Crocetta e la danza dei dossier | Il bluff delle gite in Procura - Live Sicilia

Crocetta e la danza dei dossier | Il bluff delle gite in Procura

La denuncia sul vecchio scandalo di Sicilia patrimonio immobiliare è l'occasione per l'ultima visita del governatore ai pm. Uno strumento usato nei momenti di difficoltà. E utile a coprire il disastro della sua esperienza di governo.

PALERMO – Il presidente si è accorto che qualcosa, nella gestione degli immobili della Regione, non quadrava. Al punto da vaticinare scomodi passi di danza per ballerini numerosi, ma non meglio identificati. Al momento, però, a danzare sono i dossier del presidente. Pescati dall’acquario di Palazzo d’Orleans e periodicamente presentati come fosse pesce fresco in Procura. L’ultimo balletto è del 9 gennaio. E la musica è antica e nota, come quella trasmessa nell’etere della tante “radio nostalgia”. Il presidente si è presentato a Palazzo di giustizia, accompagnato da Patrizia Monterosso con le carte “del più grosso scandalo nella storia della Sicilia”. Quello che riguarda la Spi, Sicilia patrimonio immobiliare.

Rosario Crocetta, quindi, dopo decine di articoli, inchieste e denunce pubbliche si è accorto che qualcosa, nella gestione degli immobili della Regione, non quadrava. Se ne è accorto dopo che addirittura il vecchio governo aveva scelto – affidando la decisione non ai microfoni di una conferenza stampa, ma inserendo la norma in una legge Finanziaria – di depotenziare il ruolo di Spi. Di togliere dall’azienda il “gioco di società” dei palazzi della Regione. E invece, la società dello scandalo è ancora in piedi proprio grazie al presidente Crocetta. E ai suoi governi. Che, nonostante gli annunci disseminati in questi due anni di legislatura (“Chiudiamo tutte le partecipate”, “ne lasciamo in piedi solo tre”, “ne teniamo solo cinque”), hanno ribadito il ruolo di “società partecipata strategica” di Spi. Quella del censimento milionario e della svendita degli immobili. Che tutti conoscono. Un’azienda che “non si tocca”, nonostante l’amministratore sia lo stesso di allora: Ezio Bigotti. Ma dove, anzi, è possibile piazzare qualche fedelissimo. A cominciare da Rino Giglione, dirigente generale di Beni culturali e parente di quel Michele Cimino che ha smesso i panni del berlusconiano rampante per vestire quelli del rivoluzionario anti-manciugghia, passando alla corte (e nella maggioranza) di Crocetta. E in Spi, ecco riapparire Antonio Fiumefreddo. La scelta del governatore di indicarlo come assessore qualche mese fa suscitò la sollevazione di mezza maggioranza. In quel caso, Fiumefreddo riesumò “metodo Boffo e macchina del fango”, per descrivere quella reazione, accennando anche all’ombra della mafia. Pochi mesi dopo, il risarcimento politico nei confronti di quello che fu Soprintendente del Teatro Bellini e uno dei più convinti sostenitori di Raffaele Lombardo, al punto da difendere con toni forti e decisi il governatore che sarebbe stato condannato per mafia, persino sulle tv nazionali. “Lo mando lì per fare pulizia”. Che ci fosse bisogno delle grandi pulizie, insomma, il presidente si è accorto solo oggi. Dopo decine di denunce, esposti, inchieste. E dopo due anni di governo.

