Eni, la notte senza fine di Gela | I lavoratori: "Stanno chiudendo la Sicilia" - Live Sicilia

Eni, la notte senza fine di Gela | I lavoratori: “Stanno chiudendo la Sicilia”

La rabbia dei lavoratori della raffineria. Il nostro reportage.

CALTANISSETTA (GELA) – Quella di oggi sarà una lunga notte per i lavoratori dell’indotto e della raffineria di Gela. È ormai la terza. E non sembra essere l’ultima. Dopo cena si daranno il cambio della guardia ai presidi e domattina li raggiungeranno altri colleghi. Poi a ruota, ad oltranza. La preoccupazione e la disperazione per un futuro lavorativo che non c’è si tocca con mano dopo l’annuncio dell’Eni di ritirare gli investimenti di 700 milioni di euro. Nella saletta sindacale si alza la voce, si entra e si esce, si prende parola. È tutta una confusione generale mentre i sindacalisti tentano di parlare e le voci si accavallano l’una sull’altra. Ci uomini e donne lì dentro. Che chiedono alle proprie sigle sindacali cosa fare, come comportarsi domani, e dopo domani. Una cosa è certa. Non abbandoneranno la protesta e non permetteranno che l’azienda se ne vada così di punto in bianco.

Fuori le bandiere colorate della Cgil, Cisl e Uil sventolano sotto un sole cocente. Sotto i gazebo un gruppo di lavoratori gioca a carte, in attesa del cambio, qualcun altro posta foto su Facebook. Tra loro uno grida e raduna attorno a sé una piccola rappresentanza di colleghi. “Alcuni dei nostri sono qui da 24 ore. Diamogli il cambio. Qualcuno resti ai gazebo per la prossima notte”. Un altro gli fa eco e aggiunge: “La lotta è unitaria, deve coinvolgere il paese. Non deve interessare solo i lavoratori. Tutta la città scenda in piazza”. Sullo sfondo le ciminiere della raffineria Eni. Poco fumanti. Il vento cambia la direzione della coltre. Intanto, con una mezz’ora di ritardo inizia la riunione sindacale sotto un clima di fuoco, di disperazione, di lotta, di perseveranza.

“Continuiamo a fare presidi ma garantiamo il cambio turno”, dice Emanuele Gallo, segretario provinciale di Caltanissetta della Cisl, considerato che all’interno della raffineria ci sono lavoratori che per garantire la sicurezza degli impianti non escono da trenta ore. Il primo pensiero è per i colleghi, per quei padri di famiglia che a causa dei blocchi non escono dalla Raffineria da più di un giorno e mezzo. “Anche loro lottano con noi, siamo padri, figli, mariti e siamo disperati”, grida un lavoratore. E poi scoppia a piangere. “Dovete dirci cosa dobbiamo fare – urlano i lavoratori -. Noi da qui non ce ne andiamo. Dobbiamo spostare la protesta a Roma, dobbiamo far sentire la nostra voce a chi sta al potere nazionale”.

La tensione è palpabile. Nella saletta sindacale più di centocinquanta persone incontrano i sindacati. L’aria è irrespirabile per il caldo e l’angoscia in una sala troppo piccola per contenere tutta quella rabbia esplosiva. E via con i commenti delle sigle Cgil, Cisl e Uil. A turno i rappresentanti delle categorie – sono tanti – prendono il microfono. E senza non poche difficoltà riescono a parlare. Comincia Gaetano Catania, segretario generale provinciale della Filctem Cgil. “Non fare questo investimento, è inaccettabile – tuona -. Continueremo la lotta perché l’azienda desista da queste intenzioni. Ci sono serie difficoltà. Qui il nostro interlocutore è Eni, ma Eni ha sentenziato una politica economica che pensa solo a rinsaldare le proprie casse, abbiamo bisogno che l’accordo del 19 luglio 2013 sia riconfermato. Solo la produzione energia elettrica, l’esplorazione e la raffinazione sono progetti che potranno salvaguardare il lavoro. Il petrolio non deve uscire dalla Sicilia e deve essere raffinato a Gela”. Antonio Ferro, segretario regionale Uiltec: “Dopo vent’anni hanno abbandonato il paese. Il territorio e i lavoratori non interessano a nessuno. Questa non sia una vertenza Gela ma una vertenza Sicilia. Pezzo dopo pezzo ci stanno chiudendo quello che avevamo. Siamo un popolo abituato al silenzio, che si sveglia solo quando ci arriva la pietra in testa. Ad uno ad uno ci spellano tutti, facciamo la fine dei capponi. Dobbiamo aprire un tavolo di confronto a livello nazionale in cui il Governo si sieda con i sindacati. Intanto apriamo presidi anche nel centro della città e non solo nei pressi della raffineria”.

