Il Pd siciliano colga l'occasione - Live Sicilia

Il Pd siciliano colga l’occasione

Inaccettabile e imperdonabile sarebbe un Pd siciliano che non cogliesse un’occasione storica per meritarsi in proprio il risultato elettorale alle europee.

Al di là dei vertici romani già consumati nelle scorse ore, e di quelli palermitani già programmati nei prossimi giorni, le domande sono due, impellenti, secche. Vuole la Sicilia con le sue istituzioni, Giunta di governo e Assemblea Regionale, essere per una volta parte integrante di un processo, ormai avviato nel Paese, tendente a superare anni d’immobilismo sul fronte delle riforme, del lavoro, dello sviluppo e della lotta ai privilegi della casta, politica e burocratica?

Vuole il Partito Democratico, dopo lo straordinario risultato nazionale alle recenti elezioni europee, porre fine in Sicilia alle sue lacerazioni e costituire un punto di riferimento per chi vuole costruire un credibile soggetto del cambiamento nel rapporto assai logoro, quasi assente, tra politica, istituzioni e cittadini? Perché è su entrambi gli aspetti, strettamente collegati, in considerazione pure del fatto che il presidente della Regione è del Pd, che dobbiamo posare il nostro sguardo. Soprattutto all’indomani del 25 maggio quando, inaspettatamente e grazie unicamente all’effetto Renzi, il Pd siciliano torna a essere il primo partito nell’Isola. Ciò, nonostante l’eccessivo e patologico correntismo, i forti contrasti che hanno segnato le settimane precedenti al voto, che perdurano tuttora, e le posizioni incerte, non univoche rispetto al governo Crocetta, un governo che oggettivamente ha ancora molta strada da fare, che deve darsi con urgenza un’agenda, con tempi certi, sulle riforme da realizzare e su una spesa oculata dei fondi europei.

Forse a qualcuno non è chiaro che la Sicilia, con il suo stato di estrema sofferenza sul piano economico e sociale, con l’enorme distacco tra i siciliani e la politica, che appare asserragliata nei palazzi del potere a tutelare rendite di posizione e a rincorrere poltrone secondo gli schemi usurati del manuale Cencelli, era candidata a registrare il massimo dell’astensionismo, già comunque rilevante, e uno straripante voto di protesta. Se non è accaduto è perché la novità rappresentata da Matteo Renzi, insieme ovviamente al suo progetto e alla sua squadra, quindi niente culto della personalità, è stata considerata una sorta di ultima spiaggia della speranza. Un voto di fiducia e di responsabilità, non d’appartenenza o, come furbescamente qualche notabile vuol far credere, di “proprietà” di capibastone o di singoli candidati, che onora gli elettori di una terra tuttora martoriata e massacrata da mafia, mala politica, disoccupazione e sottosviluppo.

Sarebbe davvero inaccettabile e imperdonabile se a questa fiducia e responsabilità, se alla speranza si opponesse un’azione del Governo regionale e dell’Assemblea regionale siciliana avvertita come lenta, confusa, non sufficientemente adeguata alle giuste aspettative dei cittadini e alla drammaticità del momento. E altrettanto inaccettabile e imperdonabile sarebbe un Pd siciliano che non cogliesse un’occasione storica per meritarsi in proprio quel risultato elettorale alle europee, dovuto invece a dinamiche e protagonisti esterni, magari migliorandolo, attraverso un lavoro costante di rinnovamento, di armoniosa sintesi tra le diverse anime esistenti e di dialogo con i mondi vitali della società siciliana, in particolare con i giovani, le famiglie e le imprese.


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