Antimafia, la replica di Lumia: | "Indietro non si torna" - Live Sicilia

Antimafia, la replica di Lumia: | “Indietro non si torna”

"Il potere si dimena, si straccia le vesti ed è pronto a tutto pur di colpire il governo Crocetta".

Ci siamo. Le cose sono sempre più chiare. Il potere si dimena, si straccia le vesti ed è pronto a tutto pur di colpire il governo Crocetta. Naturalmente il vecchio potere, quello che ha prosciugato le casse della Regione, che ha distrutto la Sicilia sul piano della gestione dell’acqua, dei rifiuti, della sanità, della formazione professionale, dell’agricoltura … . Roberto Puglisi per attaccare il governo Crocetta utilizza due argomenti triti e ritriti: l’argomento di Sciascia e quello di Lombardo.

Quello di Sciascia è un argomento nobile, che viene strumentalizzato e piegato alla ragion politica. Sciascia aveva un pensiero alto. Era convinto che ogni critica al potere non doveva “farsi potere”, neanche quello dell’antimafia. Ma Sciascia aveva vissuto lontano dai palazzi, non era portavoce del vecchio sistema che quando va all’opposizione non accetta il cambiamento e si organizza per abbattere chi ha il dovere democratico di gestire il potere per cambiarlo radicalmente. Ad esempio, si nasconde di dire, quando si parla di Sciascia, che la sua critica all’antimafia fu rivolta anche a Paolo Borsellino e ai magistrati antimafia di quel tempo. Anche allora il sistema della Prima Repubblica strumentalizzò Sciascia, perchè sentiva che il terreno gli franava sotto i piedi. Tentava in tutti i modi di proteggersi indossando la “maschera sciasciana” per bloccare l’azione antimafia delle procure, cercando di gettare un’ombra su quella stagione.

Poi, dopo le stragi, si osannarono Falcone e Borsellino e l’attacco si spostò sulla Procura antimafia di Palermo, guidata da Caselli. Stavolta strumentalizzando anche l’azione di Falcone e Borsellino, visto che, naturalmente, non potevano farne a meno. Attenzione, ci fu anche un’antimafia che non comprese le scelte di Falcone di collaborare col governo di allora, un governo che presentava in alcune sue componenti personalità compromesse, a cominciare da chi lo guidava. Ma non mancarono figure del vecchio sistema politico, come i ministri Martelli e Scotti, che scelsero di seguire Falcone e tra mille contraddizioni consentirono di aprire una stagione di legislazione antimafia senza precedenti (dna, dda, dia, 41 bis).

La storia si ripete. Oggi il potere sconfitto e in rovina della Seconda Repubblica ritorna ad utilizzare Sciascia. Un potere di cui si omette di dire i danni che ha causato alla Sicilia e di cui i siciliani pagano le più terribili conseguenze in termini economico e sociali. Come il potere della Prima Repubblica si difese in tutti i modi prima di mollare l’osso dei propri affari ed interessi, anche quello della Seconda Repubblica fa lo stesso. Anzi, visto il gioco degli interessi che hanno messo in campo la reazione è ancora più dura e sottile, ha una sua escalation. Addirittura, si spera nel commissariamento della Regione, non si accetta neanche la regola banale della democrazia dell’alternanza e si criminalizza chi come me ha scelto il cambiamento e sostiene questo governo.

Usiamo pure le argomentazioni di Sciascia, usiamole perché aiutino chi vuol cambiare dal pericolo ricorrente di farsi potere, ma non lo pieghiamo al gioco politico o addirittura non tiriamolo in ballo per difendere il vecchio e fallimentare sistema.

Andiamo al Pd. Non mi pare di aver detto una cosa scandalosa sostenendo che in Sicilia la cultura della sinistra ha sempre oscillato tra due estremi: il “radicalismo del no”, ricco di valori che mi hanno sempre affascinato ma incapace di cambiare la società e le istituzioni, perchè sempre attorcigliato su quel “no” ad ogni costo che lo ha reso marginale sul piano elettorale e irrilevante nella stessa rappresentanza di quelle fasce sociali deboli che intende rappresentare; l’altro limite più costante e pericoloso, un vero e proprio male della sinistra è il consociativismo. Una realtà evidente che non scopro certamente io. Fa parte, purtroppo, della storia della politica siciliana, e non solo, e oggi vede nel crisafullismo la sua becera espressione.

Sostenere che il Pd ha bisogno di una stagione nuova con una classe dirigente che sa coniugare legalità e sviluppo, che fa della lotta alla mafia una moderna e rigorosa proposta fatta di leggi, di denunce territorio per territorio, come faccio io e tanti altri rappresentanti coraggiosi delle istituzioni e della società civile rischiando in prima persona, un Pd che promuove un’antimafia moderna, aperta al contributo di tutti senza guardare ad appartenenze e colori politici … è uno scandalo? Un Pd al servizio di un percorso radicale di riforme e cambiamento, capace però di farsi cultura di governo è la vera sfida su cui coinvolgere tutti e costruire una leale unità. Per questo Pd mi sono sempre battuto e continuerò a farlo, anche con il contributo di un Megafono che ha scelto di seguire una strada simile a quella del Big Bang di Matteo Renzi.

