ROMA – “Se nell’auto bianca che lo trasportava si fosse seduto dietro” Falcone avrebbe potuto salvarsi. Lo ha detto il pentito Gioacchino La Barbera, sentito come testimone nel processo Capaci Bis di fronte alla Corte d’Assise di Caltanissetta, questa settimana in trasferta a Roma nell’aula bunker di Rebibbia per una serie di audizioni. La Barbera ha sottolineato che Totò Riina e Leoluca Bagarella “intendevano comunque lanciare un segnale ben preciso con quell’attentato: la bomba era per Falcone, non era importante l’esito dell’operazione. Nessuno di noi immaginava – ha aggiunto il pentito – che Falcone si mettesse alla guida dell’auto. Se si fosse sistemato dietro, si sarebbe salvato come l’agente Costanza”. Rispetto ai progetti di eliminare Falcone nella capitale, poi sfumati, La Barbera ha spiegato che sarebbe stato certamente più facile agire a Roma. Fu Riina a pretendere che l’operazione fosse portata a termine a Capaci “per dimostrare che in Sicilia comandava lui”. Quindi era destinato ad essere accantonato chi avesse ancora una concezione ‘antica’ di Cosa Nostra: “Santapaola – ha detto La Barbera – era stato già messo da parte e Matteo Messina Denaro era visto da Riina come un ragazzino di Trapani che si chiudeva in casa quando sentiva il rumore di un mortaretto”.
La Barbera ha poi rivelato che circa due settimane prima della strage di Capaci una pattuglia dei carabinieri si trovò a sostare a poche centinaia di metri dal canale di scolo dell’autostrada dove si verificò l’attentato proprio mentre gli uomini di Cosa Nostra stavano sistemando l’esplosivo. “Scesero due ragazzi – ha raccontato La Barbera – fecero un bisogno e se ne andarono. Non si accorsero di noi ma Leoluca Bagarella era già pronto a sparare”.
