Il capopolo Gesip contrattacca: |"Noi, rovinati dai politici" - Live Sicilia

Il capopolo Gesip contrattacca: |”Noi, rovinati dai politici”

Giacomo Giaconia

Da due giorni Giacomo Giaconia si trova rinchiuso all'Ucciardone con l'accusa di avere guidato la frangia più violenza dei precari dell'ex partecipata del Comune di Palermo. Nel corso dell'interrogatorio di garanzia si difende e accusa "politici, raccomandati e sindacalisti".

PALERMO - L'INTERROGATORIO
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PALERMO – Ma quale capopolo, quali violenze e scontri. Giacomo Giaconia non si limita a difendersi, contrattacca. Se la prende con il “magna magna dei politici” che hanno fatto lavorare “i raccomandati” e “hanno rovinato la Gesip”. Anzi, “il gioiellino Gesip” dove tutto funzionava a meraviglia.

Da due giorni Giaconia si trova rinchiuso all’Ucciardone con l’accusa di avere guidato la frangia più violenza dei precari dell’ex partecipata del Comune. Davanti al giudice per le indagini preliminari Fernando Sestito, nel corso dell’interrogatorio di garanzia in presenza degli avvocati Melchiorre e Alessandro Piscitello, Giaconia ammette sì di avere partecipato alle manifestazioni di piazza, di avere – spinto dall’esasperazione – anche pensato di darsi fuoco, ma mai ha fomentato i precari. Al contrario si attribuisce il merito di avere fermato qualcuno che aveva perso la testa, come il collega che voleva lanciare una bombola contro i poliziotti, oppure quelli che avevano bloccato i treni alla Stazione centrale. Impossibile che sia andato in escandescenza, racconta, visto che doveva occuparsi della moglie, disabile in carrozzina, che partecipava alle manifestazione.

Di fatto Giaconia nega il contenuto delle intercettazioni, il cui linguaggio era da guerriglia. Avrebbe ipotizzato di sabotare le elezioni comunali del 2012: “… u capisti chi u 4 maggio ca vieni i venerdì… e duminica e lunedì ci sunnu le elezioni… anzi miegghiu e… anzi aviemu u tiempu tra domenica e lunedì… ho capito avremo u tiempu tra domenica e lunedì di irinni a barricare… iddi si fannu le elezioni e nuatri siemu tranquilli?”. E sempre lui diceva, parlando del liquidatore Giovanni La Bianca: “chistu ca…avi mali intenzioni chistu i liquidat…o sinni va cu noiatri o puru u ieccamu i ddà ncapo…”. Parole dettate dall’esasperazione. Nulla di più, secondo l’indagato che ricorda di essere stato più volte chiamato dai sindacati per sedare gli animi. Anche per le organizzazione sindacali Giaconia non usa parole tenere. Alla fine dice di sentirsicome “uno che sta pagando per tutti”.

È stato interrogato anche Francesco Madonia, ai domiciliari così come Salvatore Spatola. Ha ammesso di avere detto frasi che richiamavo alla guerriglia, ma solo perché “ero disperato e dicevamo cose assurde”. Era un modo “per farci ascoltare”. Ha toccato le corde della disperazione, di chi come lui, a 54 anni, si è ritrovato “senza un lavoro per campare la famiglia”. La sua reazione può essere stata spropositata, ma “va capita” perché “mi hanno toccato il pane”.

 


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