Andiamo alla vicenda Lombardo. Qui l’ipocrisia e la strumentalità sono anche un po’ meschine. Il potere della Seconda Repubblica non ha mai accettato che il centrodestra si dividesse, anzi lo ha considerato un nefasto approdo. È chiaro, ho lavorato insieme al capogruppo del Pd di allora, Antonello Cracolici, per dividere quel centrodestra che aveva distrutto la Sicilia. Hanno condiviso questo cammino personalità come Caterina Chinnici, Massimo Russo, Marco Venturi, l’ex commissario nazionale per la lotta al racket Giosuè Marino, Andrea Vecchio … . Insomma, tantissimi leader e pezzi di società che compresero che un’opposizione, appunto, consociativa o del “radicalismo del no” era funzionale solo a tenere il sistema di potere della Seconda Repubblica in piedi. Anche in quel governo si avviarono delle riforme senza precedenti, forse quella più devastante è stata l’opposizione al progetto dei termovalorizzatori, alias inceneritori. Un affare di miliardi di euro prono a molti interessi industriali del Nord e funzionale alla Sicilia della intermediazione burocratico-clientelare e spesso affaristico-mafiosa. La cancellazione totale di quel progetto da pare dell’attuale governo regionale ha convinto quel sistema di potere che bisogna andare avanti anche contro Crocetta.

Puglisi sa bene che quando si profilò il processo di mafia contro Lombardo si fece una scelta più severa di quella prevista dal codice etico del Pd. Staccammo la spina a quel governo e fummo determinanti per andare ad elezioni anticipate. Il centrodestra rimase diviso e il centrosinistra, per la prima volta, vinse le elezioni con Rosario Crocetta, con il contributo decisivo del Pd, del Megafono e delle altre forze moderate che scelsero il cambiamento. Crocetta non ha perso tempo. Ha subito avviato riforme radicali. A lui non gli si può rimproverare neanche la vicenda Lombardo. Ma immediatamente sin dai primi giorni della legislatura si scatenò una reazione e un’opposizione che mai nessun governo ha avuto.

Crocetta ha messo mani a problemi storici, ma anche ai disastri creati dal sistema di potere della Seconda Repubblica che ha governato la Sicilia. Qualche esempio? Solo pochi anni fa è stato svenduto il patrimonio immobiliare della Regione ad un privato che lo affitta sempre alla Regione a prezzi esosissimi. Un affare milionario che naturalmente scatena reazioni contro un presidente che sta cercando in tutti i modi di metterlo in discussione.

Altro esempio: l’informatica. Un altro affare milionario, un settore espropriato alla sovranità dei siciliani. Basti pensare che i server in cui vengono custoditi i dati della Regione si trovano in Valle D’Aosta. La reazione al tentativo di Crocetta di smontare questo meccanismo micidiale è prevedibile. Un altro esempio di affari e cessione di sovranità, che fa particolarmente specie e che mi sta particolarmente a cuore, è quello dell’acqua. Oggi non più dei siciliani, ma di una società in cui è preponderante la presenza di multinazionali. Puntare sull’acqua pubblica può costare caro.

Potrei parlare sempre dei rifiuti, della formazione professionale, della sanità, dei beni culturali, dell’agricoltura, dell’Esa, dei parchi e dell’Istituto zootecnico … per far capire in sostanza che non solo non si accetta il cambiamento, ma si è disposti a tutto pur di bloccarlo e sporcare anche moralmente l’esperienza Crocetta e l’immagine di chi lo sostiene. Ecco perché piuttosto che usare Sciascia o Lombardo bisogna andare al cuore del problema e stabilire se si vuole il cambiamento oppure no. Sia chiaro, i limiti non mancano, i problemi richiedono una costante progettualità e un’ampia condivisione nella società. È un vero e proprio esodo, doloroso e faticoso. I potenti scaltri e cinici usano il rimpianto delle cipolle per impedire l’avanzata verso le riforme. Così succedeva quando il popolo ebraico lasciò la schiavitù degli egiziani e si mise in cammino. Questo gioco di chi si fa censore ed indossa la maschera pirandelliana del radicale cambiamento “tutto e subito” nasconde proprio il più delle volte la difesa del vecchio.

Alludere ad una possibile alleanza tra Raciti e Faraone per abbattere Crocetta la dice lunga sul gioco politico che si vuole mettere in atto. Ma riflettiamo un attimo: può Crocetta accettare quello che Renzi non accetterebbe mai, ovvero bloccare le riforme e tenere in piedi i vecchi equilibri? Possono i renziani siciliani professare questa fede a Roma ed in Sicilia parlare il linguaggio del rimpasto, sempre del rimpasto e ancora del rimpasto, piuttosto che quello delle riforme?

Ecco perché alludere a questa soluzione è un malizioso tentativo politico che non ha un fondamento in quella cultura di governo che vuole investire su una Sicilia e sui giovani, disoccupati o classe dirigente che siano, e che vogliono con tutte le proprie energie tenere il passo del mutamento avviato nel resto del Paese. Anzi per la prima volta gridare al mondo interno che la Sicilia è una risorsa per l’Italia e l’Europa e non un mondo a parte, un meschino fanalino di coda di cui solo vergognarsi. Cambiare, attuare per la prima volta le stupende potenzialità della nostra autonomia siciliana, fare riforme radicali in tutti i settori produttivi e sociali, promuovere un’antimafia moderna di legalità e sviluppo, costruire un moderno Pd, dare energia e valore al sistema delle alleanze, responsabilizzare l’Assemblea alle riforme … è una bella e nobile sfida. La critica anche la più severa, per fare di più e meglio, è ben accolta. Ma indietro non si torna. Giuseppe Lumia

 

Gentile Senatore Lumia, non mi viene nessun piacere dall”attaccare’ il governo Crocetta e, quando ricordo ciò che scrisse Sciascia, mi limito all’enunciato di cui Paolo Borsellino era senz’altro l’esempio sbagliato da fare. Dico solo quello che vedo e come la penso, né mi pare di avere espresso un’opinione isolata: basta prendere un caffè al bar, da Palermo a Capo Passero, per rendersene conto. Purtroppo, i fatti sono testardi. O, come dice lei, “triti e ritriti”. Cordiali saluti (Roberto Puglisi)

 


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