Minacce, insulti e aggressioni| Famiglia condannata per stalking - Live Sicilia

Minacce, insulti e aggressioni| Famiglia condannata per stalking

Alessandro Martorana, avvocato di parte civile

Ospitò la cugina che aveva rotto la relazione con il marito. E la sua vita divenne un inferno. Il giudice ha rinosciuto il calvario della ragazza che vive nella periferia di Palermo e inflitto pene pesanti ai quattro imputati.

PALERMO – Un’intera famiglia condannata per stalking. Il giudice per l’udienza preliminare Maria Pino ha usato il pugno duro. Ai quattro imputati sono stati inflitti un anno e quattro mesi ciascuno di carcere. Una pena che ha tenuto conto dello sconto di un terzo previsto dal rito alternativo. Niente attenuanti generiche, però, e niente sospensione condizionale della pena. Un quinto componente del nucleo familiare viene giudicato in un atro processo.

Alla fine a sostenere il peso del dibattimento è stata solo una delle tre donne vittime di minacce e aggressioni. Si tratta della cugina, in casa della quale aveva trovato rifugio la moglie di uno degli indagati. Quest’ultima, assieme alla zia, ha ritirato la querela.

La storia iniziò nel 2011, quando naufragò il matrimonio di una coppia che viveva a Borgo Nuovo. “Mi ha aggredito scaraventandomi contro il muro e serrando le mani intorno al collo – raccontò la ragazza – colpendomi con calci e pugni al mio tentativo di sottrarmi dalla sua presa”. La vittima era terrorizzata. Bussò alla porta della zia che viveva con la figlia. Saranno loro ad accompagnarla al pronto soccorso. Fu l’inizio di mesi di inferno. Prima si sarebbero limitati ad appostarsi sotto casa e lanciare minacce verbali (“sei una morta che cammina, se ti incontriamo ti ammazziamo”) o scritte per sms (“Peccato solo l’ambulanza era meglio il carro funebre, ora ti cercherò di notte e di giorno, l’anima di tuo padre ti punirà, non avrai mai pace e serenità, io ti rovinerò, puoi andare dove vuoi, prima o poi ti troverò”).

Poi, gli imputati avrebbero alzato il tiro per convincere la ragazza a tornare a casa. Le due cugine avevano chiesto al Tribunale un provvedimento d’urgenza per mettersi al riparto dalle violenze. Ed è proprio nei corridoi del Palazzo di Giustizia e nel parcheggio del Tribunale che le due donne sarebbero state avvicinate, minacciate e aggredite fisicamente. D’altra parte uno degli imputati era stato chiaro: “Ti do un consiglio manda la madre dei figli a casa dai suoi figli, perché sono disposto anche all’ergastolo, da questo momento hai 24 ore rifletti bene”.

Ad avere la peggio è stata la cugina. L’unica che ha scelto di proseguire nella denuncia e si è costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Alessandro Martorana. Il giudice le ha riconosciuto una provvisionale di sei mila euro, ma il danno definitivo sarà stabilito in sede civile. Nella relazione dei medici della Psichiatria del Policlinico, reparto in cui la ragazza è stata ricoverata, c’è tutta la drammaticità delle sue condizioni di salute. I sanitari hanno riscontrato “un quadro psicopatologico, esordito a seguito dell’inasprirsi dei rapporti con alcuni familiari, e caratterizzato da deflessione timica con vissuti di solitudine e sentimenti di sconforto, elevate quote d’ansia sia libera che somatizzata, iporessia, labilità emotiva e tendenza al pianto, alterazione del ritmo sonno-veglia con insonnia iniziale”.

E così nelle motivazioni della condanna ora deposiata, il Giudice ha scritto che “nel giudizio di determinazione della pena deve tenersi conto della speciale intensità del dolo, indubbiamente ravvisabile in capo a ciascuno dei correi, e della entità delle offese cagionate alla odierna parte civile. La futilità della motivazione al delitto e la accertata propensione alla violenza fisica, inoltre, costituiscono elementi sintomatici della negativa personalità di tutti gli imputati. Le valutazioni in argomento inducono ad escludere la concessione di attenuanti generiche. Né la mera condizione di incensuratezza degli imputati può indurre a diversa determinazione”.

 


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