Il 'tritassessori' di Crocetta | E la Sicilia resta ferma - Live Sicilia

Il ‘tritassessori’ di Crocetta | E la Sicilia resta ferma

Dagli esperti romani del Bilancio agli scienziati dei Beni culturali. Crocetta ne ha nominati 34 in due anni. Scelti, "masticati" e sputati via in base a simpatie o a esigenze di maggioranza.

PALERMO – Gli esperti romani scelti per il Bilancio. I vessilli antimafia all’Energia. Passando per gli scienziati dei Beni culturali e agli “assessori occasionali” del Territorio. Il risultato è sempre lo stesso: tritati. Masticati come chewing gum e buttati via, in attesa della nuova gomma da mordere finché serve. Nel frattempo, però, il “ruminare” del governatore paralizza interi settori. Rami dell’amministrazione costretti ogni volta a fermarsi e ripartire da capo. Con teste nuove. E idee ovviamente diverse.

Il simbolo della sindrome “trita-assesori” e della schizofrenia amministrativa di Rosario Crocetta è l’assessorato all’Economia. Quello, insomma, che dovrebbe garantire una visione di insieme. Che dovrebbe rappresentate il luogo della sintesi nel quale fare confluire tagli e riforme, risorse e richieste degli altri undici assessorati. In principio fu Francesca Basilico D’Amelio. Ma l’economista vicina all’ex segretario Pd Pierluigi Bersani avrebbe potuto iniziare a lavorare solo qualche mese dopo. Crocetta aveva fretta, però, di dare il via alla rivoluzione. Così, al suo posto arriva Luca Bianchi. Anche lui inviato da Roma. Come l’ultimo arrivato, Alessandro Baccei. In mezzo, la parentesi di Roberto Agnello. Da romano a romano non è che il governo si sia distinto per grandi risultati. Bianchi, lo confermano anche alcuni suoi ex colleghi della giunta, è sostanzialmente scappato. Fuggito da un governo dove regnava l’improvvisazione e la superficialità. Idee messe nero su bianco di fronte ai procuratori della Corte dei conti che chiedevano spiegazioni sul caso delle assunzioni a Sicilia e-Servizi. E del resto la scelta di Bianchi di condividere un pezzo del cammino col governo Crocetta non è che gli abbia portato granché bene. Basti pensare alla mega-impugnativa del Commissario dello Stato alla sua prima finanziaria (una censura, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, mai vista prima), finendo col caos sorto sul primo mega-mutuo da un miliardo, il cosiddetto “salvaimprese”. L’assenza in Aula della maggioranza, che fece tornare indietro il ddl a cui l’assessore teneva molto, servì da pretesto per tagliare la corda. Il tempo di mettere su una nuova giunta, ed ecco arrivare Roberto Agnello, “benedetto” dall’ex segretario regionale Giuseppe Lupo, nella giunta senza “cuperliani”. Il tempo di lavorare a qualche assestamento di bilancio e di firmare con Crocetta la rinuncia a contenziosi per circa quattro miliardi ed ecco che anche Agnello viene tritato (e il kebab non c’entra…) dalle necessità della politica. In cambio, ecco pronto uno strapuntino all’assessorato alla Salute, dove Agnello viene recuperato come consulente. È quindi il momento di Alessandro Baccei. Ed è storia recente. Recentissima. Il “commissario” invitato da Del Rio, però, è subito entrato nel “tritacarne” crocettiano. Il governatore si è già apertamente dichiarato scettico su alcune delle mosse dell’economista. Al punto da spingere i big del Pd dell’area Renzi, Faraone in primis, a minacciare: la linea del Pd è quella di Baccei, se Crocetta non è d’accordo ce lo riprendiamo a Roma. Nel frattempo, ovviamente, i cambi di assesori hanno rivoluzionato la burocrazia. Quattro assessori in due anni, ma anche quattro ragionieri generali nello stesso periodo. In principio fu l’esterno Biagio Bossone, sostituito da Mariano Pisciotta. Quest’ultimo divenne non più così gradito al Palazzo e “saltò” per far spazio a Giovanni Bologna, il supplente per un paio di settimane prima dell’arrivo di Salvatore Sammartano. Nel frattempo, l’ex capo di gabinetto di Bianchi, Giulio Guagliano, diventava il capo di gabinetto del governatore. Cosa ha prodotto questo “valzer” di economisti ed esperti nostrani e “forestieri”? Una Sicilia che non è in grado di approvare un bilancio, sull’orlo del default e il cui destino è riposto nelle mani di Roma.

