Tre punti persi per strada | Ma la squadra ha un'anima - Live Sicilia

Tre punti persi per strada | Ma la squadra ha un’anima

Edgar Barreto

Benvenuto Caminiti, storica firma rosanero, analizza la sconfitta cui è andato incontro il Palermo al "Bentegodi" di Verona.

PALERMO – Eugenio Fascetti, linguacciuto allenatore toscano di vivida intelligenza, non solo calcistica (per chi ha memoria corta o è troppo giovane, quello che nel 1986 salvò la Lazio, pur penalizzata di nove punti; quello che scovò, praticamente nelle stradine di Bari Vecchia, un talento purissimo come Antonio Cassano e lo fece esordire appena diciassettenne in seria A), una volta ebbe a dire, ridendo sotto i baffi: “Non ne posso più di ascoltare certe ‘menate’ sulla tattica, quando il calcio è essenzialmente una questione di istanti rubati e di spazi sottratti all’avversario”.

Proprio quello che ha saputo fare Juanito Gomez al 32’ della ripresa che, su verticalizzazione geniale di Tachtsidis dalla trequarti, s’è infilato fra Pisano e Sorrentino e li ha “derubati” entrambi: dell’istante e del tempo. 2-1 per il Verona e mancavano solo una ventina di minuti, recupero compreso. Un vantaggio, quello gialloblù, assolutamente immeritato, visto che a menar le danze per buona parte dell’incontro è stato il Palermo: geometrico, ben disposto in campo, aggressivo e sempre pericoloso per le incursioni di quel folletto imprendibile che è diventato Paulo Dybala. Ma il calcio è così, un mistero insondabile che permette spesso al più scarso di prevalere e al più bravo di tornarsene a casa con le pive nel sacco. Eppure stavolta Iachini aveva perfino preso d’infilata tutto il coraggio di cui è capace, togliendo al 25’ Bolzoni per metter dentro Belotti, la cui presenza in campo era stata invocata da tutto il popolo rosanero, sin dall’indomani del suo ultimo gol nella Nazionale Under 21. Insomma, Iachini voleva vincerla questa partita e ci ha provato, magari forzando la sua inclinazione che lo porta al “prima non prenderle e forse ha un po’ sbilanciato la squadra, lui che, pur di non farlo, continua a relegare Belotti in panchina per tre quarti almeno della partita. Sarà un caso, sarà il destino crudele, sarà quel che sarà, ma il Verona fino ad allora aveva solo ruminato calcio d’antan, palla lunga e pedalare e, soprattutto, cross dalle fasce per quel satanasso dell’area di rigore che è Toni. Mi figuravo, mentre faceva a sportellate con almeno un paio di difensori rosa, cosa sarebbe il nostro Palermo se, accanto al velocissimo Dybala potesse giostrare, spalancandogli ogni volta spazi immensi, questo centravanti diabolico, che si fa beffe del tempo che passa e resta l’unico vero centravanti italiano capace di far reparto da solo; che lotta e sgomita come ai tempi belli del Palermo e dei suoi 50 gol tra serie B e serie A in maglia rosanero. Che nostalgia, ragazzi, una spina infilata dritta dentro il mio cuore e, penso, in quello di chi ama veramente questi colori. E’ stato, infatti, Toni – e chi altri sennò? – a sbloccare il Verona, che, dopo il gol di Vazquez sembrava preso da incantamento, e riportarlo in parità.

A proposito, che bel gol quello di Vazquez, su cross radente di Pisano, ciabattata di Bolzoni, respinta d’istinto da Rafael e tocco finale in gol del trequartista argentino, che a quell’azione aveva dato l’avvio con un’apertura delle sue sulla fascia di competenza del tanto (anche troppo) vituperato Eros Pisano.

Il Palermo si stava facendo onore e, pur con le sue ben note lacune, specialmente e centrocampo dove manca un regista puro che governi i tempi di gioco ( Rigoni è cresciuto di molto rispetto alle precedenti sue esibizioni, ma regista non è e mica può diventarlo a comando), faceva la partita e al Verona, al temutissimo Verona di Toni, non concedeva che qualche azione di rimessa. Andato in gol, il Palermo non si è tirato indietro, come purtroppo spesso gli succede, anzi ha cercato il raddoppio, ma pur bello a vedersi, il duo Vazquez-Dybala arrivava alle soglie del gol ma non le varcava più. Incoraggiando il Verona ad attaccare in massa, senza lucidità ma con furia e si procurava diversi corner, oltre ad un paio di punizioni dal limite. Tutta roba di esclusiva competenza di sua maestà Luca Toni, che sulle palle che spiovono in area di rigore diventa come una specie di mille braccia, centopiedi e una miriade di teste: quelli e quelle che puoi arginare solo bloccandolo tipo rugby. Cosa che improvvidamente ha fatto l’irruento quanto ingenuo Andelkovic, che, sull’ennesimo calcio d’angolo a spiovere, al 41’, ha avvinghiato in una morsa l’ex centravanti rosa che, dopo tanto tramestio è crollato a terra che sembrava morto stecchito. In un colpo solo Toni s’è “bevuto” il povero Andelkovic e l’arbitro, l’internazionale Rocchi, che ha subito fischiato il penalty. Avrebbe potuto – e forse dovuto – fare altrettanto per un altro fallo tipo rugby in area veronese ai danni di Drapelà, ma lì ha sorvolato, anzi ha fatto cenno con la mano al rosanero di rialzarsi.

Ma dicevo, sotto le effusioni di Andelkovic, Toni ha prima restituito quanto riceveva, poi è caduto come corpo morto cade. Salvo rialzarsi subito dopo e calciare da maestro il rigore del pareggio veronese. 1-1 e partita da rifare. Specialmente da parte del Palermo, visto che il Verona continuava a speculare sugli sbilanciamenti dei rosanero, che non volevano mollare l’osso, il cui profumo sapeva di vittoria possibile, se non probabile. Con la mossa di Iachini, già ricordata, di Belotti al posto di Bolzoni e, qualche minuto dopo, su un ribaltamento, uno dei tanti, Tachtsidis pescava in verticale Gomez con quel che segue.

Morale della favola: se la coperta è corta, se la tiri da una parte dall’altra ti scopri. Ed è puntualmente successo anche stavolta: se entra la terza punta per un centrocampista devi aggredire fino allo spasimo, fare il secondo gol e poi, magari, vivere di rendita. Invece, è accaduto che il Palermo poteva raddoppiare già al 31’ su lancio di Barreto, ma il pregevole diagonale al volo di Belotti ha solo sfiorato la traversa. E invece loro, sull’unico vero contropiede fino ad allora realizzato sono passati in vantaggio. E la partita si è chiusa lì, anzi abbiamo anche rischiato di prendere il terzo gol in contropiede, ma il tocco finale di Nico Lopez si è spento sulle braccia protese di Sorrentino in disperata uscita fuori dai pali.

Un avvio di campionato nefasto, tre punti regalati, uno alla Samp e almeno due al Verona: chissà quante altre lacrime avremo da piangere ancora, ma io son fiducioso perché questo Palermo ha un’anima e – udite udite – anche un gioco. E il gioco alla fine paga, è un assioma assai caro a Sacchi e a chi capisce davvero di calcio. Tutto il resto è prosopopea, inutile e fastidiosa, come quella di Mandorlini che, a fine partita, si permette di dire che i tre punti il suo Verona li aveva meritati, anche se non aveva giocato bene. E, come sberleffo finale, aggiunge: “Anzi, il fatto di aver vinto questa partita giocando male mi inorgoglisce ancora di più”.


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