I lavoratori chiedono di sapere cosa il sindacato intenda fare per le prossime ore. Mentre tramite smartphone e iPhone ci si tiene aggiornati sui commenti politico-istituzionali della vicenda. Si dice che Rosario Crocetta non è stato ricevuto dai vertici del colosso del cane a sei zampe. “È un atto scellerato, un’offesa alla Sicilia”, tuona Ignazio Giudice, segretario generale della Cgil di Gela. “Stasera – dice – il sindacato deve riflettere su come spostare la vertenza a Roma. Dobbiamo fare uscire dalle case le casalinghe, gli invidiosi che pensano che i lavoratori hanno il pane e loro no, gli studenti disoccupati, i sacerdoti. Senza Renzi che ci da una mano siamo fregati. Dobbiamo comprendere che se lo sciopero non basta, dobbiamo andare a Roma con pullman, treni, macchine”. Poi prosegue: “Ai blocchi non ci sono mafiosi, terroristi ma uomini e donne che vogliono vivere con dignità. Stasera proclamiamo lo stato di agitazione permanente e firmeremo un documento da inviare al Governo ed alle forze di polizia. Sono stato sentito dalla procura per un’ora e mezza che voleva sapere perché io partecipassi ai presidi”.

“Siamo in presenza di un gruppo multinazionale di proprietà dello Stato italiano che per la prima volta nella storia non rispetta gli impegni sottoscritti e questo è un fatto gravissimo”. Lo dice Nino Giannone, segretario provinciale di Caltanissetta della Cgil. “Non può un’azienda tradire gli accordi che ha sottoscritto col sindacato. L’Eni ha giocato in maniera truccata non assumendosi le responsabilità. Ha tentato di scaricare prima sul sindacato e poi sul ministero dell’Ambiente scelte per le quello erano già state prese decisioni. Pensiamo di procedere dando un’accelerata a questa lotta in vista di alcuni obiettivi da raggiungere. La lotta deve coinvolgere tutta la città ed il comprensorio. Non devono essere solo i lavoratori del diretto e dell’indotto a ribellarsi ma anche i commercianti, i coltivatori diretti, le istituzioni e i comuni del comprensorio. Proponiamo una giornata di sciopero cittadino. Chiederemo – aggiunge Giannone – alle istituzioni locali e alla regione che la vertenza si sposti da Palermo, dove non ci sono per noi interlocutori, a Roma dove c’è lo Stato e l’Eni. Stileremo stasera un documento per chiedere un tavolo di trattative romano. La nostra non sia solo una battaglia. Dobbiamo avere una tutela sociale, molte aziende hanno esaurito la cassa integrazione. E non possiamo dire ai lavoratori di andare avanti senza una tutela previdenziale. L’Eni si proietta solo verso fenomeni speculativi legati all’estrazione del petrolio”.

Insomma, la calma non sembra voler rientrare. Qualcuno però tende a sedare gli animi. E mentre lasciamo i presidi, ci accorgiamo che la fila delle auto parcheggiate nei pressi della raffineria è cresciuta a dismisura. La gente continua a scendere per strada. La lotta sarà dura. I primi squilli sono chiari. Le segreterie provinciali di Cgil Cisl e Uil del nisseno hanno deciso, entro il 20 luglio, la proclamazione di uno sciopero generale Gela si mostra solidale. Il sindaco, Angelo Fasulo, ha proposto una riunione del consiglio comunale ai cancelli della fabbrica, tra le maestranze in lotta.


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