Fotovoltaico, mazzette e regali | Nuovo scandalo alla Regione - Live Sicilia

Fotovoltaico, mazzette e regali | Nuovo scandalo alla Regione

Sotto inchiesta politici, dirigenti e funzionari. Coinvolto l'ex assessore Pippo Gianni. E i soldi puzzano di "camorra". L'indagometro.

INCHIESTA A PALERMO
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PALERMO – Televisori, telefonini e soldi in contanti per “spingere” la concessione di un impianto fotovoltaico. Ecco servito il nuovo scandalo giudiziario che travolge gli uffici regionali. Stavolta tocca all’assessorato all’Industria, le cui competenze, mentre le indagini andavano avanti, sono state divise fra gli assessorati all’Energia e alle Attività produttive. L’affare finito sotto accusa è quello dell’impianto realizzato dalla Heliospower srl a Monreale, in contrada Scardina, fra il 2009 e il 2010. Una “fattoria solare” autorizzata dalla Regione, costruita e poi venduta ad un gruppo spagnolo a suon di milioni di euro.

Sotto inchiesta ci sono l’ex assessore all’Industria Pippo Gianni (è accusato di corruzione perché avrebbe ricevuto in regalo un televisore e un telefonino); Martino Russo e Francesca Marcenò, dirigenti dell’assessorato (per il primo l’ipotesi è di corruzione – anche lui avrebbe ottenuto un televisore – mentre per la seconda si ipotizza l’abuso d’ufficio); Salvador Vittorioso, dipendente dell’assessorato regionale Agricoltura e foreste (associazione a delinquere e corruzione), il commissario della Polizia municipale di Palermo, Salvatore Grippi (associazione a delinquere e corruzione); gli imprenditori toscani Luciano e Francesco Meoni e il loro dipendente Sandro Marchesi (sono indagati per associazione a delinquere e corruzione); i faccendieri Franco Barbetta e Ledo Pacchiarotti (concorso in corruzione).

L’avviso di conclusione delle indagini, firmato dai pubblici ministeri Luca Battinieri e Roberto Tartaglia, è stato notificato in questi giorni. I difensori degli indagati replicheranno solo dopo avere studiato il fascicolo dell’inchiesta. Chi parla è Pippo Gianni: “Mai avuto a che fare con tutta questa storia. Mai firmato un atto amministrativo che riguardasse Monreale. L’assessore si limita a dare l’indirizzo politico. Ben vengano le indagini, sarò felice di chiarire tutto. L’unica certezza è che ho fatto funzionare l’assessorato per un anno, sbloccando milioni di risorse. Mi dispiace che ci sia qualcuno che abbia parlato di me”. E il televisore? “Me lo ha regalato il mio assistenze, uno dei tanti regali che ricevo”.

C’è voluto tempo per sviluppare l’inchiesta avviata a Napoli e poi trasmessa per competenza a Palermo. I magistrati partenopei si sono concentrati sul lucroso business dei cd contraffatti attraverso cui la Camorra accumulerebbe montagne di denaro. Seguendo i canali di investimenti dei soldi sporchi la Procura di Napoli si è imbattuta in Francesco e Luciano Meoni, padre e figlio, amministratori della Airon Group spa, la finanziaria fiorentina che controllava la Heliospower srl, appositamente creata per realizzare e gestire l’impianto di Monreale. Entrambi, nei mesi scorsi sono finiti in carcere su ordine di un’altra Procura, quella di Bari. Vengono, infatti, considerati gli ideatori di un meccanismo per evadere l’Iva e l’imposta dovuta alla Siae per ogni singolo cd o dvd venduto. La merce, importata dall’estero, sarebbe stata venduta a prezzi stracciati in Italia.

Seguendo i Meoni, i pm – napoletani prima e palermitani poi – hanno scoperto che la Airon aveva differenziato i suoi affari nel settore delle energie alternative. “Oliando il sistema con le tangenti” gli imprenditori toscani si sarebbero garantiti una corsia preferenziale all’assessorato all’Industria. L’iter della loro pratica non avrebbe conosciuto tempi morti e intoppi burocratici. E sarebbe giunta ad autorizzazione nel 2009.

Il prezzo della corruzione di Pippo Gianni e Martino Russo sarebbero stati due televisori Lcd, di 46 e 42 pollici, e un telefonino (solo nel caso dell’ex assessore). Su input dei Meoni, Russo, Grippi e Gianni sarebbero “intervenuti sull’operato della Marcenò, responsabile del procedimento per l’impianto di Monreale”. Quest’ultima, “agendo in violazione dei doveri di trasparenza, d’imparzialità e di perseguimento esclusivo del pubblico interesse” si sarebbe adoperata per favorire la Heliospower. In particolare, grazie al suo intervento, l’impianto sarebbe stato catalogato come “sperimentale”, un requisito indispensabile per consentire alla società di godere delle agevolazioni previste dal piano energetico regionale. Ad esempio, l’esenzione dall’obbligo di dimostrare di essere in possesso di una fideiussione bancaria. Ed ancora, “facendo indebito ricorso al silenzio assenso per superare il mancato rilascio del nulla osta da parte della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali” nel corso della conferenza di servizio indetta dalla Marcenò.

Chi avrebbe intascato soldi in contanti per agevolare la pratica e passare notizie riservate sull’iter burocratico sarebbe stato Vittorioso. Nel suo caso i pm parlano di somme di denaro non meglio quantificate. E non sono gli unici soldi su cui si concentra il lavoro dei magistrati palermitani convinti di avere intercettato denaro in contanti che stava per arrivare in Sicilia con l’obiettivo di foraggiare chissà quali funzionari.


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