I carrozzoni immortali: Esa e Arsea

Anni nei quali, per intenderci, proprio nel settore delle società partecipate, il governo Crocetta non ha fatto un bel nulla. E a metterlo nero su bianco è la Corte dei conti. Da lì, la reazione “classica” del governatore: l’istituzione di una task force sulle aziende mangiasoldi. Che è arrivata all’inaspettata conclusione: quelle società costano troppo. Ma Crocetta non ne ha chiusa nemmeno una. E a chi chiedeva – è il caso ad esempio del centrodestra siciliano in occasione dell’ultima finanziaria – come mai non avesse liquidato il “carrozzone dei carrozzoni”, cioè l’Ente sviluppo agricolo, il governatore accennava quasi infastidito alle difficoltà che sarebbero incorse in quella liquidazione, la complessità dei processi. Ma in attesa di sciogliere l’azienda, per non farsi mancare nulla, ecco l’ennesima denuncia: privati cittadini hanno svenduto i terreni di proprietà della Regione. Un annuncio accuratamente preparato in conferenza stampa, dove Crocetta si fece accompagnare dal contrito commissario dell’Ente, Francesco Calanna. Il caso vuole, ovviamente, che tanti “eroi” della denuncia siano amici del governatore. Quel commissario, il cui incarico è stato conferito, poi prorogato, poi riprorogato nella solita teoria della fedeltà precaria dell’era Crocetta, guarda caso aveva sostenuto il Megafono in occasione delle ultime competizioni elettorali. E in quell’ente dove bisogna fare pulizia, ecco spuntare un altro cugino di Michele Cimino (che la tendenza rivoluziaria sia genetica?), il direttore generale Maurizio, che, stando al contratto individuale rinnovato alcuni mesi fa, costa circa 170 mila euro lordi, quanto un dirigente generale. Mentre si circonda di “comandati”, cioè di personale che arriva da altre amministrazioni e che in qualche caso è costato all’Esa qualcosa come 65, 70 mila euro l’anno. Per ciascuno. Ma lì, ovviamente, manciugghia non ce n’è. Perché l’Esa denuncia. Per carità. E infatti è ancora in piedi, simbolo del lato deteriore dell’Isola. La Sicilia immobile e sempre uguale a se stessa. In quel campo sconfinato dell’agricoltura dove continua a sopravvivere l’Arsea: il più inutile degli enti inutili che Crocetta ha “chiuso” quattro o cinque volte. Almeno in un paio di occasioni su Rai uno, e il resto in giro per le altre emittenti private. L’ente che per anni non ha fatto nulla (nulla!) se non erogare indennità stratosferiche al suo dirigente, è ancora lì. Piace agli autonomisti lombardiani. E a Crocetta quei voti a Sala d’Ercole servivano, nei giorni furenti di una delle finanziarie autunno-inverno. E a presiederla resta saldo Claudio Raciti, con una indennità lorda di circa 100 mila euro annui. Era un fedelissimo di Lombardo, anche lui. Perché va bene la rivoluzione, ma fino a un certo punto.

Il paradosso di Sicilia e-Servizi

E un ex lombardiano di ferro come Antonio Vitale fino a poco tempo fa, in piena era Crocetta, guidava Sicilia e-Servizi. La pietra dello scandalo. L’esempio del fallimento di un settore, quello delle partecipate, che doveva essere demolito dalla furia rivoluzionaria del governatore ed è invece stato ristrutturato. Le pareti imbiancate dalla vernice del dossier, della denuncia. Perché non c’è conferenza stampa a cui non segue (o seguiva) una visitina alla Procura. Almeno fino a pochi giorni fa, quando il neo procuratore capo Franco Lo Voi ha invitato il presidente a un riserbo che ha finito per trasformare le grida del governatore in sussurri. E Sicilia e-Servizi, ovviamente, era il peggio del peggio nel contesto della liturgia crocettiana: c’era l’ombra di Cuffaro, che ne decise la nascita. E ancora più esplicitamente l’ombra della mafia, nel cognome di una dipendente incensurata, la figlia di Giovanni Bontade. Ovviamente, di chiuderla non se ne parla. Bisogna fare pulizia. E ci penserà lo “sceriffo” Antonio Ingroia, ex pm che ha tentato il salto in alto (?!) nella politica, e altro fedelissimo del governatore il quale aveva provato prima a “piazzare” il leader di “Rivoluzione civile” a Riscossione Sicilia, scontrandosi col “no” del Csm. Risultato? La società dell’informatica che doveva essere liquidata è improvvisamente risorta. La dipendente dal cognome scomodo è stata cacciata. È partita una denuncia sulle maxi-parcelle elargite nel passato. La legalità, insomma, ha trionfato. Nonostante la procura della Corte dei conti che ha rinviato a giudizio Crocetta, Ingroia e un gruppo di assessori, avesse precisato come quella scelta rappresentasse esattamente il contrario: il governatore ha “rinnegato” l’iniziale scelta di legalità. La scelta di chiudere la società mangiasoldi, tornata invece utile per il clientelismo della denuncia.

