Da Cuffaro a Crocetta | Squadra che vince non si cambia - Live Sicilia

Da Cuffaro a Crocetta | Squadra che vince non si cambia

Gianni Silvia, nuovo direttore della Formazione è solo l'ultimo esempio. Il governo della rivoluzione si affida a dirigenti e politici che hanno recitato ruoli di primo piano durante le ere Cuffaro e Lombardo. Alla faccia della “rivoluzione". Tutti i nomi.

PALERMO – “Indietro non si torna”, diceva il presidente. Proprio mentre tornava indietro. Via Anna Rosa Corsello, ecco arrivare Gianni Silvia al vertice del dipartimento Formazione. Burocrate esperto e dal curriculum prestigioso, per carità. Ma non certo simbolo della “rottura” da quel passato nel quale il governatore affonda sempre di più, nonostante continui a prenderne le distanze. Paradossi della comunicazione politica nell’era D.C. Cioè dal “dopo Crocetta”, i manifesti della rivoluzione sono apparsi solo la copia “riveduta e corretta” di quelli della restaurazione. Come il cartellone del circo in città, che pare mutare ogni anno, ma in fondo è sempre lo stesso.

Già, perché è bene ricordare che Gianni Silvia, nel lasciare il ruolo di capo di gabinetto interrompe una continuità totale, una sovrapposizione completa col passato. Quando quello stesso ruolo era stato ricoperto con l’altro governatore, Raffaele Lombardo. Il braccio destro (tale si può definire il vertice di questo ufficio di staff) del presidente condannato per mafia è stato fino a ieri il braccio destro del governatore dell’antimafia. Ma indietro non si torna.

E a dire il vero, di Istruzione Gianni Silvia si era occupato qualche anno fa. Tra il 2006 e il 2008, appunto, quando fu capo di gabinetto all’assessorato Beni culturali e Pubblica istruzione. Allora l’assessore era Lino Leanza. Uno dei più solidi alleati di Crocetta in questa legislatura. Già, indietro non si torna. E l’asse Silvia-Leanza porta dritto a Patrizia Monterosso, che divenne dapprima capo di gabinetto di Raffaele Lombardo, quando il governatore di Grammichele e Lino Leanza andavano d’amore e d’accordo. Mentre la nomina a Segretario generale, voluta fortemente da Lombardo nonostante le furiose polemiche sulla presunta insussistenza dei titoli della burocrate, fu vista quasi come uno “sgarbo” proprio al leader di Articolo 4, che in quei giorni “rompeva” da Lombardo. Segretario generale allora, Patrizia Monterosso, e segretario generale anche oggi. Ma indietro non si torna. Indietro, cioè, quando il senatore antimafia Beppe Lumia rappresentava, all’interno del Partito democratico, uno dei più agguerriti sostenitori di quel governatore già allora indagato per mafia. Quel Lumia che Crocetta lanciò in una drammatica direzione nazionale del Partito democratico con accenti forti e allo stesso tempo surreali. In quei giorni, secondo il governatore gelese, Caterina Chinnici non poteva essere inclusa nella lista perché marchiata proprio dalla presenza all’interno della giunta Lombardo. Non Lumia, ovviamente. Che nelle accese direzioni del Pd in quei mesi aveva difeso all’ultimo sangue l’alleanza con il leader dell’Mpa. Ma indietro non si torna, ovviamente. Ci mancherebbe.

Perché anche il nuovo direttore del Lavoro, Lucio Oieni, non è che sia esattamente di “primo pelo”. Tra il 1998 e il 2000, ad esempio, faceva parte dell’ufficio di gabinetto di quell’assessorato che allora comprendeva i due dipartimenti retti fino a ieri da Anna Rosa Corsello: Lavoro e Formazione professionale. Chi era l’assessore? Era Nino Papania, esponente del Pd poi considerato tra gli “incandidabili” alle Politiche e rappresentante, anche secondo il governatore, di quella Formazione professionale legata alla politica in un abbraccio “mortale”. Indietro non si torna, infatti, dice il presidente, mentre procede con la sua sistematica opera di restaurazione. Perché qualcuno obietterà che i dirigenti, in fondo, sono sempre quelli. Certo, si potrebbe anche controbattere che di dirigenti, alla Regione, ce ne sarebbero 1.800. E che magari, se proprio vuoi fare la rivoluzione, puoi anche andare a pescare altrove. Ma la “teoria” crolla di fronte alla linea di continuità col passato sulla quale Crocetta spesso inscena una danza paradossale.

Come accade anche col tentativo di stendere una mano di vernice rivoluzionaria sull’assessore della Formazione che finalmente avrebbe infranto quel rapporto insano con l’era di Cuffaro. Un tentativo portato avanti negli stessi giorni in cui Pietro Scilabra, padre dell’assessore alla Formazione, veniva tirato via dalla sua attività di insegnante per lavorare come comandato all’Ars. Chiamato da chi? Guarda un po’, dal deputato Totò Cascio, attualmente del gruppo di Articolo 4 ma allora militante nel Pid-Cantiere popolare. Il gruppo parlamentare degli ultimi reduci orgogliosamente “cuffariani”. Ma indietro non si torna, ci mancherebbe.

