà celebrare un nuovo processo potrebbero mancare alcune posizioni ancora non comunicate ai difensori.

Gli imputati furono tutti arrestati nel corso di un blitz del 2009 denominato Triade. In tutto furono 67 le persone coinvolte. Il processo giunto ora in Cassazione riguarda coloro che scelsero di essere processati con il rito abbreviato. L’inchiesta prese le mosse dal fermo di un pusher a Bagheria. Gli trovarono addosso 400 grammi di cocaina purissima. La droga partiva dalla Spagna e arrivava al porto di Palermo, da dove veniva smistata fino a Brancaccio. I carabinieri svelarono l’esistenza di tre gruppi che operavano con il nulla osta dei boss di Cosa nostra a cui andava una parte dei profitti. Decisive furono le dichiarazioni di due pentiti di mafia – Andrea Bonaccorso e Angelo Casano – e le intercettazioni ambientali e telefoniche. Sembravano descrivere un impianto accusatorio solido che tale si dimostrò nei processi di primo e secondo grado in cui arrivò una pioggia di pesanti condanne che superavano anche i dodici anni di carcere.

Neppure le difese hanno contestato nel merito le accuse, ma hanno sollevato una questione di inutilizzabilità delle intercettazioni. Secondo i legali, non basta una certificazioni della cancelleria della Procura per avere certezza del luogo dove le registrazioni siano state smistate. Le conversazioni, infatti, non vengono sempre ascoltate in Procura, ma in centri esterni agli uffici giudiziari. Bisogna, però, seguire un particolare iter di autorizzazioni e certificazioni. Che, in questo caso, non sarebbe stato rispettato. Almeno così sostengono gli avvocati. Non si conosce ancora la motivazione con cui la Cassazione ha annullato le condanne con rinvio, ma quello sull’utilizzabilità delle intercettazioni era l’unico motivo del ricorso davanti ai supremi giudici.


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