Imprese catanesi alla deriva |Cgil: "Mancano investimenti" - Live Sicilia

Imprese catanesi alla deriva |Cgil: “Mancano investimenti”

La Cgil e la Fiom fanno le prove generali della mobilitazione nazionale di sabato con un presidio e un comizio alla zona industriale di Catania.

CATANIA – “Le aziende non muoiono di articolo 18”. La Cgil e la Fiom fanno le prove generali della mobilitazione nazionale di sabato con un presidio e un comizio alla zona industriale di Catania. Sul palco, allestito davanti allo stabilimento della Stm, si alternano le voci dei delegati di Fiom, Flai, Filctem. Storie di disoccupazione e desertificazione industriale che si consumano ogni giorni sotto il vulcano. Le aziende muoiono, ma non a causa dell’articolo diciotto dello Statuto dei Lavoratori come vorrebbero far credere Renzi e company.

“A Catania le imprese muoiono di assenza di investimenti, di ritardi legati ai tempi lunghissimi della giustizia e della burocrazia, di mafia e di disattenzione da parte delle istituzioni”, spiega Giacomo Rota, segretario generale della Cgil etnea. Tante le vertenze aperte sul territorio che raccontano del lassismo dei governi regionali e nazionali in tema di investimenti (“Myrmex e Stm”) e della rapacità delle grandi multinazionali in termini di “colonizzazione” e progressivo smantellamento dei siti catanesi (“Micron e SeaSoft”). La sindacalista Pina Palella ricorda il calvario delle aziende confiscate alla mafia, come La.Ra. e Riela, oggi al palo perché in attesa che vengano sbloccati i fondi necessari per ripartire. Nel resto dell’isola le cose non vanno meglio.

La Sicilia, infatti, si aggiudica una delle prime posizioni nella classifica delle regioni con “pensioni e redditi più bassi”. “In ambito regionale abbiamo perso qualcosa come 200.000 posti di lavoro e il 15% del potere d’acquisto”, afferma il segretario regionale della Cgil Michele Pagliaro. “Mancano gli investimenti e la politica regionale e nazionale invece di puntare su innovazione, università e ricerca, gioca una partita al ribasso cercando di dare alle aziende competitività comprimendo il costo del lavoro a discapito della produzione”, rincara la dose il sindacalista che invoca un “cambio di passo verso la qualità della produzione”. Ma servono una forte azione politica e dei piani industriali chiari. Il sindacato rimanda al mittente l’accusa di “essere vecchio” nelle pratiche e nei contenuti, ribadendo che è vetusto semmai chi vorrebbe riportare indietro le lancette dei diritti all’ottocento. Fabrizio Potetti, delegato nazionale della Fiom, spiega che la critica del sindacato riguarda anche le legge di stabilità e “l’odiosa norma sulle pensioni”.

“Spostare di dieci giorni il pagamento delle pensioni significa mettere le persone in condizioni veramente difficili”. Rispetto al Jobs Act i mal di pancia del sindacato non si limitano all’abolizione dell’articolo diciotto. “C’è una norma molto preoccupante che riguarda il demansionamento” spiega Potetti. In una fase di crisi questo potrebbe aprire determinati scenari: “Il rischio è che invece di investire sulle nuove tecnologia le aziende vadano a competere sulla riduzione del costo del lavoro”. “Uguaglianza e diritti” sono le parole d’ordine lanciate dal palco e fatte proprie da lavoratori, sindacalisti e militanti della sinistra (Pdci, Sel, Lista Tsipras, Pmli) presenti all’iniziativa. Adesso la partita si giocherà a Piazza San Giovanni.


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