I ragazzi sono fiori sbocciati | Lasciamoli urlare - Live Sicilia

I ragazzi sono fiori sbocciati | Lasciamoli urlare

Diritto di replica. Dopo l'articolo 'Ragazzi, non occupate', ecco una posizione diametralmente opposta. E una (brevissima) controreplica.

Prima o poi doveva accadere, ne ero sicuro. Ma non così presto. Certo, gli “anta” incombono e sono padre da un po’. Ma non pensavo che un mio coetaneo – e per di più con un cervello e una penna di prima classe – dicesse cose “da fascista” così presto. Eppure è accaduto. Ho letto l’articolo di Roberto Puglisi di qualche giorno fa, quello sui ragazzi in corteo, e ho pensato: è diventato un fascista! Ma come? Proprio Roberto, il serio il pensoso l’ironico il progressista Roberto, passa attraverso un corteo di giovani che protestano e scrive un articolo – con quella penna e quel cervello – per rimproverarli di non avere un pensiero proprio e di essere dei replicanti: “Anni e anni di cortei giovanili non hanno migliorato niente, casomai hanno apportato mutamenti in peggio, sacrificando la meritocrazia ai danni della retorica. Ci hanno resi più superficiali, ignoranti e stupidi”.

No, Roberto, non è così. Anch’io sono passato da Piazza Politeama quel venerdì mattina. E ho visto altro. Ho visto volti luminosi e belli. Ho visto luce negli occhi di quelle ragazze e di quei ragazzi. Mi sono fermato in mezzo a loro e ho respirato la freschezza del futuro. Ho pensato a quando avevo la loro età e anch’io gridavo slogan vecchi, sotto la sede dell’MSI: “fascisti – carogne – tornate nelle fogne!”. Slogan che non mi appartenevano, che erano dell’epoca dei miei genitori, ma che comunque gridavo e che comunque davano senso e sostanza alla voglia che avevo di cambiare e di rinnovare.

No, Roberto, non è così che si parla dei giovani. Si è giovani perché si sta cercando la propria identità, perennemente sospesa tra il desiderio di emulare i genitori e quello di ucciderli. Gridare i loro slogan per contrastare la società nella quale quei genitori oggi sono o appaiono così ben integrati è proprio questo. È il grido del proprio odio e del proprio amore. È Catullo che studiano che li fa parlare così.

No, Roberto, non chiederti se i loro slogan sono attuali. Non è questo che conta. Conta che a sedici anni hanno voglia di cambiare la società. Quella voglia che noi abbiamo perso, smarriti come siamo nella grigia monotonia delle nostre vite. Questi ragazzi sono fiori appena sbocciati. Lasciamoli urlare. Lasciamoli sfogare la propria rabbia. Lasciamoli occupare.

Oggi pomeriggio ero seduto al tavolino di un bar del centro con mia figlia di cinque anni. Accanto a me un ragazzo e una ragazza parlavano dell’occupazione e io non ho potuto fare a meno di ascoltarli. Lui diceva a Lei: ero molto timido, con l’occupazione mi sono sbloccato. La scuola a questo dovrebbe servire, a sbloccare i ragazzi. E se per sbloccarli, per sentirla propria, occorre occuparla, che la occupino pure. Impareranno più cose della vita durante l’occupazione che durante tante ore con professori svogliati. Ricordati di un maestro vero, Alberto Arbasino: tutto ciò che non so, l’ho imparato a scuola. A scuola si va non solo per sapere, ma soprattutto per vivere.

E allora lasciamoli vivere, questi ragazzi. Facciamo sì che il loro sogno – come cantava Gaber – non si rattrappisca prima del tempo. Che le loro ali non siano ali di gabbiani ipotetici. Che il loro corpo non sia fatto della nostra miseria di adulti che hanno smesso di sognare.

 

Caro “Diversamente Roberto”, la stima è reciproca, come sai. Ma in questo caso – ed è sempre una fortuna – la pensiamo, per una volta, “diversamente”. Tu pensi che quei cortei siano un segno di cambiamento, il nuovo che avanza, ed è legittimo pensarlo, oltretutto hai scritto una bellissima lettera per darti ragione. Io, invece, penso che siano il vecchio che ritorna. Credo altrettanto legittimamente.  (Roberto Puglisi) 

 


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