Quanto ci fai paura, Ebola - Live Sicilia

Quanto ci fai paura, Ebola

I racconti di come si muore di Ebola sono pieni di dettagli impressionanti e risvegliano la paura collettiva di una fine atroce.

rosamaria alibrandi
di
7 min di lettura

Un sintetico comunicato del 17 Ottobre scorso, diffuso dall’ANSA, sembra aver riportato la calma a Palermo: “Non ci risulta alcun caso di Ebola, è stato accertato che si tratta di malaria”, ha affermato  l’Assessore Regionale alla salute, Lucia Borsellino.
Nel capoluogo siciliano, difatti,  si era vissuto un clima di ansia da contagio, quando un sospetto caso di Ebola era stato registrato all’ospedale ‘Buccheri La Ferla’. Il diffondersi della notizia, accanto ad una psicosi che non si attenua, ha fatto scattare il  protocollo previsto per questi casi, e il nosocomio ha avviato le tecniche di isolamento precauzionale del paziente. L’attenzione al caso è stata altissima; si sono effettuati gli esami previsti e in ventiquattr’ore si è  ottenuto il responso sui prelievi di sangue inviati al ‘Lazzaro Spallanzani’ di Roma,  ove l’uomo sarebbe stato trasferito qualora gli esami avessero confermato il contagio (vedi ‘Live Sicilia’ 16 e 17 ottobre scorsi).

La vicenda faceva seguito al falso allarme in forza del quale un aereo della Turkish Airlines, diretto a Pisa, era dovuto atterrare a Fiumicino con la procedura di emergenza richiesta dal comandante per il malore di due passeggeri; attivate le procedure per l’emergenza Ebola e trasferiti i pazienti all’ospedale ‘Grassi’ di Ostia, non sarebbero stati riscontrati sintomi riconducibili al virus. Più che reale è stato invece il caso della morte a Lipsia di un  dipendente dell’Onu che aveva contratto la malattia in Liberia, che ha segnato il primo decesso in Germania.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso noto che in Africa a dicembre il  tasso di infezione  toccherà, secondo le stime, dai cinque ai diecimila nuovi casi di Ebola a settimana. Il totale è già a quota  novemila casi, mentre i decessi accertati sono  4.447 con un tasso di  mortalità stabile, pari  al 50%.  Intanto, negli Stati Uniti è stata identificata l’infermiera contagiata dal “paziente zero”, Thomas Duncan, morto a Dallas il 9 Ottobre. Mentre cresce la preoccupazione per le possibili trasmissioni del virus nel nord del mondo, l’immunologo Robert Gallo (scopritore del virus HIV) in visita all’Università di Messina, spiega che «non ci sono al momento virus più potenti di Ebola in Africa e più pericolosi di questo».

Tra leggende metropolitane, smentite e episodi drammaticamente reali, una certezza. Ebola fa paura. In buona sostanza, secondo l’OMS siamo allo stato di emergenza sanitaria internazionale. E mentre si lavora a un vaccino e  continuano i test di un farmaco sperimentale chiamato Zmapp,  si prova a diffondere un’informazione corretta: il virus si trasmette attraverso  il contatto con sangue, vomito o altri fluidi corporei infetti (anche dopo la morte del malato);  non si diffonde a macchia d’olio, perché può essere fermato, ad esempio ​​facendo uso delle procedure igieniche e dei disinfettanti tipici dei nostri ospedali. L’isolamento dei  pazienti sospetti attraverso i protocolli standard di controllo delle infezioni (adottati dai sistemi sanitari più avanzati, ma non sempre in Africa) dovrebbero essere sufficienti a impedire lo sviluppo di un focolaio. Infine, non sempre è fatale anche se non c’è cura; il trattamento prevede delle  terapie di supporto che aiutino i pazienti a mantenere il sistema immunitario abbastanza forte da combattere il virus; farmaci, diagnosi precoce e rapida attuazione della terapia dovrebbero aumentare le probabilità di sopravvivenza. Anche se alcune fonti parlano di una mortalità del 90%, secondo gli ultimi dati la percentuale di decessi sarebbe del 55% circa.

