Se le Europee diventano |un referendum sul governo - Live Sicilia

Se le Europee diventano |un referendum sul governo

Il governatore con i suoi strali ha offerto a Fiandaca l'investitura a icona anti-Crocetta.

Non era affatto scontato che queste elezioni europee assumessero in Sicilia un preciso significato politico. Non era detto che questa consultazione elettorale, caratterizzata da un diffuso disinteresse che minaccia di tradursi in un astensionismo senza precedenti, finisse proprio negli ultimi giorni per appassionare il dibattito politico isolano coinvolgendo le massime istituzioni regionali. Non era detto, non era scontato, eppure è innegabile, a quattro giorni dal voto, che sia così. E a trasformare la tornata elettorale di domenica in una sorta di referendum sul governo regionale è stato, forse senza averne piena consapevolezza, proprio chi forse aveva meno interesse a che ciò avvenisse, e cioè Rosario Crocetta. Perché è difficile negare che dopo le polemiche e le bordate del governatore all’indirizzo di Giovanni Fiandaca e dei suoi sostenitori, la sfida tutta interna al Partito democratico abbia assunto, non solo mediaticamente, i contorni di un redde rationem nel principale partito di governo.

Gli anatemi di Crocetta hanno portato a una drammatizzazione del conflitto interno ai democratici, offrendo al giurista palermitano – che in questi anni aveva incrociato la strada della politica siciliana ma mai da protagonista – una insperata investitura, quasi un gigantesco, involontario spot. Tutto gentilmente offerto dallo stesso governatore, che con l’irruenza dei suoi attacchi ha consacrato il professore Fiandaca come una sorta di icona dell’anti-crocettismo, concetto vago e sfuggente quanto il suo opposto, che ciascuno può declinare a proprio uso e consumo.

Il risultato è che la partita delle Europee in casa Pd ha assunto ancora di più negli ultimi giorni l’aspetto di un referendum sul governo e sul governatore. Il tutto proprio nel momento più difficile dell’era Crocetta, nel pieno di una crisi finanziaria che proietta sulla Regione ombre inquietanti già nel brevissimo periodo. Alle prese con migliaia di stipendi bloccati, spettri di default sbandierati dai più pessimisti, sindacati sul piede di guerra, associazioni di categoria deluse, alleati riottosi e inquieti, maggioranza defunta, il governatore ha scelto di impegnarsi in prima persona nella campagna elettorale, non per il suo partito, verso il quale lo stillicidio di improperi non si è fermato, ma per la sua corrente, spendendosi anima e corpo per la candidatura della sua ex assistente oggi assessore Michela Stancheris. Una scelta già di per sé rischiosa, questa. Ma a rischio, Crocetta ha voluto aggiungere rischio. In questo seguendo uno schema a lui consono, quello secondo il quale la miglior difesa è l’attacco. Una tattica che in passato ha funzionato, ma che oggi, con l’attacco frontale rivolto a Fiandaca, rischia di trasformarsi in boomerang, se alle urne il Prof – che già riscuoteva in partenza le simpatie di una fetta di borghesia stanca dei cosumati riti di una sempre più stanca antimafia politica – batterà la Stancheris.

A prescindere dall’esito del voto, però, gli strali di Crocetta hanno già avuto un primo effetto autogol, compattando il resto del partito a difesa di Fiandaca, con tanto di nota ufficiale della segreteria romana. Raccontano che il premier Matteo Renzi sia particolarmente irritato per lo spettacolo offerto dal partito in Sicilia. Il timore è che lo scontro fratricida penalizzi la lista, tuto a vantaggio di Grillo, e che alla fine dei conti la Sicilia rappresenti il tallone d’Achille del Pd che a livello nazionale permetta ai Cinque stelle di insidiare il partito del premier.

In questo clima, complici anche i ben noti problemi ai conti regionali e l’imminente giudizio della Corte dei conti sul bilancio, è molto difficile esercitarsi in pronostici ottimistici per il governo. Per il quale, dal 26 maggio, potrebbero cominciare tempi durissimi.


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