I dirigenti mascariati

Che a volte, anzi spesso, si trasforma in una grottesca autorete. È il caso dello “scandalicchio” del viaggio in Canada di un dirigente, Angelo Pizzuto, mascariato in conferenza stampa con tanto di cacciata dall’ente Parco delle Madonie e nuova visita in Procura. In quei giorni, a gonfiare il petto anche l’attuale vicepresidente Mariella Lo Bello. Che con quella operazione aveva guadagnato qualche “buono pasto della legalità”. Il risultato di quella operazione? Angelo Pizzuto è ancora il presidente dell’ente Parco delle Madonie, ovviamente. Evidentemente, il dna “da sbirro” come ama ricordare il governatore, a volte fa cilecca. Come nel caso della plateale denuncia di un dirigente dell’ufficio del cerimoniale, incensurato e senza nemmeno una indagine per danno erariale, infangato in conferenza stampa a causa di un parente mafioso. E raggiunto dall’accusa direttamente dalla stampa online, prima che i pm aprissero un nuovo fascicolo. Quel dirigente in quell’occasione parlò di “mentalità tribale che la civiltà ha da tempo bandito, secondo la quale si può essere puniti soltanto in virtù dell’appartenenza ad un gruppo, a un clan”. Ma la denuncia tornava utile, anche lì. Per preparare o giustificare maxi-rotazioni di dipendenti che nel ottenevano splendidi risultati amministrativi. Come quelli messi nero su bianco da una recente nota del neo dirigente generale alla Formazione ed ex capo di gabinetto Gianni Silvia: quei trasferimenti, accompagnati da accuse sommarie e promesse di nuovi passaggi dai pm, avevano svuotato il dipartimento, rallentando e in qualche caso arrestando, tra le altre, le pratiche sugli stipendi di migliaia di persone. Per nulla confortate dal fatto che, nonostante i dieci, dodici, diciotto mesi di ritardo nelle retribuzioni, quantomeno il settore fosse stato “moralizzato”.

La Sanità moralizzata

E moralizzata è stata ovviamente la Sanità. In questo caso, Crocetta ha puntato forte fin dall’inizio, con la scelta di Lucia Borsellino. E lì, tra pannoloni e forniture, i dossier hanno riempito scaffali interi dell’assessorato. Ne mancava, però, qualcuno. Come ad esempio quello sul caso “Humanitas”, incredibilmente sfuggito all’attenzione del governatore. O quello che ha investito l’ospedale Villa Sofia dove i pm – nonostante in questo caso mancasse l’innesco della denuncia del presidente – hanno avviato indagini sul caso delle nomine di un primario come Matteo Tutino, amico del governatore e sulla gestione complessiva dell’ex commissario Giacomo Sampieri. Lì, nessuna denuncia. Anzi. Il governo ha provato – tentativo temporaneamente fallito – a piazzare Sampieri sulla poltrona lasciata vuota da Angelo Aliquò al 118. In questo caso, né cipria, né rossore. Nel frattempo, la moralizzatissima Sanità è andata avanti per mesi con Commissari che sapevano già che sarebbero stati presto destituiti. E che in molti casi lasciavano Asp e aziende senza pilota. E in molti casi, le trasparenti procedure seguite per la nomina dei nuovi manager sono finite in Procura. Anche stavolta senza il salvifico intervento del presidente. Al quale non piacevano più Salvatore Cantaro e Angelo Pellicanò. Da lui nominati, qualche mese prima. Al punto da chiedere un parere all’Avvocatura dello Stato che confermasse i propri dubbi. Parere demolito in maniera imbarazzante da una circolare del ministro Madia.

Formazione allo sbando

Ma i grani di questo rosario degli utili dossier sono tanti. Il più grosso è quello della Formazione e – filone che a questa si lega – della comunicazione. Dove il governatore è riuscito nella pregevole operazione di denunciare ciò che anche i muri sapevano. E su cui le Procure lavoravano non da mesi, ma da anni. Moralizzare. Denunciare. Per nascondere il fallimento. Perché la Formazione professionale siciliana – teatro di sprechi e clientele ben prima dell’avvento di Crocetta – è allo sbando. Il sistema è stato trasformato in una costellazione di questuanti del sussidio. Perché questo governo imbelle nei confronti di Roma è riuscito persino a farsi strappare i Fondi del Pac (Piano di azione e coesione) utili a finanziare anche il Piano giovani. Lo stesso per il quale sono partite inchieste, dossier, richieste di approfondimento. Il “click day” intanto è fallito. Nel frattempo la dirigente generale Anna Rosa Corsello che fu indagata per l’utilizzo “disinvolto” delle auto blu, ma salvata da Crocetta e temporaneamente esautorata, nei giorni caldi del “flop day” con tanto di minaccia di licenziamento è stata riaccolta da qualche benevola mano a Palazzo d’Orleans, come quella di Patrizia Monterosso. La dirigente che ieri accompagnava Lombardo e oggi accompagna Crocetta in Procura, per denunciare la manciugghia (magari dei tempi di Lombardo). Fino all’ultima denuncia su uno scandalo che tutti sapevano, quello del Patrimonio immobiliare. E mentre c’è già una decisione dei magistrati contabili, riguardo al segretario generale, su un presunto danno erariale da centinaia di migliaia di euro. “E’ poco più di una multa – ha minimizzato Crocetta anche in Aula – la Monterosso ha fatto denunce che nessuno ha avuto il coraggio di fare”. Eccola anche lì la cipria della denuncia. Sul volto martoriato del disastro.


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