Uno spettacolo gigante - Live Sicilia

Uno spettacolo gigante

Ottavio Cappellani

Una serata a Noto, per "Buttanissima Sicilia". Uno spettacolo che cresce sempre di più.

Il ricordo di Ottavio Cappellani
di
4 min di lettura

Quando fu pubblicato “Buttanissima Sicilia”, il libro, edito da Bompiani, chi ebbe la fortuna di leggerlo in bozza si rese immediatamente conto che quel libro conteneva qualcosa di speciale, che ne avrebbe fatto di lì a poco un bestseller e poi un longseller (cioè quei libri che non ti stanchi mai di consigliare, di regalare, di rileggere). Con “Buttanissima Sicilia”, lo spettacolo, con la regia di Peppino Sottile, e con in scena Salvo Piparo, Costanza Licata e Rosemary Enea, sta succedendo, se possibile, qualcosa di più, qualcosa di magico e di classico insieme.

Mi spiego.

Molti spettacoli si sgonfiano in corso d’opera, è una cosa che chi frequenta il teatro sa. L’autore si allontana, il regista viene preso da altri progetti, gli attori si abbuttano. Con “Buttanissima Sicilia” sta succedendo l’esatto contrario: lo spettacolo sta diventando un gigante. E ne ha dato dimostrazione sabato sera, a Noto, in un teatro strapieno (Valentino Picone, presente, su un sedia di fortuna, visto che le poltrone erano finite, tornerà a vedere lo spettacolo al Teatro Biondo di Palermo il 31 gennaio prossimo, e questa volta non spaiato, ma con Salvo Ficarra). E cronaca, satira, ipocrisia e verità si sono condensati in un unico come solo e raramente il teatro riesce a fare. La parola di Buttafuoco, grazie alla regia di Peppino Sottile, e alla bravura dei protagonisti in scena, si sta “incarnando”. Per spiegare cosa intendo faccio intanto riferimento alla figura di Salvo Piparo, voce narrante. Durante la prima, a Catania, nel corso della manifestazione “Panorama d’Italia”, organizzata dal direttore del settimanale “Panorama”, Giorgio Mulè, Salvo Piparo aveva dimostrato, e lo scrivemmo, tutta la sua bravura, tra un Petrolini e un’opera dei pupi, animato dal ritmo della parola sicula così come è capace di scriverla Pietrangelo Buttafuoco e con una messa in scena aderente e precisa di Peppino Sottile, che di questa terra e buttanissima è un indiscusso maestro.

Ma sabato, a Noto, al Teatro “Tina di Lorenzo”, ci siamo trovati davanti qualcosa di diverso e maestoso: Salvo Piparo era diventato un mattatore mosso dalla parola. Non più un declamatore o un attore, ma una vera e propria “maschera” (in senso classico) posseduta dal verbo. Non era più lui a scuotere parole e pubblico, ma le parole che attraversandolo lo scuotevano e per suo tramite scuotevano il pubblico, in una serata strana, luttuosa e gioiosa, dedicata da Buttafuoco a Francesco Foresta senza il quale la cronaca non sarebbe mai entrata in una società abituata a tacere. Quella sera, a Noto, si andava in scena quando arrivava la notizia della morte di Foresta e nel commiato col pubblico, condividendo con gli artisti e gli amici la commozione, tutto il teatro ha salutato con un lungo applauso il ricordo del fondatore di Livesicilia. Così cronaca e satira (ancora qui in senso classico) hanno deliziato e torturato il pubblico, che, suo malgrado e per sua fortuna, è diventato inconsapevole protagonista dello spettacolo tutto (come accadeva nel teatro elisabettiano). Era da guardarlo, il pubblico, divertito un attimo prima, punto e pensieroso l’attimo dopo, sobbalzare sulla sedia allo snocciolare di nomi contemporanei con i quali tutti, più o meno, hanno avuto a che fare, da Micciché e il suo zucchero a velo, a Fabio Granata, che prima della messa in scena passava da un camerino a un sindaco, da un ambientalista a una telefonata con direttori di teatri di pietra. Ma non è questo il punto.

Ho fatto un piccolo esperimento: ho provato a cambiare i nomi “muntuati” in scena con nomi classici, non so, Agrippinius, Acidinius, Tettius, Pomptinus, e “Buttanissima Sicilia” funzionava lo stesso. Funzionava di quella “struttura” che Aristotele aveva pensato per le messe in scene. Ed ecco che la regia di Sottile non era più, come era apparsa alla prima rappresentazione, divertente, colta e modernista, ma classica. Così, sabato, a Noto, la parola di Buttafuoco che riesce a fare di profano sacro, e la regia occulta di Sottile, che nasconde dietro il modernismo l’idea antichissima che del teatro qui nacque, si sono impossessati degli attori e del pubblico, facendo della Enea e della Licata (consapevolmente, inconsapevolmente?) il “coro”, l’irrompere e del popolo cinico e degli déi distanti e a tutto abituati, e di Piparo un posseduto, così come dovevano essere posseduti gli attori quando si facevano attraversare dalle parole di Aristofane o di Eschilo.

Vorrei esprimere infine un desiderio, vedere Buttanissima Sicilia nei teatri di pietra, quest’estate, con un Piparo infiammato nel luogo dedicato da sempre, in Sicilia, alla rappresentazione. I classici scrivevano per la loro epoca. Buttafuoco e Sottile lo stanno facendo per la nostra, in maniera sbalorditivamente e maestosamente antica. Anzi: classica.

 

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