Vita da cani - Live Sicilia

Vita da cani

Cosa vuol dire essere in compagnia di un cane. Cioè, cosa vuol dire a Palermo...

Giacomo Cacciatore
di
4 min di lettura

Un animale domestico ti cambia la vita. La percezione delle cose che ti circondano. Pensavo che fosse un luogo comune, ma non è così. Posso dirlo con cognizione di causa perché sono, ormai da poco meno di un anno, felice padrone di una cagnetta meticcia di nome Mia. Potrei anche aggiungere che è Mia a essere diventata mia padrona, ma quella è un’altra storia. Tornando alla percezione della realtà circostante dopo qualche mese di vita da cani (da intendersi “con” un cane), da quando Mia è con me, vivo la città da una prospettiva inedita. Che, purtroppo, è invece ben nota a una nutrita schiera di cittadini che abitano nel mio quartiere, ormai sul piede di guerra. Ho cominciato a fare caso a dettagli sui quali prima non ponevo la minima attenzione e ho scoperto quanto segue:

1) un cane annusa e tende a ingurgitare tutto ciò che incontra sulla propria strada. Pratica dannosa alla sua salute, ma pure al mio buonumore. Perché il naso canino è come uno scanner. L’immondizia che sfugge allo sguardo umano, il tartufo di una Mia la intercetta. Ne consegue ciò: da quando ho Mia, so che il tratto via Almeyda, laterale a villa Trabia, è molto più sporco di quanto avessi mai immaginato. I pezzi di pane duro, i rollò incartapecoriti, le pizzette mangiucchiate e mummificate in tovaglioli unti la fanno da padrone. E più i resti sono secchi, meno c’è passata sopra la scopa dello spazzino.

2) Un cane produce cacca. E, in questo frangente, mette alla prova il senso civico del proprio padrone e denuncia l’inciviltà di altri cinofili. Io sono sempre munito di apposito sacchetto per la raccolta delle feci dell’amica a quattro zampe. Un’altissima percentuale dei padroni di cani del mio quartiere, no. Non si prende questo disturbo. Ci vuole poco a capirlo: basta pestare una delle cento merde libere e belle delle quali sono disseminati i marciapiedi del suddetto tratto stradale. Incluse via Lojacono e via Domenico Costantino, intorno a villa Pottino: un letamaio.

3) Il sacchetto per la raccolta delle feci impone stomaco di ferro a chi ne fa uso. Perché la cacca incellofanata andrebbe buttata in un cestino dei rifiuti. Niente di più facile, se non fosse che i cestini della zona di via Lojacono e di via Almeyda sono spesso stracolmi di immondizia. Buttarci dentro un sacchetto significa immergere la mano in un ammasso di scarti non identificabili. Pazienza, si dirà. A questo servono i cestini pubblici. A raccogliere rifiuti. E’ vero. Ma andrebbero svuotati almeno una volta ogni due mesi. Chi ha ramazza per intendere, intenda.

4) I cani amano l’aria aperta, i prati sconfinati, la compagnia di altri cani. L’ideale è un parco. Io ce l’ho: villa Trabia. All’interno, esiste una specie di riserva umana e canina recintata, gestita da volenterosi cinofili. Ci porto Mia ogni mattina. Grazie a lei, mi sono impelagato in un enigma. Villa Trabia un tempo aveva un bellissimo portone secondario che si apriva su via Almeyda. Dico “aveva”, perché è chiuso da qualche anno. Lo hanno sbarrato dopo una lunga fase di onorata carriera, lo hanno riaperto per un breve periodo, qualcuno lo ha fracassato ed è stato richiuso. Non chiedetemi perché. Non lo so e sono io a domandarlo. Ogni tanto, memore del fatto che anche i cittadini dotati di cane pagano le tasse, qualche anima misericordiosa schiude un portoncino di servizio a duecento metri dall’ingresso storico fuori uso. I contribuenti col guinzaglio, residenti nell’area di via Lojacono, godono così del lusso di infiltrarsi a villa Trabia come ladri di polli senza dover fare tutto il giro del muro di cinta del parco, quasi fino a piazza Diodoro Siculo, dove si può finalmente varcare l’ingresso funzionante, insieme a quello (sempre socchiuso) di via Marchese Ugo.

Dico la verità: non ho osato informarmi su chi si occupi di farci sgattaiolare attraverso quel portoncino metallico. Anche perché questa elemosina è offerta solo in certe mattine, se qualche pallino comanda. A chiedere troppo, qualcuno potrebbe prenderla male e la porticina di ferro potrebbe restare sigillata per sempre. E chissà che, uno di questi giorni, anche il cancello principale non si becchi un bel catenaccio perenne. Perché le ville sono belle, ma le regole che le governano – quelle vere, di consuetudine rafforzata dall’uso, non quelle dell’ordinanza comunale che spicca su qualche targa arrugginita – rimangono un mistero cangiante e volubile. Chissà che Mia non sappia annusarne l’arcano e rivelarmelo, in futuro. O, miracolo ancora più grande, chissà se il sindaco Orlando voglia risolvere il problema tramite l’assessore competente.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI