Il dolore messo in tasca | dalla leggerezza - Live Sicilia

Il dolore messo in tasca | dalla leggerezza

Sul 'Foglio' di oggi, Pietrangelo Buttafuoco rende omaggio a Francesco Foresta. E alla sua ironia.

“In morte di me stesso”. Francesco Foresta, il direttore di Livesicilia – la grande novità della produzione culturale in Sicilia, ormai il primo giornale dell’Isola – ha scritto una lettera di saluto per il proprio funerale.

“In morte di me stesso”, quindi. Con la morte addosso. Tutto in questa breve frase. Il virgolettato l’ho preso da un pezzo pubblicato sul sito fondato da Foresta. E’ un articolo voluto da Peppino Sottile e lui che è maestro – capofila di un mestiere, il giornalismo, scienza della realtà in una terra complicata assai qual è quella dei palermitani – ha spiegato proprio bene il senso dell’esser-ci qui per poi dover morire. Prendendo tra le mani la lettera di Foresta, scovandone l’essenza più propria, l’articolo indica poi la destinazione più alta: in cielo, dove abita la leggerezza che vola e si mette in tasca tutto il dolore. Per spendere e spandere il tutto d’ironia. Quando lunedì scorso, la mattina dell’11 gennaio, Palermo s’è ritrovata al funerale di Foresta, a Villa Filippina, trasformata in una cattedrale a cielo aperto, “i convitati della tristezza” – così si legge – “si sono sentiti come meravigliati, sopraffatti da qualcosa che ha sciolto il pianto, arricchendo l’umanità”.

E quel parlare di se stesso, per tramite di lettera, quel salutare tutti strappando a ognuno – a dispetto del legno della bara, esito di un cancraccio – il più goduto dei sorrisi, è proprio di una scienza assai spavalda: quella dell’intelligenza.

“In morte di me stesso”, allora. Parlando di se stesso, spiegandosi da morto, Francesco ha detto: “Adesso scappo”. S’è messo fretta alle sue stesse esequie. “Devo capire se qui oltre al caffè Lavazza c’è qualche connessione valida”. Un genio, Foresta. Nella città dove le cripte esibiscono le mummie vestite di tutto punto, nella patria del lutto, nell’orizzonte del barocco che impasta zucchero alle ceneri d’ossa, Francesco ha smontato la messa in posa. Ed è stato come sentirsi bussare alle spalle – sentirsi salutare – mentre si contempla tutto quel morire e ritrovarsi a sorridere.

Un genio, Foresta. Non a caso ha saputo creare il giornalismo più odiato dal potere e dalla mafia. Non a caso ha trovato l’idea più lesta per rinnovare il giornalismo in un tempo – il nostro tempo – dove non esiste più la carta ma la voglia di saperne sempre di più, sì. Un genio ubriaco del proprio lavoro. Ebbro di fatica e sbronzo d’immaginazione sempre per figurarsi – giusto nel momento in cui non fa ciao, ma Addio – anche il modo più complice e più amorevole per uscire di scena spettinando tutte le compunte figure del funerale. Peppino Sottile, il maestro che nel prendersi carico di Livesicilia ricomincia adesso dove ha lasciato l’allievo, ha decifrato il senso e il motivo di quella orazione funebre.

Ecco, voglio fare mia la chiusa del pezzo: “L’ironia ha salvato Francesco Foresta, dando lucidità al suo sguardo, fino alla consacrazione intima e teatrale della sua gioia di esserci. E ha benedetto tutti noi. Non ci ha liberato dalle lacrime. Le ha rese bellissime, liberandoci dal male”.


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