Una parola agli "invisibili" - Live Sicilia

Una parola agli “invisibili”

Che faranno a Natale gli invisibili delle nostre città? E se almeno dedicassimo loro qualche parola?

A Natale siamo tutti più buoni? Non credo. Siamo quello che siamo. Ottimisti, depressi, ingenui, irritati, frettolosi, stanchi. Le festività non ci rendono migliori. Forse ci proviamo. Forse è un momento di riflessione e di bilanci. Forse è un’occasione per immaginarci come vorremmo essere. O forse no. Le festività natalizie sono però, nonostante il mal di pancia di alcuni, la festa della famiglia, del calore, della casa in cui ci si riunisce. Non mancano certo i parenti serpenti, i nervosismi, l’ansia da prestazione per il cenone, la crisi, i segreti, i sogni spezzati, ma è comunque un periodo per stare insieme. Ecco, è proprio questo quello che mi è passato per la testa stamattina, quando in una città più difficile del solito a causa del traffico dedicato agli ultimi regalini, ho rivisto gli “invisibili”. Che faranno a Natale? Giulia, età indefinita, angolo Oviesse, via Libertà; Hans, alto e biondo, marciapiede teatro Biondo; Babu, che non si sa mai quello che ti dice, semaforo incrocio via Cavour; Lidia consunta e dignitosa, portone Bingo di via Emerico Amari; il trio di avvinazzati, ingresso Megastore Adile in via Roma; l’uomo sotto le coperte, portici Benetton di via Ruggero Settimo, e centinaia di altri sconosciuti senza nome per la maggior parte di noi, che s’incontrano ogni giorno ma di cui non sappiamo niente se non che vivono di espedienti ed elemosina. Il più delle volte ci risultano pure fastidiosi: mancano le monetine per comprare i fazzolettini, non si vuole aprire la borsa anche se vendono l’ombrello mentre diluvia. “Sono al telefono”, “Tornatene a casa tua”, “Non ho un futuro perchè ti devo aiutare”… E via di questo passo in un crescendo di pensieri, non precisamente cristiani, non esattamente civili. Facile fare retorica e non ne voglio fare. Il mondo è difficile per tutti e non possiamo caricarci addosso problemi più grandi di noi che neanche chi potrebbe è in grado di affrontare. O non vuole affrontare. Il punto non è questo. Nessuna retorica, zero profondità, solo una domanda. Con chi staranno gli “invisibili” del nostro quotidiano? Con chi parleranno almeno la Notte Santa? Se Papa Francesco ha deciso di far aprire i monasteri per ospitare i profughi, forse ognuno di noi potrebbe accogliere l’idea di fermarsi a parlare con degli sconosciuti. Poche parole, per carità. Niente di impegnativo. Giusto ricordarci che esistono e augurargli Buon Natale e Buon futuro.


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