Peccato che a dare un’occhiata all’identikit della Regione oggi qualche dubbio rimane. Per carità, ne abbiamo scritto anche altre volte. Ma forse non è mai tardi per un breve, sintetico e certamente non esaustivo promemoria. Tra i dirigenti generali più quotati oggi, oltre a Gianni Silvia di cui abbiamo detto, ecco Luciana Giammanco alla Funzione pubblica. Quest’ultima, negli ultimi mesi della scorsa legislatura, fu una delle “preferite” di Raffaele Lombardo, che l’ha scelta per fare il commissario un po’ di tutto: dalla Provincia di Trapani all’Irsap, andando, nell’ultimo caso, allo scontro frontale con l’ex assessore Venturi. Alle Risorse agricole è Rosaria Barresi: la figlia si candidò addirittura con l’Mpa alle ultime elezioni amministrative a Palermo. Vincenzo Falgares a guida del delicatissimo dipartimento della Programmazione fu a lungo il capo della segreteria tecnica di Cuffaro. Ma che vuoi, i dirigenti sono quelli.

Ma la favoletta della discontinuità crolla di fronte al tentativo di presentare come simboli della rivoluzione, personalità che avevano incarnato la stagione passata. E’ il caso ad esempio del presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, difeso al limite del sacrificio dal governatore in più di un’occasione. Cicero qualche anno fa tentò addirittura la corsa verso il ruolo di sindaco col partito del governatore di Grammichele, negli anni d’oro dell’Mpa. Ci provò nella sua città, quella Caltanissetta protagonista della svolta legalitaria della Confindustria siciliana. Che, come con Lombardo, piazza un assessore in giunta. E sempre sulla stessa poltrona. Ieri era Marco Venturi, oggi è Linda Vancheri, che nella scorsa legislatura fu il più costante consulente di Venturi. Indietro non si torna, per carità. E a dire il vero, nelle giunte di Crocetta, questa volontà di rottura non è che si sia notata molto quando, ad esempio, l’Udc ha scelto come propri rappresentanti, a inizio legislatura Patrizia Valenti, Ester Bonafede, Dario Cartabellotta. Quest’ultimo, dirigente generale all’assessorato Agricoltura con Cuffaro e all’inizio del governo Lombardo, poi nominato direttore dell’Istituto vite e vino. Ester Bonafede è stata persino candidata all’Ars fra le fila dell’Aquilone, la lista collegata al presidente Totò Cuffaro nella tornata elettorale del 2006. Patrizia Valenti, invece, ha ricoperto anche il ruolo di capo della segreteria tecnica del presidente di Raffadali. La discontinuità, è evidente. La stessa cercata nella Sanità siciliana dove Crocetta ha scelto prima come commissari o direttori generali (ma in alcuni casi ha dovuto rimangiarsi la nomina) ex commissari di Lombardo come Gaetano Sirna, Mario Zappia e Paolo Cantaro. O, nel corso di questa legislatura un po’ in tutti i rami dell’amministrazione dove Crocetta ha tenuto in alcuni casi fino a oggi, ex commissari di Lombardo come Carlo Turricciano alle Terme di Sciacca, Dario Bonanno (ex candidato Mpa) all’Eas, Antonio Carullo all’Ircac.

Ma il vero capolavoro della discontinuità col passato, Crocetta lo ha compiuto a Sala d’Ercole. Dove, negli stessi mesi in cui inveiva contro un passato da cancellare, si alleava via via col già citato Lino Leanza (ex braccio destro di Lombardo), Giovanni Pistorio (l’altro… braccio destro del leader Mpa), Beppe Picciolo (eletto tra le fila dell’Mpa), Totò Lentini (ex Mpa), Paolo Ruggirello (ex Mpa), Nicola D’Agostino (ex capogruppo Mpa oggi all’Udc), con gli ex cuffariani Nino Dina (Udc), Valeria Sudano e Totò Cascio (entrambi adesso in Articolo 4), Pippo Currenti e Paolo Ruggirello che invece devono la loro elezione anche alla “Lista Musumeci”, abbandonata nel corso della legislatura per transitare tra i partiti alleati del governatore. Ultimo acquisto di Articolo 4, poi, è Maria Luisa Lantieri, eletta con Grande Sud, partito fondato da Gianfranco Micciché, fedelissimo al Cavaliere. Nel caso di Edy Tamajo invece il trasloco ha portato l’ex politico di Gande Sud nel gruppo che fa riferimento all’ex ministro Totò Cardinale dove oggi c’è anche Salvatore Lo Giudice, eletto anche lui col centrodestra e quattro partiti cambiati in una manciata di mesi. E in maggioranza ecco anche Michele Cimino e Pippo Gianni, che con Lombardo furono assessori. Non come la Chinnici, che faceva pur sempre parte di un governo sostenuto dal Pd. No, Gianni e Cimino facevano parte della prima fase del governo Lombardo, quella di “centrodestra”. Quella della continuità col passato di Cuffaro, Berlusconi, Dell’Utri e Micciché. Indietro non si torna, dice Crocetta. È forse, in fondo, il presidente ha ragione. A guardar bene, il presidente indietro è già tornato da un po’.


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