Un Natale senza parolacce - Live Sicilia

Un Natale senza parolacce

Per Natale, regaliamo e regaliamoci l’abolizione del turpiloquio

Cari Lettori,

come recitano le miss americane nei loro stereotipati discorsetti di autopresentazione, mi piacerebbe dirvi che per Natale vorrei “la pace nel mondo”. Me ne astengo, e non perché non la voglia, ma perché non è dato, a noi cittadini comuni, il potere di conseguirla. Ad impossibilia nemo tenetur, e non mi va di infastidire invano chi “puote ciò che si vuole”. La crisi sta forgiando il mondo a sua misura; crea un nuovo sistema di dominio, e, nello stesso tempo, si insinua nelle menti demolendo le nostre certezze, sostituendole con una nuova percezione di quel che è  ragionevole attendersi, per edificare la contemporanea dimensione esistenziale sulla precarietà e sulla paura del futuro. Il coacervo di sentimenti che essa genera stanno determinando un pensiero collettivo connotato dalla depressione e dall’assenza di reattività. E, come contrappasso, da una eccessiva, estrema, aggressività. Anche verbale.

Lasciati ai potenti della Terra i massimi sistemi, esprimo un desiderio piccolo piccolo. Per Natale, regaliamo e regaliamoci l’abolizione del turpiloquio, il bando della parolaccia (da riservare, al massimo, ai momenti di sconforto e rigorosamente entro le mura domestiche). Non ne posso più di sentire turpitudini che infestano l’aere. Utilizzo, di continuo ormai, la funzione che su Facebook consente di non vedere più un certo post, perché anche amici al di sopra di ogni sospetto in quanto a educazione, pubblicano messaggi propri e, più spesso, di altri, trovati in rete, pieni di espressioni volgari e di concetti offensivi. Non approvo. Questi tentativi di giovanilismo a tutti i costi, sono patetici. I miei occhi ne restano offesi, come le mie orecchie quando per strada sento di continuo strombazzare ai quattro venti ogni genere di oscenità: un tempo, dirette a un amico in carne e ossa, oggi, gridate dentro uno smartphone.

Sabato sera a Piazza Cairoli, che è stato il salotto di Messina, un gruppo di ragazzini si rincorreva; a un certo momento, una tredicenne, urtata da un compagno, gli ha urlato contro una bestemmia che ha lasciato tramortito persino l’amico coetaneo, aduso, immagino, a tanta disinvoltura. Stavo, come usiamo dire noi siculi, per “prendermi la questione”. Non ho potuto, perché avrei dovuto dire a questa quasi bambina che la compiango. Chissà cosa ascolta in casa, in un’era che vede i genitori trasformarsi, da amorevoli mentori e custodi, in omicidi dei propri figli.

Un periodo di basso impero, quello nel quale viviamo. E allora, cominciamo proprio dal basso. Ripuliamo il linguaggio, lo strumento col quale comunichiamo.

Una favola di Charles Perrault narrava di due sorelle, che, come sempre accade nelle favole, erano l’una buona e l’altra cattiva. Per un incantesimo scaturito dai loro diversi comportamenti, alla prima dalla bocca uscivano perle, alla seconda rospi e serpenti.

Per Natale mi piacerebbe che i rospi diventassero perle.

Auguri.


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