Quattro assessori si sono avvicendati anche altrove. È il caso dei Beni culturali e dell’identità siciliana. Un assessorato che davvero, dopo due anni, vive una crisi… d’identità. Basti pensare al “salto” dallo scienziato Antonino Zichichi all’ex candidata del Megafono Mariarita Sgarlata. Nel caso del luminare ospite fisso della tv di Michele Guardì, ecco sorgere il problema della “presenza fisica” a Palermo. E dire che all’atto dell’insediamento, Crocetta aveva guardato dall’altro in basso chi faceva notare le difficoltà “logistiche” di un assessore spesso impegnato a cercare il “super-io” (così spiegò in un’intervista a Livesicilia) nei laboratori di Ginevra. “Zichichi e Battiato sono degli estrosi, non gli si può chiedere di fare i burocrati”. Questo il senso della difesa del governatore. Dopo un po’, ovviamente, Crocetta cambiò idea, cacciando sia Zichichi che Battiato (per quest’ultimo il ‘fallo da cartellino rosso’ di una parolaccia rivolta ai parlamentari nazionali) e chiamando in giunta le assai più affidabili Mariarita Sgarlata e Michela Stancheris, la sua segretaria particolare. Dopo la Sgarlata (che traslocherà al Territorio, come se una poltrona o un’altra non facesse in fondo gran differenza) la parentesi anonima di Pina Furnari (indicata dagli uomini di Totò Cardinale), quindi l’approdo nella giunta di “alto profilo” (le altre quindi non lo erano?) del docente universitario Antonio Purpura, scelto da Giuseppe Lupo. Nel frattempo, la Sicilia offriva ai turisti musei chiusi o in condizioni fatiscenti e anche lo sciopero degli addetti ai teatri.

Quattro assessori, in due anni. Come è accaduto, del resto, anche al Territorio. In principio fu Mariella Lo Bello, indicata inizialmente dall’area Capodicasa-Crisafulli. Dopo un po’ diventerà la più “crocettiana” del gruppo. Le sue denunce sul malaffare (compresa l’accusa flop per un viaggio in Canada del dirigente Angelo Pizzuto, poi regolarmente rimesso al suo posto) non la salvarono dalla rivolzione del Crocetta-bis. Al suo posto, pare, solo per motivi “geografici” (in quella giunta entrò Ezechia Reale siracusano con un passato di ‘avversario’ del renziano sindaco Giancarlo Garozzo) proprio Mariarita Sgarlata. Che scivolerà sul caso di una piscina “abusiva” (a dire il vero il sovrintendente che l’aveva autorizzata Beatrice Basile è tornata al proprio posto) per lasciare il posto al più “tritato” degli assessori. Piergiorgio Gerratana resterà in giunta poco più di un mese. Giusto il tempo di far celebrare la surreale ripetizione delle elezioni regionali a Rosolini e Pachino e di far scoppiare la “guerra aretusea” con tanto di annunciate denunce nei confronti del governatore. “La nomina di un assessore di Rosolini, consigliere comunale in quel Paese potrebbe far emergere gli estremi per il reato di voto di scambio” l’affondo in quei giorni del deputato siracusano del Pd Bruno Marziano, uno dei “diretti interessati”. Poco male. Dopo un mese, ecco la “svolta di alto profilo”. Gerratana è stato rispedito tra gli scranni del consiglio comunale. Per far spazio a Maurizio Croce. Con lui, da pochi giorni, l’ex dirigente generale dei rifiuti Marco Lupo. Prima cacciato, poi indicato per altre poltrone, infine ripescato da “esterno” al dipartimento ambiente.

Economia, Territorio, Beni culturali. Lì Crocetta ha dato il meglio di sé. Riuscendo nell’impresa di cambiare quattro assessori in due mesi. Tre in meno di un anno. Ma tre assessori nel frattempo sono cambiati anche all’Energia. Tutti (Nicolò Marino, Salvatore Calleri e Vania Contrafatto) simboli della legalità e dell’antimafia, secondo il governatore. E “tritati” dalla rivoluzione. Così come i tre dell’assessorato Trasporti, del Turismo, della Famiglia, delle autonomie locali. Usati, masticati e via. Ben 34 avvicendamenti in due anni. Del resto, servono nuovi equilibri. Una nuova maggioranza. Nuove facce nel sottogoverno. La Sicilia, nel frattempo, può attendere.

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