Si tratta comunque della più grave epidemia di Ebola della storia. E se la malattia si espande rapidamente, la paura che contagia le popolazioni occidentali ancora di più; qualche giorno fa il ‘Washington Post’ ha scritto che “è un’epidemia al tempo stesso biologica e psicologica, e la paura cresce più rapidamente del virus”. Perché Ebola fa così tanta paura? Non è un virus nato oggi, il primo contagio risale al 1976. I media ovviamente non sono estranei al problema dell’amplificazione della psicosi, mentre sarebbe utile un po’ più di informazione alla popolazione, e un maggiore supporto in quelle che vengono definite “cure di base”, cure che in Occidente vengono date per scontate, ma che in Africa sono un lusso.
Ebola fa paura, afferma Jacqueline Rastrelli di ‘Futuro Europa’, per la sensazione di déjà-vu che provoca, come in un film apocalittico: messa in quarantena, rafforzamento dei controlli aeroportuali, sintomi terrificanti. I racconti di come si muore di Ebola sono pieni di dettagli impressionanti e risvegliano la paura collettiva di una fine atroce: il malato di Ebola viene isolato dai suoi affetti, condannato a morire solo; i parenti vengono privati di qualsiasi contatto con lui e costretti, impotenti, a vederlo soffrire.

In realtà, secondo la Direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, quelle che seriamente rischiano di essere ancor più penalizzate sono le aree povere del mondo e la   mobilitazione contro il virus Ebola, che terrorizza gli USA, è un ulteriore blocco alla crescita dell’Africa. Un continente dove la sanità pubblica, già scarsa, ora è al collasso. Il Presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, ha scritto su  ‘Huffington Post’: “Anch’io ho paura dell’ebola. Perché mi costringe a guardare in faccia la società in cui vivo. E non mi piace quello che vedo. Perché dietro al tema ebola, ancora una volta, si nasconde quell’ignoranza e quella paura del diverso. Perché ieri come oggi è più facile trovare un nemico e semplicemente respingere il problema. […] Ho paura dell’ebola che alimenta quel sospetto verso il prossimo fino a togliere anche il più semplice gesto di pace rappresentato da due mani che s’incontrano”. Intanto negli USA si pensa di istituire un ministro ad hoc. «Il mondo non fa abbastanza», ha dichiarato il Presidente Obama. Ma guarda, verrebbe da dire. Per chi, verrebbe da chiedere. Nel nord America e in Europa, tuttavia fonti ben informate spiegano che la mortalità dovrebbe essere “significativamente minore”. Significativamente per noi europei e per i nordamericani, ovviamente.

Ma cos’è Ebola?
Un nome comune di cosa o di persone? Un virus che farà scrivere la storia di sé come la peste (o il colera, o la spagnola), o già storia sanguinante, perché di febbre emorragica si tratta, di uomini e donne destinati a diventare polvere anzitempo?
I rumours suggeriscono il male assoluto, la caduta della torre di Babele.
Le rassicurazioni, tuttavia, regnano sovrane perché la società del consenso, degli uomini-formica e del pensiero unico non può permettersi défaillances.
Ebola, ci dicono, nasce in Africa e da lì si diparte. Parte dalla terra che per ogni occidentale è quella dei babbuini, delle capanne di fango, dei grandi tramonti e dei formidabili safari. E dello sfruttamento.
Ebola è il mal d’Africa.
Forse sente le voci, come l’uomo nero che a Milano spaccò la testa a due persone ignare. Ebola certamente è picconatrice.
E piccona uomini e certezze, ed è anche raffinata vendicatrice perché non colpisce solo con violenza il corpo umano ma rivendica a sé il predominio dell’antiumanità su un mondo fallito.

Gli storici moderni hanno raccontato la guerra scatenata dalla peste ed i tentativi di resistenza delle comunità che ne erano afflitte.
Ci hanno raccontato dei cordoni sanitari e degli embarghi, di roghi, di cacce agli untori, e dei monatti, e di un empirismo sanitario che fece messe di morti.
Ma gli stessi storici, non sempre tra le righe, ci hanno, anche, raccontato di una società diseguale.

La malattia, Peste allora, Ebola oggi, non è una piaga d’Egitto mandata da Dio.
La nostra società digitalizzata è un Re nudo che rompe i suoi argini, perché è incapace di arrestare se stessa e di tornare a raccontarsi umana.
E quando Ebola sarà vinta, come tutti sperano, e cominceranno le guerre per l’acqua? Allora sì, assisteremo alle grandi epidemie (peraltro già in atto in Africa), a una falcidie senza tregua.

L’uomo qualunque, quello che ha paura, che difende la sua famigliola e che chiede di essere difeso dal suo contesto, è lo stesso piccolo risparmiatore che arrischia in borsa i guadagni di una vita sperando di lucrare velocemente.
L’uomo qualunque non ha pietà, quando per arricchirsi consente la trasformazione permanente ed irreversibile della natura.
Neanche Ebola ha pietà.
E così sia.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI